[Tra prosa e poesia] La storia siamo lui
Fernando Acitelli commenta su Il Romanista il compleanno di Francesco Totti
Carissimo Francesco, innanzitutto un mio pensiero per te equivale ad un cammeo da Dinastia Giulio Claudia. Questo, almeno, ho in mente. Sulla resa non so dire ma è importante dichiarare subito le mie intenzioni. Preferisco dilettarmi con il sogno perché gli auguri hanno sempre un retrogusto di esilità, di fuggevolezza; si tratta di parole fragili, spesso di circostanza che volano via all'istante. Fermiamo questo giorno e che esso si fissi in una iscrizione interiore. E comunque gli auguri te li spediscono anche quei luoghi residenziali d'ogni centrocampo dove tu fosti fuoriclasse per più di vent'anni. La Roma oggi ancora non l'abbiamo compresa e la vertigine è al sommo: quando il pallone giunge a centrocampo, malgrado siano potenti, lì, i fraseggi, ecco che manca qualcosa, non soltanto l'intuizione al volo. L'amore per te lo dobbiamo orientare ad esso dal campo alla tribuna. L'uso del cannocchiale - o la telecamera a effetto planetario - giunge favorevole per centrarti e migliorare il nostro sorriso perplesso. Ma questo sentimento d'amore non s'è dissolto: ha solo mutato forma. E a noi non resta che tenerlo vivo. Non sono più metafisici ora i tuoi luoghi in campo e questo perché s'è interrotto il tuo colloquio ravvicinato con gli dèi.
Carissimo Francesco, quello che salva, che un poco attenua il nostro dolore è sapere che saresti stato schierato con tutti i più grandi, in ogni epoca. È un gioco, lo so, quello che mi appresto a fare ma è una delle spensieratezze che più mi riescono. E in una simile atmosfera fantastica sto sereno. Proviamo allora a sognare con il passato: con l'Uruguay nel 1930, accanto ad Andrade, Scarone, Cea. Con l'Italia nel 1934 Vittorio Pozzo ti avrebbe collocato vicino a Meazza e Ferrari e, nel 1938, a ridosso di Piola. Nel 1950 è inutile dire che con Varela, Ghiggia e Schiaffino un posto per te ci sarebbe stato. E in Svizzera, nel 1954, Fritz Walter, Helmut Rahn e Ottmar Walter non ti avrebbero forse visto in quell'attacco? E nel 1958 Feola del Brasile avrebbe avuto i suoi problemi a non schierarti come pure Moreira nel 1962. E a Wembley, nel 1966, sir Alf Ramsey non l'avrebbe scovato un ritaglio di campo per te tra Bobby Charlton Allan Clarke e Geoffrey Hurst? Nel 1970 il buon Valcareggi con te avrebbe forse bypassato la staffetta Mazzola-Rivera mentre in Germania, nel 1974, il geometrico Capello ti avrebbe ceduto il posto e allora avresti visto da vicino Cruijff e Overath. Ma è ancora più importante per noi tutti che tu abbia amato Roma prima di tutto e, a cascata, la famiglia, gli affetti e i tuoi amici d'infanzia. I cosiddetti valori autentici che tentano in tutti i modi di lesionare. Ecco, anche qui seistato un fuoriclasse ehai difeso Roma proprio come un Augusto, un Traiano.
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