Bove e Zaniolo, quando l'amore vale più di un trofeo
Nella notte dell'Olimpico il popolo giallorosso ha abbracciato virtualmente uno dei suoi figli, Edoardo, nel momento più difficile. Per l'altro solo fischi...
"Perché siamo due destini che si uniscono", cantavano i Tiromancino in una delle loro più celebri canzoni. E accade a volte, nella vita come nel calcio, in campo e fuori, di ritrovarsi compagni prima e avversari poi, tanto vicini, come a Tirana, tanto lontani infine come ieri sera all'Olimpico. Ma non fatevi ingannare, non parliamo di una distanza fisica, tangibile e misurabile. No, parliamo di una distanza di valori, di sentimenti, d'amore. Perché l'amore, quando puro e incontaminato ma soprattutto alimentato, supera ogni cosa materiale, anche un trofeo.
Sì, perché ieri sera Edoardo Bove e Nicolò Zaniolo sono stati entrambi protagonisti all'interno di 90 minuti molto particolari. Ma, nella stessa frase, oggi risuonano come il più surreale e sbagliato degli ossimori. Uno c'era, seppur assente. Il secondo c'è stato, ma è come se non fosse mai passato da queste parti.
Il primo è stato omaggiato di uno striscione che, nella storia della Roma, la Curva Sud ha concesso davvero a pochi: "Avversario sì, ma nemico mai".
La differenza è tutta lì, perché Edoardo non sarà mai uno dei tanti, ma rimarrà sempre uno di noi. Perché nel momento più difficile della sua vita, al risveglio da un viaggio per fortuna durato molto poco, ha avuto solo un pensiero: "Come la guardo stasera la Roma?". Un legame viscerale, puro, che nessun'altra maglia riuscirà a oscurare. Ne giocherà ancora tante di partite, con quella grinta e quella faccia pulita da eterno bambino, ma al triplice fischio tornerà ad essere sempre un semplice tifoso della Roma.
C'è chi invece nel momento del bisogno s'è tirato indietro, ha visto l'America altrove ed è scappato, alla ricerca di una felicità che ancora fatica a trovare. Istanbul, Birmingham e ora Bergamo. S'affanna a ritrovar sé stesso, rimanendo in primis il suo principale nemico. S'affanna nel cercare approvazione dalla tifoseria di turno, ricevendo una gratitudine effimera, senza riuscire a far germogliare mai un vero e duraturo sentimento. E qui c'era riuscito, per la prima volta in carriera, per poi tradirlo e accantonarlo. E l'impresa, ieri compiuta, è stata quella di cancellare il ricordo della notte di Tirana. Perché quell'esultanza così fuori contesto e forzata, priva del minimo rispetto e comprensione verso quei fischi colmi di rancore e testimoni di un amore tradito, di chi ti ha sostenuto, atteso e celebrato come nessun altro, racconta tutta l'essenza del ragazzo. E traccia il solco con Edo.
C'è chi l'America l'aveva trovata ma è scappato via, chi nella sua America è nato e l'ha lasciata col cuore in frantumi. Perché al cuore non importa dei trofei, l'amore supera ogni cosa. Edoardo lo sa, Nicolò ancora no.
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