L’insostenibile leggerezza del non essere...
Cosa si intende per giocar bene? C'è chi per partito preso, deve smontare tutto quello che Mourinho sta cercando di costruire, qualsiasi cosa faccia
Coerenza ed ego viaggiano su linee parallele. Veloci ma sempre distanti, in cortocircuito anche se non riescono mai ad incontrarsi. Prendete la questione – di lana caprina – del gioco della Roma: come fosse un cavallo da cavalcare da parte di chi deve trovare, sempre, il modo per stemperare la felicità dei tifosi dopo una vittoria. Gente che sorride a denti stretti per far parte del gruppo ma che, lontano da occhi indiscreti, avrebbe riso per davvero solo se a Genova non avessimo vinto…«Eh, però non abbiamo giocato bene…». Cosa si intende per giocar bene? Anzi, mettiamola così: quando una squadra gioca male? Gioca male, ad esempio, se non consente agli avversari di tirare mai in porta – per davvero – in novanta minuti? Gioca male se passa l'intera partita nella metà campo avversaria? Se, anche quando le lancette iniziano a correre, non cerca mai la scorciatoia del lancio lungo ma continua a costruire? Gioca male chi, grazie agli esterni, mette in difficoltà i dirimpettai con le sovrapposizioni? Chi crea, nitide, otto-nove occasioni per andare a segno?
Penserei ai danni che stanno facendo certi invasati commentatori televisivi se non fossi convinto che, dietro alcune frasi fatte legate al "bel" gioco, si nascondesse semplicemente l'ego – e così torno da dove sono partito – di chi, per partito preso, deve smontare tutto quello che Mourinho sta cercando di costruire. Eccolo, allora, il problema: Mourinho. Che se la Roma giocasse con la fantasia del Brasile del 1982 si direbbe che è poco pragmatica, se esasperando le verticalizzazioni che non ha un buon giro palla, se con cinismo che non fa divertire…e si potrebbe andare avanti facendo una lunga, e insopportabile, lista di escamotage dialettici che ricordano – parecchio – la favola iraniana "Il vecchio, il bambino e l'asino": qualsiasi cosa Mourinho faccia… per alcuni non va bene. Al punto da togliere alla Roma – perché l'allenatore portoghese la Roma allena – qualsiasi alibi legato alle assenze o a quegli arbitri che in passato, giustamente, facevano disperare gli stessi che oggi, udite-udite, non gli danno più peso. Verrebbe quasi da ridere, se solo tutto questo non facesse piangere…
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