La civiltà del nostro allenatore
Piero Torri commenta le parole del tecnico della Roma Eusebio Di Francesco in conferenza stampa pre Crotone: «Io sono Anna Frank»
Io sono Eusebio Di Francesco. Per una semplice, magari pure banale, proprietà transitiva. Questo giornale non si è certo nascosto, ieri mattina, a proposito della vergognosa vicenda accaduta domenica scorsa in Curva Sud, gli adesivi di Anna Frank con la maglia giallorossa più un'altra serie di amenità che solo cervelli non funzionanti potevano partorire. Abbiamo preso una posizione chiara, di civiltà. Ci sembrava doveroso. Una scelta fatta senza nessuno sforzo per il semplice fatto che abbiamo manifestato quello che pensiamo e penseremo sempre. Lo abbiamo detto e scritto in maniera inequivocabile: noi siamo Anna Frank. E sentire dire ieri, nella consueta conferenza stampa della vigilia delle partite, l'allenatore della Roma sillabare, io sono Anna Frank, ci ha fatto un piacere enorme, non legato peraltro soltanto alla condivisione di un pensiero. Siamo orgogliosi di avere un allenatore così, anzi meglio ancora un uomo così, seduto sulla panchina della nostra squadra.
In un mondo fin troppo spesso falso come quello del calcio, in particolare il nostro, avere la conferma della statura morale dell'allenatore che si presenta in conferenza stampa con la tuta della Roma, non può che regalarci, semmai ce ne fosse stato bisogno, un sentimento di condivisione totale. Tutto ha fatto meno che nascondersi. Ha preso posizione e con lui tutta la Roma su una vicenda che pagheremmo di tasca nostra che non si ripetesse mai più. Avrebbe potuto liquidare il tutto con formalismi che, invece, fortunamente non gli appartengono. Avrebbe potuto nascondersi con la classica frase «ho in mente soltanto la partita contro il Crotone». Avrebbe potuto non dire quel «io sono Anna Frank», ma rifugiarsi in un moralismo da quattro soldi. Quel moralismo del giorno dopo che, sempre ieri, abbiamo visto dispensare a piene mani in un'altra zona della nostra città, quel moralismo che può convincere solo chi non vuole vedere e sentire. Avrebbe potuto fare mille altre cose. Niente di tutto questo. Il nostro allenatore, l'uomo Eusebio Di Francesco, ha puntato ildito senza se esenza ma, senza però (quanti ne abbiamo sentiti in queste ore, a cominciare da paragoni con altre tifoserie che non sono altro che una confessione in piena regola) e senza cercare giustificazioni che non stanno in piedi per nessuna ragione al mondo.
Ecco, stasera contro il Crotone, gli undici giocatori che Di Francesco manderà in campo, dovranno giocare sapendo di essere orgogliosamente Anna Frank. Ma non perché glielo ha detto il loro allenatore. Ma perché lo ha ratificato la Storia. Quella che la poesia di Francesco De Gregori ha sintetizzato con un verso meraviglioso, «la Storia siamo noi, attenzione nessuno si senta escluso».
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