Parlano gli ultras friulani: «Vogliamo i romanisti con noi»
«Divieto assurdo, siamo amici. Vorremmo anche i rivali più acerrimi: senza non è calcio»
Si potrebbe definire "Proibizionismo due punto zero". L'alcol negli Stati Uniti degli Anni 30, le trasferte dei tifosi in Italia a novant'anni di distanza. Cambiano gli oggetti delle restrizioni, restano simili le misure adottate: le istituzioni che per risolvere un problema circoscritto sanciscono divieti collettivi; la comunità che subisce castighi senza poter muovere un dito; il clima che si inasprisce. L'ultimo provvedimento mira a punire gli ultras romanisti. Ma sarebbe più appropriato riferirsi ai tifosi in senso lato. Perché chiunque avesse avuto in mente di andare a seguire la Roma a Udine, avrà dovuto cambiare programma. Forzatamente. E tanto per aggiungere un ulteriore aspetto grottesco a una vicenda che già di suo è improntata al paradosso, viene vietata la trasferta più tranquilla in assoluto per i romanisti. Diversi gruppi della Sud sono legati da vecchia amicizia a quelli della Curva udinese. «È assurdo - rivela a Il Romanista uno degli esponenti di spicco della tifoseria friulana - È la nuova tendenza in voga nelle istituzioni, bloccarne mille per punirne venti. La stessa cosa è accaduta con i cagliaritani, ai quali è stata vietata la trasferta sempre qui in Friuli. Con i romanisti poi il provvedimento è ancora più insensato: fra noi c'è stima reciproca e ottimi rapporti, anche personali. Anche se tengo a precisare che noi vorremmo anche i rivali più acerrimi. Il bello del calcio è il confronto anche sugli spalti, giocare senza avversari è come disputare una partita a porte chiuse». Le modalità sembrano dettate da un motivo preciso. «Il ricatto - prosegue il tifoso udinese - è evidente. Bisogna far scontare a tutti i precedenti compiuti da qualcuno, ma così non se ne esce più. Pensavamo che una volta abolito quello strumento inutile che è stato la tessera del tifoso, si fossero ravveduti tutti. Invece continuano a piovere multe anche solo per chi espone striscioni, peraltro non offensivi. Ormai chiunque sia tifoso è vittima di divieti e castighi. Noi vorremmo semplicemente trasferte libere. Per tutti».
Mentre è evidente il contrario in questo caso. Sostenitori occasionali o abituali, di Curva o di altri settori, organizzati o singoli. Perfino coloro che avevano il biglietto già in tasca, regolarmente acquistato. La misura punitiva colpisce tutti. Indistintamente. Per educarne nessuno, come scritto anche dalle pagine di questo giornale. Perché il dato che non ha bisogno di sondaggi per essere accertato, è la diffusa avversione al provvedimento. Non soltanto da chi è parte in causa e sarà costretto a seguire la partita a distanza.
Farebbe sorridere - se non ci fosse da piangere - che gli stessi organismi di sicurezza che negli anni scorsi sancivano le chiusure dei settori per cori o striscioni improntati alla "discriminazione territoriale", oggi basino i loro divieti esattamente su questo. Ovvero sono i tifosi della Roma residenti nella regione Lazio gli unici sottoposti alla proibizione. Vivi a Pescia Romana, provincia di Viterbo? Stop, resta a casa, per un giorno la tua libera circolazione sul territorio nazionale (sancita dalla Costituzione) è negata: sabato prossimo Udine per te è zona rossa. Sei residente a Pescia Fiorentina, 4 chilometri più a Nord, ma provincia di Grosseto? Prego, accomodati, in Friuli sei il benvenuto, puoi andare dove vuoi (e ci mancherebbe, aggiungiamo noi). Se non è discriminazione territoriale questa, spiegateci voi l'etimologia.
Quello a Udine sarebbe stato un viaggio all'insegna del tifo per la Roma e della spensieratezza. Ma bisognava punire per i fatti di Verona. Come se non ci fossero già state ventuno persone fermate e sottoposte a processo. Negli anni in cui attraverso processi mediatici e sommari si chiedono "pene esemplari" - anziché "giustizia giusta e mirata" - non deve stupire. Sparare nel mucchio è più facile. Soprattutto, ha facile presa sui benpensanti che delle dinamiche da stadio tutto ignorano. Non le ignora la Roma, che nei giorni scorsi ha esercitato pressioni sulla Lega calcio (una delle componenti dell'Osservatorio sulle Manifestazioni sportive) affinché il provvedimento fosse valutato con maggior criterio. Pressioni vane. I sostenitori giallorossi potranno tornare a seguire la propria squadra lontano dall'Olimpico solo a 40 giorni da Verona, il prossimo 18 marzo a Crotone. A rigor di logica. Quindi senza alcuna certezza. E comunque dopo la quarantena. Sembra difficile, se non impossibile, che in questo clima diventi "libera" la prossima trasferta, in programma a Napoli. E considerata ad altissimo rischio, anche se sabato scorso ai dirimpettai cittadini è stata consentita. Ma i tifosi della Roma fungono sempre da apripista. Loro malgrado.
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