Non smorza', abbassa
Dopo aver letto le dichiarazioni di Pallotta, abbiamo scritto questo articolo. Il 2 marzo 2018
Che palle. Un'altra dichiarazione dall'America con cui fare i conti senza che nessuno ne sentisse il bisogno, utile solo a questo voyuerismo critico diffuso da social che chiede quotidianamente conto di tutto in nome del diritto dell'utente social ad esistere. Del tipo"mo vojo vede'". E che voi vede'? Che voi legge? La materia è semplice e liscissima: ogni generalizzazione in quanto tale è sbagliata. I distinguo sono necessari sempre, fanno la differenza fra un punto di vista sottile e un altro buttato lì. Non è giusto soprattutto per chi sta in una radio o in una testata e fa di tutto per mantenere la propria indipendenza al di là o oltre la linea editoriale, non è giusto vien da sé e si capisce e basta. Il passaggio di Pallotta sulle radio auspicabilmente in bancarotta è di per sé sconveniente, inelegante, grossolano, scegliete un aggettivo voi e infilatecelo, va bene. Però detto questo, che credo qualsiasi essere senziente possa sottoscrivere, c'è poco da dire nel merito di questa cosa. C'è da dire altro.
È tutto quello che va sopra e a al di sotto le parole. Quello che comportano. Con queste dichiarazioni chi fa una comunicazione strumentale contro la Roma (e ce n'è, uh avoja se c'è) ci sguazza. C'apparecchia la tavola, invita i compari e brinda alle ennesime dichiarazioni americane con cui inaugurare giorni e giorni di puntate, articoli, convivi e simposi vari. Dichiarazioni simili danno forza a chi per mestiere getta non fango, ma merda (su questo presidente poteva anche alzare i toni) sulla Roma. E non è tanto un discorso di pluralismo, anche perché in quest'epoca in cui tutti possono dire tutto qualche variante poco democratica scappa soprattutto agli spiriti più democratici (e non per tutti vale l'ormai frase da Baci Perugina di Miss Hall - erroneamente attribuita a Voltaire - per cui "non condivido quello che dici ma farei di tutto perché tu possa dirlo", perché - insomma - se me calunni, e se t'inventi le cose, sinceramente io 'sta battaglia liberale non sento di intraprenderla).
Queste dichiarazioni, signor presidente, danno forza a chi dice lei vuole combattere. Oltretutto polarizzano ancora di più lo scontro fra i "superpallottiani" e gli "americanstraccionisti", tra chi si sente 2.0 superiore alla massa e chi è nostalgico di un sentimento che crede vilipeso, sfoderando a colpi di tweet e post un repertorio abbastanza noto di accuse reciproche. Questa società civile figlia di tempi meschini, non crede all'onestà intellettuale e alla vera libertà e se non ci si vuole rassegnare a discorsi e a pensieri da Upim e Standa bisogna viaggiare più alto. Essere da esempio. Da ieri chi diceva che Baldissoni è laziale, chi non ha scientemente raccontato di quello che la Roma ha fatto contro le barriere, chi si dimentica apposta di dire che questa società ha fatto una battaglia contro la Tessera del Tifoso (unica in Italia), chi colpevolmente non sottolinea che ha riportato Agostino Di Bartolomei a casa, o fa finta di non sapere che ha permesso a chi ha giocato anche un solo minuto con la Roma di poterla andare a vedere gratis, ha riaperto il Tre Fontane, ha creato un archivio storico che non c'era, ha riportato i colori originali sulla maglia della Roma eccetera... adesso ha più forza. Si vedranno solo le cose che non vanno, e siccome ce ne sono (soprattutto adesso), anche dal suo punto di vista, non conviene.
Veder oggi ergersi a paladini della libertà di stampa persone che strumentalmente non vedono l'ora che la Roma perda è la conseguenza peggiore di quelle dichiarazioni. E poco conta che la sua è una spacconata (non credo siano mai state chiuse due radio), contano le parole, anzi le loro conseguenze. Per la Roma. Perché conta solo la Roma. Ai tifosi non credo nemmeno diano troppo fastidio. Ai tifosi danno fastidio - credo, ma parlo da tifoso - altre cose: che la Roma non vince, per esempio, o immaginare che si possano creare alibi. Perché l'ambiente romano sì che esiste, ma la Roma deve essere più forte. Perché sì la Roma è stata raccontata male - ma non da tutti, e non sempre, e non con gli stessi modi - ma se non vince non può essere per le radio. Che - fra l'altro - sono sopravvissute pure a un canto epico che inaugurò gli Anni 80. Video killed the radio star... Le star. Le stelle che ci interessano sono quelle in campo e al limite - per i più romantici - in cielo (ma per una serata di coppa). Anche perché i tifosi tifosi, quelli che la Roma l'amano, quelli che - si fidi - cantano per lei, ci vanno in trasferta, o pure se restano a casa, se perdono ci stanno male, le radio, le radio come categoria che intende lei le hanno già spente (poi ognuno sente quello che je pare). Tutte. Lo hanno scritto pure allo stadio, e più di una volta, e lei è quelle frequenze che deve sentire, a quelle frequenze deve riuscire ad accordarsi. Giri la manopola. Senta quelle, sono le Star che ci interessano (quelli di "Voglio solo Star con te..."). Ascolti chi dice che 40 euro per una Curva sono troppo, per esempio. Quella è la bancarotta che ci interessa evitare. Per il resto, casomai... Non smorza', abbassa. Altro che Voltaire.
Articolo pubblicato sul "Il Romanista" del 2 marzo 2018
© RIPRODUZIONE RISERVATA