Se dalle vittorie parte la rincorsa all'infelicità
Ma il nostro compito di tifosi non era esclusivamente quello di emozionarci? Di vivere ogni partita di questa squadra come fosse un giro di giostra, un fuoco d’artificio?
Funziona così. Batti la Fiorentina? Quella è la "Fiorentina più scarsa della storia". Come il Benevento, d'altronde. Anzi, il Benevento scarso lo è sempre stato. Perciò pure quella vittoria non conta. Ecco, non conta. Perché quando la Roma vince in molti hanno l'esigenza di cercare l'antidoto alla felicità. Qualcosa che, insomma, possa mitigare la gioia per il successo. Una affannata, e tafazzista, rincorsa al malcontento utile per alimentare, esclusivamente, una irrequieta insoddisfazione in tutti coloro che la loro passione hanno scelto, spesso inconsapevolmente, di sacrificarla sull'altare dei luoghi comuni.
"Pensiamo alla prossima partita". Dunque non esultate. Così, con un colpo di spugna, viene archiviata senza sorriso una vittoria appena conquistata per farci dedicare, da subito, alla partita successiva. E poi a quella dopo ancora. Fino alla prima sconfitta.
Ecco, lì ci si potrà fermare: quella avrà valore. Di quella si vorrà-dovrà parlare. Perché le cose belle annoiano, le sentenze – vere o presunte tali – mai. E, allora, non bisogna dire che una prestazione è brutta ma la più brutta. Non della stagione eh, ma di sempre. Parola d'ordine, esasperare: il momento peggiore, la partita più vergognosa della storia. Come in Svizzera, dove hai vinto contro lo Young Boys, facendo riposare buona parte dei titolari. Pragmatica? Cinica? No, bruttissima. Da vergognarsi vedendola.
Ma abbiamo vinto? Non conta: aridaje. E, allora, mi faccio delle domande: ma non sono i professionisti – allenatori, calciatori, dirigenti – a doverla pensare così? Sicuri che questa proiezione al prossimo impegno debba riguardare noi tifosi? Ma il nostro, di compito, non era esclusivamente quello di emozionarci? Di vivere ogni partita di questa squadra come fosse un giro di giostra, un fuoco d'artificio? Correggetemi se sbaglio: fin da bambini i nostri genitori non c'hanno insegnato a goderci le cose nel presente, quelle che stiamo facendo? Che abbiamo. E a non pensare a quella dopo perché, così facendo, avremmo corso il rischio di non goderci mai nulla.
Ricordo male? Altrimenti facciamo una cosa: togliamoci la sciarpa dal collo e mettiamoci la penna dietro l'orecchio come facevano quei negozianti di una volta che segnavano il conto su un foglio di carta con il rischio, frequente, di non riscuotere mai. Solo che il nostro, di conto, si chiama felicità.
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