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Rabat giallorossa: "Così nasce il Roma Club Marocco"

Jaafar El Kettani: "La mia passione è nata nel 2000 con Bati e Totti. Ma io non sono l’unico tifoso qui: con tutti gli altri abbiamo fondato una casa del tifo"

PUBBLICATO DA Alessandro Oricchio
14 Ottobre 2021 - 11:25

C'è una bandiera giallorossa che sventola nel cuore di Rabat, luogo magico dove gli odori di spezie e di incensi avvolgono i viandanti che al calare del sole affollano i vicoletti, città dalle mille botteghe di artigiani e dalle coloratissime costruzioni arabeggianti intervallate da minareti che si ergono imponenti a indicare la presenza di grandi e maestose moschee. Perché anche lì, nella terra del tè e dei tessuti pregiati, c'è un drappo con i colori della Roma, che Jaafar El Kettani, marocchino classe 1988, da ventuno anni esibisce con orgoglio sulla porta della propria casa.

Jaafar, tu sei nato a Rabat, città in cui risiedi: come è nata la tua passione per la Roma?
«Correva l'anno 2000. Da ragazzino ero un grande appassionato di calcio, ma non avevo una squadra del cuore: seguivo il campionato italiano perché lo trasmettevano su un canale televisivo del digitale terrestre, Canale 2M. Ogni volta che accadeva prendevo una sedia e mi piazzavo davanti alla televisione: ricordo campioni come Roberto Baggio, Paolo Maldini, George Weah, Alessandro Del Piero, ma sopratutto Gabriel Omar Batistuta, il mio idolo. All'epoca giocava nella Fiorentina, era un attaccante completo, una forza della natura, un'ira di Dio. Poi in quello stesso anno si giocò l'Europeo, e fu il momento in cui scoprii Francesco Totti: il cucchiaio contro l'Olanda fu un vero e proprio colpo di fulmine. Successe poi che quell'estate la Roma comprò Batistuta e da quel momento persi completamente la testa per i giallorossi. Ogni volta che vedevo il Capitano giocare insieme all'argentino era un'emozione tremenda. La Roma poi vinse lo Scudetto, e io mi resi conto di essermi follemente innamorato della squadra, un amore che non sapevo potesse esistere, che non potevo immaginare. Perché poi, con gli anni, la Roma è diventata la mia grande passione, che mi ha spinto anche a imparare l'italiano, a legarmi sentimentalmente alla città di Roma e all'Italia, un Paese che esercita un fascino incredibile su di me, calcisticamente e culturalmente».

C'era a Rabat la possibilità di seguire le partite della Roma?
«Nel 2000 in Marocco trasmettevano due-tre partite della Serie A a settimana, ma non sempre nella programmazione ne inserivano una della Roma. Quando però annunciavano che avrebbero trasmesso la Roma, per me era un giorno di festa, facevo di tutto per non mancare all'appuntamento. Poi dal 2004/2005 un canale arabo iniziò a promuovere la pay tv, ed è stato tutto molto più semplice: era Abu Dhabi Sport, poi i diritti sono passati ad Al Jaazera Sport che adesso è diventato il gigante BEIN Sports».

Una passione così forte che un giorno hai deciso di prendere un volo per sostenere la squadra dal vivo.
«Era il mio sogno e sono riuscito a realizzarlo il 15 febbraio del 2015. Sportivamente parlando non fu una grande partita, perché la Roma di Rudi Garcia pareggiò 0-0 contro il Parma di Donadoni, ma l'emozione fu incredibile: ricordo che salii i gradini che portano agli spalti con lentezza, il cuore mi batteva fortissimo, e quando davanti a me si aprì il prato verde dell'Olimpico ebbi un grande brivido. Ma fu ancora più toccante cantare insieme ai tifosi della Roma l'inno "Roma Roma", sventolando la bandiera del Marocco per indicare che anche nel mio Paese ci sono tifosi della Roma: fu un orgoglio enorme. Poi sono tornato tante altre volte, per esempio in occasione dei derby vinti contro la Lazio nel 2015-16 e nel 2016-17, e delle grandi vittorie di Champions League contro Bayer Leverkusen, Chelsea e Shakhtar. In totale ho visto la Roma dal vivo 15 volte, 13 all'Olimpico e 2 in trasferta (Udine e Lione), con un bilancio di 9 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte. Si può migliorare, ma non è affatto male».

