La risposta soffia nel vento che soffia ancora
Le tante domande cadute nel vuoto di questo 2024 confuso e infelice per la Roma sono state raccolte da uno stadio sempre pieno. Cosa c’è nei pensieri dei proprietari?
La Roma è una questione di fede. Incondizionata, come nelle migliori tradizioni. Probabile che anche i Friedkin l’abbiano capito, ormai, a suon di sold out che hanno resistito alle intemperie di un anno, il 2024, che ancora non si è concluso, ma già si è lasciato dietro moltissimi interrogativi. Si potrebbe sintetizzare che il vento soffia ancora, anche se la risposta a molti di quegli interrogativi è blowin’ in the wind, per dirla in maniera comprensibile a tutti. Soffia proprio in quel vento. Se è vero che, anche se si fanno insistenti i rumors sull’imminente arrivo di un nuovo incaricato, proprio ieri era un mese esatto da quando l’AS Roma s’è ritrovata senza CEO dopo le dimissioni della dottoressa Souloukou (a proposito, da segnalare che la dirigente greca non ha lasciato ancora la Capitale e non sembra al momento nei piani un suo trasferimento), arrivate all’indomani dell’esonero di De Rossi (soprattutto) a lei dai più attribuito. Esonero che ha fatto traboccare il vaso. È arrivata da allora la protesta del cuore caldo del tifo giallorosso, in opposizione alla trincea del silenzio e dell’assenza, rimarcata più volte dalla Curva Sud e dallo Stadio Olimpico, da sempre vero termometro dell’ambiente Roma.
Ma cosa penseranno i proprietari del club in queste settimane convulse? Cosa ribolle, se ribolle, negli smartphone tra Trigoria e il pianeta Friedkin? Cosa risponderebbero a qualche maligno che si chiede se, tra un campo e l’altro di golf, siano a conoscenza dei risultati della squadra? Tra chi giura che sia stato già allertato De Rossi per sostituire Juric in caso di ulteriori risultati negativi e chi invece giura che almeno fino a fine stagione il croato sarà sulla panchina della Roma. Ecco, in tanto disorientamento la bussola non è certo tirare a indovinare per leggere nel pensiero dei Friedkin. Che è logico pensare abbiano capito che investire in Italia non è come sognarla nei film che la dipingono come il Belpaese. Che la burocrazia di cui tanto si parla all’estero è esattamente come l’America che una volta vedevamo nei telefilm e oggi vediamo nelle serie tv: è esattamente così. Al contempo, nonostante la scatola giallorossa si sia svuotata parecchio, non sarebbe molto “americano” uscire di scena senza aver massimizzato l’investimento né abbandonare la nave mentre il mare è in tempesta (c’è sempre un’orchestra che in qualche modo continua a suonare), né tantomeno sarebbe “friedkiniano” curarsi di ciò che scrivono o dicono i giornali e i media con cui non parlano. Resta certo il tema del consenso popolare (sarebbe giusto restarne ostaggi?), a dir poco decimato in questo famigerato 2024, iniziato con il calcio nel sedere rifilato a Mourinho e proseguito con il papocchio De Rossi. Nel frattempo lo stadio è pieno, nonostante il suono del silenzio. Pieno di fede, come spesso accade nella direzione opposta della ragione.
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