FILA 76

Dai centimetri ai metri è un attimo

Girano e rigirano le "on field review" come se fosse antani. Non sono più arbitri, sono interpretatori dell’interpretabilità del regolamento

Il fischietto di Fiorentina-Roma, Ayroldi

Il fischietto di Fiorentina-Roma, Ayroldi (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Gabriele Fasan
29 Maggio 2023 - 07:53

Una volta dicevano che era una questione di centimetri, ora invece di metro. Girano e rigirano le on field review come se fosse antani. Il regolamento c’è, ma l’interpretazione e la narrazione di più. Dice: c’è la crisi di vocazione arbitrale. Oppure: è una classe arbitrale scadente. Ma cosa? Questi arbitri “macho man” che decidono di scimmiottare (solo quando gli pare, però) i colleghi inglesi, che all’occorrenza fanno confluire il kick-boxing nel calcio o che rendono alcune aree di rigore la zona franca delle gomitate mentre a metà campo casomai ti cacciano per una carezza, non sono più arbitri e non sono nemmeno scadenti. Oddio, alcuni sì, ma non facciamo cognomi, famosi e non. Non sono più arbitri, sono interpretatori dell’interpretabilità del regolamento. Vale tutto. Cioè il «non saremo mai d’accordo tutti, ma io sono più d’accordo di te». 
La tv paga lo stipendio al calcio ma può essere un po’ troppo ingombrante? Allarghiamo la maglia del «ma anche», o del congruo, dello “step on futti”. Analizziamo le spinte: non basterebbe ricordare che spingitore è chi lo spingitore fa? Quindi: fallo. Magari! Raccontano che è necessario laurearsi in fisica per interpretare - noi stavolta - il criterio di intensità di ciascun direttore di gara. Meglio se all’interno della stessa partita, con un occhio miope da una maglia all’altra. Il metro di giudizio, anzi il chilometro.  
In un mondo del pallone dove si entra negli spogliatoi che manco fossero Porn Hub, dove si ascoltano i sospiri, o le blasfemie (ma non per tutti) di calciatori e allenatori, sono i primi a nascondere le loro conversazioni (quelle che a inizio stagione promettono, come marinai, di rendere pubbliche), possono premere “rec” e “stop” a piacimento sui loro microfoni e auricolari e prendono - loro sì - per il culo tutti, con versioni dei fatti per scemi del villaggio. «Vai nell’area», va’. A insabbiare, a inviare in ritardo deferimenti che diventano «improcedibili». Azzeccagarbugli del mio Stivale. Chiusi a riccio, a difendersi l’un l’altro e a specializzarsi in balia televisiva, dopo la “carriera”, con gli occhialetti da saputelli. Non amano farsi “intercettare”, ma amano la telecamera, specie se vicino a un allenatore vip. Per questo si impomatano, si abbronzano e si tatuano. Solo che la tv, che secondo alcune teorie ha fatto crollare regimi, li ha  messi in crisi, perché per continuare ad avere libero arbitrio c’è bisogno anche  di selezionatori di immagini, registi e autori bravi. Bisogna capirli, questi arbitranti. Gli è cambiato il mondo con la Var.  Per questo hanno chiesto e ottenuto fin dalle prime applicazioni una serie di paletti che rendessero più interpretabile l’immagine. Per questo, poi, è meglio avere in onda dei fidati narratori, dei commendatori arbitrali. Sono permalosi e si fa passare in scioltezza, anche se non c’è prova che lo siano, il fatto che sono anche vendicativi. 
Purtroppo per loro, però, ‘cca nisciun è fesso e la corda rischia di spezzarsi. Loro intanto continuano pacifici a non far niente per non far pensar male al tifoso, al critico, al ricco e al cardinale. Con la beffa che chiedono pure il “passaggio culturale” di non parlar di loro e pretendono pure che sempre allegri bisogna stare.

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