Controvento

Da Giannini a Pellegrini, quando l'aria di casa diventa pesante

Alle radici dei fischi ad personam o quasi dell'Olimpico (ma non della Sud). Lorenzo non è il primo Capitano contestato

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Fabrizio Pastore
01 Ottobre 2024 - 07:00

Una settimana lunga un secolo. Dall'Udinese al Venezia, Lorenzo Pellegrini ha assaggiato un piatto unico di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Fischi, soltanto fischi, fischi e basta. Da parte del pubblico di casa. Il suo pubblico, Fischi preventivi e indipendenti dall'andamento delle due partite, estremamente diverse fra loro. A partire dal primo ingresso in campo per il riscaldamento, proseguendo per la lettura delle formazioni, fino a ogni singolo pallone toccato. Almeno fino a quando la Curva Sud non ha cominciato a cantare, seppellendo il fastidioso rumore di fondo. Sì, perché il trattamento non proprio di favore è stato riservato al Capitano da tre quarti di stadio, non dal settore più caldo del tifo, che anzi si è espresso con uno striscione eloquente: «Fischiare a gara in corso significa fare il male della nostra maglia. Tifiamo la Roma, sosteniamola in ogni battaglia». Un concetto basilare per chi intende il sostegno in un certo modo, ma evidentemente non assimilato da tutti coloro che hanno individuato in Pellegrini e Cristante i bersagli principali - se non esclusivi - della contestazione. Cosa si possa rimproverare ai due non è chiaro: se è questione di rendimento, non si comprende perché siano stati risparmiati altri giocatori che certo non stanno brillando; viceversa, se non si nutre stima tecnica nei loro confronti (opinione legittima come tutte le altre), non ci si dovrebbe attendere chissà quali prestazioni altisonanti; se invece il problema è la loro titolarità, bisognerebbe indirizzare il dissenso verso chi li schiera (ma si tratta di almeno sei allenatori romanisti e due ct della Nazionale differenti, qualche ragione ci sarà).

CAPRO ESPIATORIO

Frammentari indizi sulle motivazioni arriva dai social: i due sarebbero stati individuati come principali responsabili dell'esonero di De Rossi. A supporto della “mirabile” tesi – udite udite – un messaggio whatsapp mandato da chissà chi e diventato in breve virale, in cui il cosiddetto “beninformato” sostiene pressappoco che la-sorella-del-cognato-della-zia-del-suocero-del-nipote-e-via-discorrendo di un fantomatico fornaio, avrebbe avuto la “dritta” nientepopodimeno che da Ghisolfi (sic). A parte la genesi della fonte e la diffusione della presuntissima notizia –  risibili se non fossero deprimenti – sarebbero bastate le parole pubbliche dello stesso DDR alla vigilia della sua ultima panchina in giallorosso e quelle di Juric al debutto a demolire il tragicomico teorema.
Ma tant'è: a volte il giochino stantio delle voci ha il sopravvento anche sulle rivelazioni dei diretti interessati.

DAGLI ANNI 70 AI 90

Ne sanno qualcosa i predecessori di Pellegrini con la fascia al braccio, come lui romani e romanisti e come lui costretti a ingoiare i bocconi amari dell'avversione dei propri tifosi. Negli ultimi cinquant'anni è toccato a tutti, senza eccezioni. Fu aggredito fisicamente alla stazione Termini perfino un giovane Agostino Di Bartolomei, di ritorno da una trasferta a Torino e prima di un derby. Oggi Ago è una leggenda indiscussa della storia della Roma, ma a fine Anni 70 una fetta consistente di pubblico - eccetto la Sud che da sempre tende a tutelare i gioielli fatti in casa - non gli perdonava il sovvertimento delle gerarchie con Cordova, amatissimo fino al passaggio sull'altra sponda. 
Anni più tardi fu Giuseppe Giannini a finire nelle mire di parte della tifoseria. Quel numero 10 sulle spalle e l'eredità della leadership tecnica da un marziano come Falcao non gli hanno certo giovato. Ma un vero e proprio feeling fra il Principe e il proprio popolo non è mai sbocciato, nonostante il suo indiscutibile romanismo. Il rigore sbagliato nel derby del 6 marzo 1994 sancisce un'altra crepa nel suo rapporto con la squadra del cuore: il presidente Sensi si scaglia contro di lui, la gente chiede a gran voce un “dieci” in grado di accendere la fantasia alla Baggio o alla Mancini. Soltanto la solita incrollabile Sud si schiera al suo fianco.

 

NEL TERZO MILLENNIO

Oggi sembrano cronache marziane, ma Bradbury non c'entra e perfino Sua Maestà Totti ha vissuto i suoi momenti di attrito con un tifo che per quasi tutta la carriera lo ha accompagnato nell'Olimpo delle divinità calcistiche. Nel 2005 il Capitano è forse al culmine della carriera, ma la Roma vive una stagione che definire tribolata è poco: si succedono quattro allenatori e a gennaio il derby va male, come peggio non potrebbe. Qualche giorno più tardi si gioca a Siena e dal settore ospiti parte un fitto lancio di fumogeni che causa l'interruzione del match, con i giallorossi avanti di tre gol. Totti si avvicina ai sostenitori arrivati in trasferta, chiede di fermarsi, ma viene invitato ad allontanarsi e dalle sue parti arriva perfino una bottiglietta. «Non so se resto, devo valutare tante situazioni, questa è una ferita troppo grande», sentenzia Francesco a fine partita, forte della corte serrata di Milan e Real Madrid. Fortunatamente l'amarezza e le minacce non avranno seguito, ma anche un rapporto che da amore è diventato venerazione ha subito una scossa. Sia pure isolata.

A passare dalle forche caudine del fuoco amico è lo stesso Daniele De Rossi in versione giocatore. Il Sedici è amatissimo dalla Sud, che vede in lui la più fedele emanazione ultras in campo. Il sentimento è reciproco e DDR non fa nulla per nasconderlo, esattamente come non nasconde parole dure nei confronti di chi insulta i suoi compagni. Ma i tempi sono cambiati: i siti proliferano, le radio si sono moltiplicate e i neonati social fanno da megafono a opinioni fino a qualche anno prima confinate fra le chiacchiere da bar. In breve si gonfiano a dismisura voci su presunte cattive abitudini del giocatore, il chiacchiericcio monta e l'ultima decade di carriera è accompagnata da pregiudizi e slogan intrisi di livore, quanto immotivati, nei suoi confronti. Si comincia a contestare il suo attaccamento alla Nazionale, la difesa pubblica a oltranza di compagni e allenatori. Perfino il suo rinnovo di contratto nel 2012 viene aspramente criticato, come fosse reato percepire uno stipendio alto. De Rossi resiste, non senza subire qualche contraccolpo umorale. Ma a lungo l'atmosfera che ha respirato intorno a sé non è stata completamente salubre.
La storia romanista confuta in buona parte il Nemo profeta in patria degli antenati. Ma la strada verso il consenso ecumenico da parte della propria gente può essere irta di ostacoli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI