Vinicio Marchioni: «Alisson va chiuso in una stanza finché non firma»
L'intervista - Con le musiche di Marino, l'artista romano porta in scena Cechov. Cast e regista romanisti: «Bravo il pischello turco»
Anton Cechov non era ucraino, ma spulciando nella sua biografia l'Ucraina ritorna spesso. Eppure nessuno dei tanti romanisti dello staff di Uno Zio Vanja, in scena all'Ambra Jovinelli, con la regia di Vinicio Marchioni, ci aveva pensato: domani sera la Roma va a giocare proprio lì. Glielo abbiamo ricordato noi, quando sono venuti a trovarci in redazione: «Ci potremmo inventare una diretta contemporanea sui social, in effetti», scherza il regista. «Dobbiamo dirlo a Lorenzo Gioielli (registra, tra l'altro, del monologo di Pierfrancesco Favino che ha spopolato a Sanremo), lui è malato di Roma. Quando c'è la partita si mette col wi-fi in camerino e rischia di entrare tardi in scena per vedere la Roma. Per ora però ha sempre garantito la sua presenza...». Ci sono molti romanisti nel cast, «io la Roma la seguo, ma non in maniera maniacale - spiega il regista - Poi l'uscita di scena di Totti mi ha un po' demoralizzato come tifoso. Noi abbiamo iniziato le prove di questo lavoro i primi di dicembre e quello spesso è uno dei periodi peggiori della Roma, in cui pensi "è già finita anche quest'anno", invece dal debutto (24 gennaio) in poi qualcosa è cambiato, soprattutto grazie a questo straordinario pischello turco (Ünder) che ci sta dando una grossa mano».
UN CAST GIALLOROSSO E UN CECHOV 'ITALIANIZZATO'
Un cast giallorosso, dunque, quello dello Zio Vanja di Marchioni, un'idea nata dall'amore per «Cechov, "scoperto" quattro anni fa, quando ho iniziato a studiarlo. Da lì è venuto fuori un progetto sugli ultimi tre spettacoli scritti da lui, tra cui Zio Vanja». L'ha scritto insieme alla moglie, Milena Mancini (che è in scena nei panni di Elena e che firma i costumi dello spettacolo), con le musiche di Pino Marino e l'adattamento di Letizia Russo, drammaturga internazionale, che nulla ha intaccato dell'impianto di Cechov. Anche per questo una risposta di pubblico così ampia non se l'aspettava Marchioni: «I teatri sono pieni di ragazzi, anche sotto i 35 anni. E questo mi rende felicissimo, perché in fondo il pubblico si "prende" più di due ore di Cechov, che nell'immaginario collettivo è una "rottura de cojoni". Forse vengono perché ci sono io o perché c'è Francesco Montanari (che interpreta dottor Astrov), con il quale siamo diventati veri amici in questi dieci anni (si sono conosciuti nei provini di Romanzo Criminale). Ma credo anche perché siamo riusciti a sfatare questo tabù di pesantezza. Conoscendolo, Cechov è un autore che fa anche molto ridere, mette in scena le mediocrità e le nullità della gente. Lo zio Vanja che interpreto è ridicolo, entro in scena in "ciavatte". Abbiamo voluto "italianizzare" i temi di Cechov. Noi italiani di oggi siamo un popolo che fa veramente ridere, purtroppo».
LA MUSICA COME PERSONAGGIO, IL REGISTA COME L'ALLENATORE
E poi musicare Zio Vanja «è stato semplicissimo», racconta Pino Marino, che recluta «il pubblico femminile over 60...», scherza. La musica diventa un personaggio in più: «Dal copione ho immaginato che la musica dovesse essere il nono attore sul palco, senza sovrapporsi, ma volevo che entrasse in scena a suo modo durante lo spettacolo. È tutto sospeso, senza data e senza ora. D'altra parte, viviamo in tempi in cui non c'è tempo, per questo rimango colpito e legato a quegli allenatori che riescono a curare la propria idea, tenendo botta quando le cose non vanno e riescono a prendersi il tempo in tempi in cui il tempo è tolto. Per tirare fuori la propria visione e renderla visibile a tutti occorre tempo. E non sto parlando di Di Francesco, in questo caso, ma di Vinicio Marchioni». L'allenatore e il regista, l'assonanza ci sta tutta. E in questo si rivede molto Vinicio: c'è il giocatore che viene ingaggiato che deve praticare quell'idea anche quando ancora non la vede. Questo è il lavoro che Pino Marino ha visto fare al Marchioni regista, che è lo stesso degli allenatori, «è la costruzione del lavoro, è la visione che ha avuto Di Francesco con Ünder...». E magari, «anche con Schick - si accoda Vinicio Marchioni - La fase di prova è una cosa meravigliosa, in cui devi pregare di aver scelto bene in partenza, devi difendere quelle scelte e far convergere la tua idea di quello che vuoi fare sul palcoscenico, o sul campo, e devi renderti conto di come ognuno viaggia, dei loro tempi per esprimersi, quelli che riescono il primo giorno o quelli che aspettano di vedere il pubblico in sala per rendere al meglio. Da regista, o da allenatore, ho riscoperto il valore della pazienza. Devi essere pronto a prenderti gli schiaffi, a (non) sentire le parole inutili che molti dicono per proteggersi, discolparsi, aiutarti. Se sono il regista che cercavo da attore? No. Io ho lavorato con dei maestri, ho cercato di prendere da ognuno di loro, rubando con gli occhi. Sapevo, portando Cechov in teatri nazionali importanti che mi sarei giocato una bella fetta di sedere... Ho voluto scommetterci».
L'INVITO A DI FRANCESCO
Torna spesso il nome di Di Francesco, uno che, tra l'altro, nel tempo libero ama andare a teatro: «Lo invitiamo allora... - aggiunge Zio Vanja - Non sono un tecnico, ma mi piace molto Eusebio, credo nella fisiognomica e credo che sia un uomo molto grande». Anche Pino Marino apprezza notevolmente il tecnico abruzzese: «Di un allenatore guardo il lato umano. Preferisco il terzo posto con lui che vincere con uno come Capello, per esempio. La nostra classifica? La Roma a fine campionato arriverà terza, la Lazio sesta dopo le milanesi». Che per come si è messa la stagione, non sarebbe male. E poi magari si penserà al futuro: «La prima cosa da fare in assoluto - secondo Vinicio - è prendere il procuratore di Alisson e chiedergli quanto vuole per un contratto quattro più quattro, la seconda è chiudere il portiere più forte del mondo in una stanza e non farlo più uscire fino a che non firma... Poi gli devi costruire intorno una squadra». E ripartire dai nostri giovani, secondo Marchioni: «Mi piace molto anche Pellegrini, l'altro pischello». E Marino: «Io mi sono ricreduto su Fazio. Però dico ancora di puntare su Florenzi, mi dà l'idea di uno che si fa un "culo come un secchio". Punterei sempre su quattro o cinque dei nostri giovani che vogliono emergere».
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