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La guerra dei trent'anni. C'è un modo per uscirne

Tanto è il tempo che la Roma non gioca una finale europea. Tra l'Ajax senza pressioni e il futuro di Fonseca: vincere stasera sarebbe il più efficace dei comunicati

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
08 Aprile 2021 - 13:16

Non foss'altro per vedere la clamorose acrobazie lessicali cui sarebbero costretti tutti quelli che hanno definito irreversibile la decisione della Roma di privarsi di Fonseca per il prossimo anno, sarebbe una fantastica esperienza metafisica poter accompagnare questa squadra fino a Danzica, sede designata per la finale di Europa League 2021. Sono trent'anni che alla Roma non capita un'opportunità del genere (era il 1991, e in finale quell'anno la spuntò l'Inter). E trent'anni prima (di trent'anni fa) si fece persino meglio, vincendo la Coppa delle Fiere, trofeo in cui affondano le radici questa competizione e quella precedente, la Coppa Uefa. Insomma, in questa guerra dei trent'anni non si sa ancora chi sono i vincitori ma pretendiamo che non si conoscano ancora neanche i vinti. Non già stasera.

Ad Amsterdam fa freddo, il cielo è cupo e ieri spruzzava neve, e lo stadio incute paura anche quando è vuoto. A fine mese hanno programmato il primo test con il pubblico, 7500 spettatori (con tampone negativo) saranno invitati ad assistere alla sfida con l'Az di Alkmaar. Ma per ora domina il Covid, Amsterdam è una città fantasma, bar e ristoranti sono chiusi e i tassisti che ti portano in giro chiedono imploranti se tutto questo un giorno finirà, come se in Italia ne sapessimo di più. Così parlare di calcio è tornata ad essere la più stupida tra le cose importanti. Di certo, stasera l'Ajax giocherà senza alcuna pressione, danzerà fresco e giovane dentro lo stadio che incarna la leggenda del suo padre putativo, l'uomo che le ha donato gloria immortale, quella che non arriva (solo) dalle vittorie, ma dai movimenti rivoluzionari che conquistano il mondo. L'Arancia meccanica di quei ragazzotti spettinati fece voltare pagina rispetto all'immobilismo tattico in cui ingrigiva il mondo della fine degli Anni Sessanta.

E fa effetto sentire Fonseca, irriducibile offensivista, dire in conferenza stampa proprio in questo stadio che la Roma dovrà fare soprattutto una partita attenta nella fase difensiva. Forse la squadra ha un po' perso di identità: o la ritrova tutta insieme stasera (ma come? difendendo bene all'improvviso? Attaccando?) o quello di stasera rischia di essere il canto del cigno dell'allenatore. Alle voci ormai incontenibili di possibili accordi in itinere con Sarri ieri la società ha provato a porre un freno, con una smentita informale che vale solo per quello che è: il corretto tentativo di Tiago Pinto di ribadire alla vigilia della partita più importante della stagione il suo appoggio all'allenatore che in teoria questo obiettivo potrebbe centrarlo. E allora sì che sarebbe divertente andare a rileggere in controluce tutto quello che è accaduto in questi giorni folli di sconfitte sul campo e indiscrezioni così condivise: «Vogliono mettere la Roma nei casini», ha detto Mancini. Ecco, la tirassero fuori. Una vittoria stasera varrebbe molto di più del più convincente dei comunicati di smentita.

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