Roma-Shakhtar: tre anni dopo ma sembra una vita
L’ultimo precedente con gli ucraini è avvenuto nel 2018, da allora tutto è cambiato: la proprietà, l'allenatore, la squadra e i tifosi sugli spalti
Millenovantaquattro giorni nel calcio sono un'eternità. Che se ormai tutto può cambiare in tre ore figurarsi, allora, in tre anni. Quelli passati dagli ottavi di Champions del 2018, 13 marzo, e quelli d'Europa League di domani. Avversario – l'unica costante, perché in questo sport comunque tutto è ciclico – lo Shakhtar Donetsk. E proprio il confronto con gli ucraini mi offre, anzi: ci offre, l'opportunità per renderci conto di quanto e come la Roma sia cambiata profondamente, anzi completamente, da quella partita.
La proprietà prima di tutto: James Pallotta appartiene al passato. Non esiste più nulla, poi, di quell'organigramma societario: Baldissoni, Gandini. Totti ha aperto la sua società di scouting mentre Monchi, una delusione, ha preferito tornare nella sua Siviglia per vivere con meno tensioni e più certezze. Di certezza, a quei tempi, avevamo quella dello Stadio da costruire a Tor di Valle: già, avevamo…perché ci basterà tornare al comunicato della Roma di fine febbraio per capire quanto le cose, anche lì, siano radicalmente cambiate. Come in panchina: Eusebio Di Francesco. Che dalla stagione successiva a quella cavalcata europea ha iniziato a collezionare esoneri con la stessa frequenza con cui ha continuato a partorire alibi.
E siamo alla squadra: Alisson; Florenzi, Manolas, Fazio, Kolarov; Nainggolan, De Rossi, Strootman; Under, Dzeko Perotti. Solamente due superstiti: Fazio, comunque ai margini del progetto tecnico. Ed Edin Dzeko. Gli altri? Alisson, nonostante un ultimo periodo non facile, è un punto di forza del Liverpool. Florenzi, dopo non aver lasciato traccia a Valencia, continua, questa volta a Parigi, a rincorrere l'Europeo. E mentre Manolas è al Napoli da due anni, Kolarov sta assistendo, dalla panchina, alla conquista del probabile scudetto da parte dell'Inter. Due giocatori a cui la tifoseria è rimasta molto legata, nonostante la loro partenza, sono Nainggolan e Strootman che però – dopo aver fallito, rispettivamente, all'Inter e al Marsiglia – ora sono nei bassifondi della classifica: uno a Cagliari, l'altro a Genova. Perotti invece, dopo quella di Trigoria, occupa stabilmente l'infermeria del Fenerbahce a causa di un grave infortunio al ginocchio, mentre Cengiz Under sta disputando, dopo l'ultima alla Roma, un'altra stagione incolore al Leicester.
E poi c'è Daniele De Rossi che sta studiando per diventare allenatore. Anche se lui, allenatore, lo è già più di chiunque altro. Ah, sapete – a proposito di mister – chi guidava quello Shakhtar? Domanda retorica: Paulo Fonseca. Perché il calcio vive di storie e di intrecci, occasioni e sliding doors e tutto, per davvero, può accadere. Già, tutto può accadere...anche se nessuno, tre anni fa, avrebbe potuto neanche immaginare che – rincontrando i Minatori, seppur in un'altra competizione – avremmo dovuto farlo giocando dentro una cattedrale deserta. Eccola, allora, la più grossa – e dolorosa – differenza tra quella partita e domani: i 47.693 tifosi che, quella sera, aiutarono la squadra a vincere vivendo in simbiosi con i propri beniamini una vittoria che ancora oggi ricordiamo. Tra tutti...è proprio questo l'unico cambiamento a cui non riusciremo mai ad abituarci.
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