Il pullman di José
Dopo la gioia e le urla finali Mourinho è risalito sul pullman dei vincitori. Quello dal quale non si può scendere e salire tra una partita e l’altra, o tra il primo e il secondo tempo
Anche quando non c’è si vede. José Mourinho ha battuto la “sua” (anche basta, ora) Inter dal pullman. Quello della Roma. Sì, perché il “pullman” lui nel 2010 l’aveva messo davanti alla porta del Barça, al Camp Nou, per eliminarlo dalla Champions poi vinta nel 22 maggio del Triplete nerazzurro. Sembra passata una vita, è passata una vita. Oggi la sua casa è a Roma e il pullman è giallorosso. Da lì Mourinho ieri ha sofferto in silenzio, o quasi, per i 90 minuti più recupero del recupero di San Siro. Parcheggiato accanto allo stadio, non proprio davanti alla porta di Handanovic come dicono i maligni e come borbottavano i superbi che all’intervallo si lamentavano perché la Roma non aveva ancora fatto un tiro in porta (ma un gol l’aveva segnato). Certo che sì, nessuno si è divertito, ma in pochi si sono scomposti dopo lo svantaggio. Il settore ha tifato e cantato ininterrottamente, in tv e sulle chat c’era chi ci credeva e c’era chi si ricredeva. Perché i conti si fanno alla fine e ciò che conta - con Mourinho o senza - è il risultato. La Roma è rimasta in campo e l’ha conquistato, con consapevolezza e tranquillità.
Sì, ha sofferto Mourinho, un po’ meno la Roma - checché ne dica il povero Inzaghi che a Milano più di qualcuno vorrebbe già lontano dalla panchina dell’Inter - che ha avuto ragione dei nerazzurri alla fine di una partita dura, non spettacolare da parte di Pellegrini e compagni, ma concreta. «Dove sarà Mourinho?», ha chiesto Pierluigi Pardo su Dazn nella chat interna della tv. «Non si trova, non lo trovano le telecamere», la risposta. «Sta sul pullman», hanno pensato all’istante otto romanisti su dieci che ormai conoscono lo “Special One de Roma”. Sul pullman come a La Spezia nella scorsa stagione quando doveva scontare la squalifica. Otto mini-video (J)osé, erotismo romanista. Otto storie su Instagram, il social prediletto di Mou: il pullman, i rumori di sottofondo, i “piedi conserti”, gli appunti e gli occhiali sul tavolino, un televisore a schermo piatto da camper extralusso, qualche parola in portoghese. Poi la faccia tesa, con la telecamera selfie che inquadrava il suo faccione mentre sbuffava nell’attesa. Sembrava uno di noi. Sembrava un tifoso che aspetta di vedere dal divano la sua squadra in trasferta. Solo che lui era lì a pochi metri da Dybala e Smalling e dal bravo pilota automatico, Salvatore Foti, che ha vinto di nuovo facendo le veci di Mou. Poteva sentire tutti e cinquemila i romanisti che i brividi hanno fatto venire dal settore ospiti. «Bravi ragazzi, grandi palle!», la sua esclamazione durante il replay dello scontro Abraham-Camara sul finale. Fino all’esplosione finale in un urlo di esultanza: «Sììììììì!», abbracciato a un addetto alla sicurezza e a un membro dello staff. Una grande esultanza romanista in un pomeriggio quasi sera molto romanista. Ha battuto l’Inter al quarto tentativo, con quella «voglia di vincere che non passa mai». Il destino però gli ha riservato il pudore di non essere in campo per squalifica e quindi di non poter ascoltare il solito coro a lui dedicato dagli interisti (sarebbe arrivato lo stesso nonostante la sconfitta, vero?). Dopo la gioia e le urla finali Mourinho è risalito sul pullman dei vincitori. Quello dal quale non si può scendere e salire tra una partita e l’altra, o tra il primo e il secondo tempo.
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