Ci è toccato prima Guida, poi lo stato di ebbrezza
Può esserci per un romanista qualcosa di peggio dell’arbitraggio di Guida? In altri tempi avrebbe avuto i crismi di una domanda retorica. In questi diventa un quesito vero e proprio, la cui risposta è "sì, può esserci"
Può esserci per un romanista qualcosa di peggio dell'arbitraggio di Guida? Avrebbe avuto tutti i crismi della domanda retorica, al termine della sfida con il Milan. In altri tempi. In questi diventa un quesito vero e proprio, la cui risposta è «sì, può esserci». Di più: c'è stato di peggio. C'è tuttora. Aleggia in un'aria che profuma sempre meno, inquinata dal manierismo da social, dalla ricerca spasmodica del like a tutti i costi (soprattutto se il costo è zero, accodandosi all'esercizio tanto in voga del lancio di veleno incondizionato sulla Roma), dal desiderio malcelato di accreditarsi presso altre latitudini in ambiti mediatici.
Il peggio adesso consiste nel leggere, ascoltare e percepire cose che voi umani cresciuti con le proteste - sacrosante, sia chiaro - anche per i falli laterali invertiti non avreste mai potuto immaginare. Roba surreale proveniente non dai Bastioni di Orione, ma dal mondo circostante la Roma. Ovvero che gli episodi sarebbero stati anche a favore dei giallorossi (quali non si sa, ma è stato detto, sul serio); che il Milan avrebbe giocato meglio e quindi sarebbe da provinciali lamentarsi (e qui urge un grido d'aiuto per scorgere un nesso che col massimo degli sforzi fatichiamo a trovare); che il fallo fischiato a Fazio sarebbe stato giusto mentre quello negato a Mkhitaryan dubbio. E così via, sciorinando tutto quell'armamentario linguistico da fiera del luogo comune di moggiana memoria.
Ricordate? Era lui, seguito pedissequamente dai suoi accoliti pre-calciopoli sempre proni, a bollare con simile sfilza di frasi fatte ogni rapina a mano armata subita dagli avvesari, che spesso indossavano proprio il giallorosso. E guai a mettere in discussione il Verbo. «Torti e doveri a fine anno si compensano» è stato una sorta di Padrenostro calcistico di quell'epoca buia.
Adesso che il grande burattinaio non proietta più la propria ombra sul calcio italiano, e che le nefandezze arbitrali sono distribuite, ci pensano i commentatori a dispensare perle di quella matrice. Così il gol annullato a Micki nel primo tempo per presunto fallo di Mancini (uno stacco talmente imperioso - e pulito - che se fosse stato di Ronaldo avrebbe riempito le sigle di copertina) sparisce direttamente dagli highlights. L'intervento di Fazio nemmeno dà adito a dubbi. Mentre il clamoroso fallo di Hernandez sull'armeno viene perfino messo in discussione come fosse controverso. Dopo Guida, lo stato di ebbrezza.
A mettere fine alla farsa, dando inizio al paradosso, ha pensato addirittura Di Canio (proprio lui, Paolo, nessun caso di omonimia), semplicemente descrivendo l'evidenza delle immagini anche a chi non voleva vedere, ma alla fine si è dovuto arrendere all'evidenza dei fatti. Eppure da qualche tempo ai romanisti pare vietato fare ricorso ai fatti. Sembra non sia più possibile protestare, pena la pubblica gogna virtuale, ormai la più temuta. È considerato disdicevole perfino incazzarsi, se non con la propria squadra (in quel caso diventa consigliato e auspicabile). Ma ancora c'è chi dice no. E a quei pochi lasciate almeno questa libertà.
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