Roma-Chelsea: quel boato incredulo del nostro stadio
Daniele Lo Monaco commenta la fantastica vittoria per 3-0 dei giallorossi contro i blues di Conte
Il boato. Quel boato. In quell'urlo liberatorio, salito al cielo tre volte, anzi quattro al fischio finale, c'era qualcosa di diverso. Non c'era solo la gioia per il trionfo che piano piano si stava profilando, c'era la consapevolezza che forse sta cominciando un'epoca diversa che magari non porterà titoli nell'immediato, ma certifica la grandezza di una squadra che a questo punto non deve temere nessuno, in casa e in Europa.
Sono cartoline della felicità quelle che ci portiamo dietro dopo questa fantastica serata, bella nelle premesse come mille altre ma poi realmente vissuta nella gioia come pochissime altre. Affiora alla memoria il 2-0 sul Colonia del Non passa lo straniero, il 2-0 a Lione di Spalletti, il 3-0 al Dundee di Pruzzo, Pruzzo e Ago come questo con ElSha, ElSha e Diego.
La cartolina della trecentesima serata europea sta nel possesso palla gestito nel primo tempo e lasciato gestire nel secondo, sta nella capacità di sofferenza per il parziale ritorno del Chelsea dopo il vantaggio iniziale, sta nelle mani vanamente protese di Conte e in quelle di Courtois, sta nel boato al gol del Qarabag perchè a questo punto stiamo dentro la qualificazione e ci basterà battere gli azeri all'Olimpico per passare, sta nell'ennesimo zero alla voce reti subite e nell'ennesimo zero alla voce ammoniti, perché questi qui giocano e non perdono tempo né a fare falli né a protestare, sta nelle risposte tattiche date a Conte che voleva allargare il gioco per costringere gli intermedi del centrocampo romanista a correre per chiudere le falle e invece si è ritrovato difronte dieci giocatori davanti ad Allison a correre come un blocco unico, lasciando a volte liberi gli spazi per il cambio di gioco ma pronti sempre a rioccuparli in una frazione di secondo; sta, infine, nelle splendide parole di De Rossi che certificano quanto sarebbe stato evidente agli occhi di tutti se tutti avessero avuto voglia di guardare che razza di capolavoro sta facendo Eusebio Di Francesco da Sambuceto, uno senza pedigree da giocatore, uno che inforca occhiali con lenti spesse, ma ha in testa un'idea di calcio che sta facendo esaltare questa città.
© RIPRODUZIONE RISERVATA