Per te che sei nativo di Rabat, cosa rappresentano Roma e la Roma?
«Roma è la città più bella del mondo, un museo a cielo aperto: storia, arte, la Grande Bellezza, con i suoi monumenti che raccontano più di duemila anni di storia. Ma anche i palazzi, le piazze, le ville, le fontane, le strade, i vicoli: passeggiare per Roma significa sentire sulla propria pelle la storia, io a Roma mi sento a casa. La Roma è la mia squadra del cuore, la mia grande passione, mi ha insegnato la lealtà e la fedeltà, i valori della vita: la Roma è uno stile di vita, il mio grande amore, sei felice quando vince e sei triste quando perde, perché è inevitabile, è il cuore che comanda, e il morale cambia a seconda dei risultati della squadra».

Un giocatore della Roma al quale ti senti legato?
«Il mio primo idolo è stato Batistuta, ma devo dire che poi Francesco Totti è diventato il calciatore a cui mi sono legato di più: oltre a essere un grande campione è stato un esempio di fedeltà e di attaccamento alla maglia, ha rifiutato offerte faraoniche e sogni di gloria per rimanere alla Roma, impossibile non provare gratitudine verso di lui. E poi c'è Daniele De Rossi, uomo e calciatore che ha rappresentato alla perfezione il romanismo».

Francesco Totti che un giorno ti ha regalato una grande gioia.
«Sì, ero in Francia per seguire la partita di Europa League tra Lione e Roma. Andai all'albergo dove alloggiava la squadra per incontrare i giocatori, speravo in qualche foto o autografo. Entrai nella hall, in attesa dell'arrivo dei calciatori che dovevano fare colazione. L'addetto alla sicurezza della Roma mi vide e mi parlò in italiano, dicendomi che non potevo stare lì per motivi di ordine pubblico. Io però non mi arresi, continuai a insistere e mentre parlavo con l'uomo sentii arrivare l'ascensore da cui uscì niente di meno che Francesco Totti. Lo chiamai chiedendogli una foto, e lui fu carinissimo perché mi invitò ad andare da lui. Scambiammo velocemente due battute e ci scattammo un selfie, che ancora conservo con grande gelosia, perché fu emozionante stare accanto, seppur per pochi secondi, al mio idolo di sempre».

Com'è vissuta la Roma a Rabat?
«Nel mio Paese la maggioranza degli appassionati di calcio tifa per le squadre spagnole, Real Madrid e Barcellona. Ma poi, grazie ai social network, ho scoperto con grande sorpresa che non ero l'unico tifoso della Roma: ho tanti amici romanisti a Rabat, Casablanca e Marrakech, e anche in altre città del Marocco. Siamo riusciti a unirci e a creare una piccola comunità grazie a Facebook, poi un giorno ci siamo incontrati di persona e abbiamo fondato il Roma Club Marocco, operativo dalla stagione 2013-14. Organizziamo eventi, vediamo le partite insieme, siamo diventati dei veri amici, fratelli di Roma, abbiamo anche prodotto un piccolo merchandising di sciarpe, felpe, polo e gadget con il nostro logo. Ogni anno organizziamo due raduni nazionali, in cui si ritrovano tutti i tifosi della Roma del Marocco: ma abbiamo anche accolto tifosi stranieri della Roma, in Marocco per lavoro o turismo. Siamo un bel gruppo. Attualmente, a causa della pandemia, ci siamo dovuti fermare, ma siamo sicuri che presto torneremo ritrovarci tutti insieme per rivivere la Roma come una grande famiglia».

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