“Ogni tiro è n’gol”: se ne va Luis Del Sol, leader e capitano della Roma anni Settanta
Si è spento a 86 anni lo spagnolo che in due stagioni in giallorosso, con Cordova e Amarildo, riaccese le speranze frustrate dalle cessioni dei gioielli alla Juve
Si è spento all'età di 86 anni Luis Del Sol, dal 1970 al 1972 nella Roma, di cui è stato anche capitano. Il club ha espresso il suo cordoglio, dopo la notizia comunicata ieri sera dal Betis Siviglia, la squadra che lo ha lanciato nel grande calcio.
"Ciccio Cordova, Amarildo, Del Sol, ogni tiro è un gol!". Il ritornello è nelle orecchie anche dei tifosi romanisti che non erano nati nell'estate del 1970, segnata dalle cessioni di Capello, Landini e Spinosi alla Juventus che avevano frustato le speranze accese dalla Coppa Italia del 1969 e dalla semifinale di Coppa delle Coppe raggiunta l'anno dopo. Oltre ai soldi, erano arrivati Vieri, Zigoni, Viganò in prestito e il trentacinquenne Luis Del Sol. Ci volle poco, però, per ricaricare le pile dell'entusiasmo.
La Roma 1970/1971 si presenta decisamente battagliera, vince le prime due con due gol di Amarildo, alla quarta giornata batte l'Inter 3-1 e Ciccio Cordova prende 10 in pagella. Del Sol con una doppietta a Catania il 20 dicembre stabilizza la Roma nei primi posti. Amarildo, Cordova, Del Sol, appunto. Sono i simboli della voglia di reagire. Non ci sono più i tre gioielli? Tifiamo per i nostri. Che girano tutti intorno a un Del Sol sorprendente. Dopo una carriera importantissima, sembrava in fase calante, in realtà però non solo la tecnica è sempre sopraffina, ma anche i polmoni non sembrano invecchiare. Corre sempre, per tutta la partita, magari non segna più come una volta, ma in fondo non è Luis del gol, ma Luis del Sol. Cioè il pianeta intorno al quale gira il sistema Roma. A volte si pesta i piedi con Cordova, ma l'istinto del gioco che hanno entrambi li porta a trovare il modo di convivere. «Del Sol - disse proprio Cordova - è stato uno dei più grandi personaggi mai visti all'opera nel calcio italiano. Aveva il dono di ridurre tutto all'essenziale. Era a suo modo un trascinatore, un galvanizzatore. Non potremo dimenticarlo mai e qualche volta sentiremo forse la sua mancanza».
Sarebbe stato esattamente così, perché con lui la Roma fece due buoni campionati, arrivando sesta e settima (ma facendo due punti in più dell'anno precedente), per poi rischiare la retrocessione alla sua partenza. Nel primo anno fu il più continuo della squadra, andò in gol anche con Napoli e Milan. Nel secondo, pur senza segnare, fu probabilmente il miglior giocatore. Tutti capirono perché a Torino lo chiamavano "il postino": recapitava a destinazione tutti i palloni, sempre nel modo giusto. E li toglieva agli avversari. Spesso è stato un trascinatore nei momenti in cui la squadra si ritrovava in svantaggio e tante partite sono state pareggiate o vinte grazie al suo carisma. «Giocare per la Roma è bellissimo - disse una volta - entri in campo e ti sembra di essere in un oceano di folla. Come tocchi bene il primo pallone, arriva un uragano di applausi. Il pubblico romanista è competente e affettuoso». «Era un uomo serio e umile, dedito alla famiglia - ha detto Alberto Ginulfi - In campo si metteva davanti e tirava la carretta, nonostante l'età. Non si faceva mettere i piedi i testa da nessuno. L'ho visto uscire dal campo sempre stravolto. Un atleta eccezionale».
Per lui lo spunto personale o la giocata al servizio della squadra avevano lo stesso valore. Due campionati interi giocati sempre con lo stesso rendimento. Combattivo, senza mai tirarsi indietro, "beniamino della Curva Sud" lo descrivevano costantemente i giornali. Era stato festeggiato dopo l'ultima partita di campionato, il 28 maggio 1972, contro il Verona. Forse era un presentimento di addio, anche se in quel momento il rinnovo del contratto sembrava possibile. Invece pochi giorni dopo, con la squadra impegnata nel Torneo anglo-italiano, salutò tutti e tornò in Spagna. Il trofeo lo alzò quindi Ciccio Cordova, ma era stato lui a sollevare il trofeo di Lega Armando Picchi, conquistato battendo Inter, Juventus e Cagliari, all'Olimpico nel 1971. Consegnò poi la coppa nelle mani del presidente Alvaro Marchini, che aveva sì venduto i tre gioielli ma, indirettamente, aveva fatto nascere il coro "Ciccio Cordova, Amarildo, Del Sol, ogni tiro è un gol".
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