E adesso pensiamo alla Lazio. Adesso sì
Quante foto ci porteremo da questo 10 aprile 2018, con i catalani muti sugli spalti e a perdere tempo in campo. E noi a dominare
«Sono un pazzo», dice di sé Eusebio Di Francesco con gli occhi lucidi a fine partita, mentre i 60.000 dell'Olimpico sono ancora tutti al loro posto a cantare e ballare, ad asciugarsi le lacrime per ritegno, come se ci fosse da vergognarsi per aver vissuto una serata da Barcellona di fronte al Barcellona, o almeno a quel che ne rimane dopo questo umiliante confronto con la Roma.
Quanto ci piacciono i pazzi così, che conoscono lo sport e lo onorano con tutti i mezzi (leciti) possibili, decidendo di attaccare il Barcellona in maniera diversa da com'era stato fatto al Camp Nou, sapendo che il destino non può mettersi sempre di traverso. E invece in questo indimenticabile 10 aprile 2018 arriva l'impresa che riscatta in un colpo solo i patimenti di una storia mai troppo generosa con i romanisti, ma che nessun romanista avrebbe mai scambiato con quella degli appena 800 catalani presenti in curva, muti come a teatro anche quando il risultato avrebbe autorizzato qualche urletto di sostegno.
«Ora dobbiamo pensare alla Lazio», insiste ancora Di Francesco negli spogliatoi, quasi a sottolineare la sua diversità con chi pretendeva che ci avrebbe dovuto pensare già ieri pomeriggio, scegliendo magari le seconde linee e lasciando al Barcellona il palcoscenico dei migliori. Ora sì che ci si può e ci si deve pensare, con gli occhi gonfi di emozione e l'anima piena di gioia per le cartoline che abbiamo spedito al mondo dall'Olimpico.
Con due sole sostituzioni fatte dopo una partita a pressare alto il Barcellona, non il Pizzighettone, e neanche la soddisfazione della terza da fare nel finale per perdere tempo come invece, in maniera vergognosa, hanno fatto i catalani fino al gol di Manolas; con Suarez a rimettere in campo palloni usciti per impedire le rimesse laterali veloci; con ter Stegen a cincischiare prima di ogni rinvio; con Messi ammonito per un calcio rifilato a Kolarov per impedire l'ennesima ripartenza; con gli zero gol subiti per la quinta partita consecutiva in casa, in questa casa che non amiamo troppo per le gioie che in passato ci ha negato ma che ieri ha accolto ogni nostro sospiro d'amore. E adesso pensiamo alla Lazio. Adesso sì.
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