Il vigile del focus

Ingaggi bassi, posti alti. E viceversa

Nelle ultime 10 stagioni la Roma è andata meglio nelle annate in cui aveva un monte stipendi più basso

Dan Friedin, Ryan Friedkin e De Rossi

Dan Friedin, Ryan Friedkin e De Rossi (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Davide Fidanza
16 Giugno 2024 - 07:00

Numerosi sono gli obiettivi del calciomercato della Roma per il campionato 2023-2024. A partire dalle cessioni, passando per gli acquisti fino ad arrivare alla riduzione del monte ingaggi e alla capacità di creare valore nella rosa attraverso calciatori futuribili e non a fine carriera. Tutti questi obiettivi sono in qualche modo interconnessi tra di loro - acquistare calciatori più giovani crea valore, può aumentare la qualità della rosa e abbassare il monte ingaggi, che può essere abbassato anche tramite le uscite - e saranno la vera sfida del calciomercato del team De Rossi-Ghisolfi.


Il problema del monte ingaggi molto elevato è una dinamica che la Roma si porta dietro ormai dalla stagione 2018-2019 e la vera beffa è che, da quel momento in poi, i risultati in campionato sono cominciati a venire meno rendendo vana la spesa ed entrando così in un circolo vizioso. Nel dettaglio - i dati riguardano gli stipendi netti e sono stati presi su “Capology.com”, un portale molto famoso che si occupa delle finanze dei club - abbiamo cominciato ad analizzare il tutto dalla stagione 2013-2014, anno nel quale la Roma ottenne il secondo posto in classifica con ben 85 punti con un monte ingaggi di 34.520.000 euro. L’anno successivo i giallorossi raggiunsero nuovamente il secondo posto con un monte salariale di 40.780.000 euro. Ancora l’anno seguente terzo posto in classifica e monte ingaggi di 37.980.000 euro. Nelle due successive annate la Roma arrivò nuovamente una volta seconda e una volta terza con gli ingaggi equivalenti a 44.450.000 e 39.850.000 euro. Insomma, mai sotto il terzo posto e un monte salariale che oscillava tra i 34 e i 44 milioni netti di euro. In queste finestre di mercato l’obiettivo della Roma era semplice: fare delle operazioni sostenibili, con calciatori giovani vendendo però i prezzi pregiati della squadra ad ogni sessione per cifre importanti. In quel periodo difatti arrivano Iturbe a 21 anni, Manolas a 23,Nainggolan a 26,  Paredes a 21, Salah a 23 e così via  in un contesto che sicuramente non aiutava a vincere - la Roma non alzerà trofei - ma faceva respirare le casse e permetteva sicuramente più libertà di manovra sul calciomercato. 

Il declino

Dalla stagione 2018-2019 si registra l’impennata del monte ingaggi e paradossalmente il conseguente crollo dei risultati in classifica: si passa dai 39 milioni dell’anno prima ai  57.100.000 dell’anno corrente con un passaggio dal terzo posto al sesto. L’anno dopo si aumenta ancora e gli ingaggi arrivano a 67.900.000  ma la Roma non va oltre il quinto posto. Nella stagione 2020-2021 la Roma si piazza settima e il monte ingaggi si aggira intorno ai 68 milioni di euro netti. Nelle ultime tre stagioni poi, le annate dei 63 punti, il monte ingaggi non scende mai sotto i 62 milioni di euro netti a stagione. Fa impressione notare come, ad un aumento importante del monte ingaggi sia corrisposto un crollo vertiginoso delle prestazioni in campionato. D’altro canto è vero che, in seguito all’acquisto di calciatori esperti come Dybala, Matic, Lukaku, Smalling e Mkhitaryan - che hanno aumentato il peso degli ingaggi  - sia aumentata anche l’esperienza della squadra che si è fatta sentire in Europa arrivando a disputare 4 semifinali, due finali e a vincerne una. Da aggiungere alla lista anche acquisti sbagliati come Nzonzi (29 anni), Pastore (29), Kalinic (31), Pedro (33) e tanti altri che hanno appesantito il bilancio senza contribuire.

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