D'istinti e distanti
La Curva Sud ha indicato la direzione: unità d'intenti tra tutte le parti. La prima parte del campionato è stata deludente ma dopo la sosta ci sarà ancora tanto da giocare
Eccoli lì, tutti in fila. Pronti a fregarsi le mani. La lunga sosta rappresenta un’occasione troppo ghiotta, peraltro su tavola imbandita (involontariamente) dalla Roma. Tanto per esaltare il gusto delle abbuffate pantagrueliche. Quasi due mesi di pausa banchettando e brindando alla scialba conclusione del mini-ciclo. Una manna per chi Le vuole male e per chi ne dirotta i passaggi a vuoto in personale valvola di sfogo o auto-glorificazione del lavevodettismo. Prodotti endemici dell’epoca social. Ma a dispetto di una diffusa tendenza a parametrare tutto lo scibile su quanto accade nelle piazze virtuali, esiste ancora un mondo reale che si distingue, non demanda a terzi i propri stati umorali, agisce senza necessità di maitre a penser. L’Olimpico in versione romanista ne è un fulgido esempio: costantemente gremito da oltre sette mesi, traboccante entusiasmo e amore incondizionato, al di là dei risultati. Lo striscione esposto in Sud prima della sfida al Torino sintetizza le linee-guida: «Società, squadra e allenatore / Noi con voi nella stessa direzione». Rintracciare nei meandri della memoria una simile unità d’intenti fra tutte le componenti (club, giocatori, tecnico, pubblico di ogni settore dello stadio) diventa quasi un’impresa. Bisogna forse risalire al secolo scorso per riuscirci: nel nuovo millennio sarà successo in un paio di occasioni, ma sempre generate da squadre che riempivano gli occhi e provavano a rimpinguare la bacheca. Mentre l’attuale posizione in classifica ricalca quella delle ultime 4 stagioni (sesta, quinta, settima, sesta, sia pure con gli exploit europei). Tutt’altro che eccitante. Nasce da qui il cortocircuito in chi osserva il fenomeno dall’esterno e stenta a comprendere, magari con lo snobismo tipico di chi dispensa sorrisetti condiscendenti per sentirsi superiore.
Lo stop e i successivi step impongono però i primi bilanci. Sia pure parziali. E anche se restano negli occhi gli ultimi deludenti risultati, è innegabile che la Roma (tanto per cambiare) abbia un credito aperto nei confronti della sorte. La rinuncia forzata a Wijnaldum dall’estate sarebbe stata una tassa pesantissima per chiunque. Quanto possa incidere la presenza di Dybala è diventato evidente anche ai più miopi nel finale dell’ultima giornata, ma pesa una tonnellata se rapportata ai big match: senza di lui zero punti nei tre disputati in casa, con lui 4 nei due in trasferta. E si tratta dei due acquisti che avevano infiammato il mercato. In questa fase ha giocato il gruppo dell’anno scorso, depauperato di Mkhitaryan e alle prese con la forma carente degli altri elementi di punta. Ma qui non si vuole concedere alcun alibi, né gli stessi protagonisti si sono sottratti alle proprie responsabilità: Mourinho ha parlato di «autocritica»; i calciatori si sono presi la loro dose di fischi, prima di porgere le doverose scuse. D’accordo, le parole se le porta via il vento, ma nei fatti resta oltre metà stagione, la zona Champions è a un passo, nelle coppe è tutto aperto. E lo stadio si preannuncia ancora pieno. Non c’è tornaconto in una massa di questa portata che si dichiara senza sapere cosa l’aspetta. Zero calcolo. Soltanto (si fa per dire) amore. Che non si decifra e non si rende comprensibile ai distaccati. Si vive, oppure no. E se sì, è privo di condizioni.
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