Non parlate di vessillo
Non vale uno Scudetto, ma il dovere di restare nella "nostra" coppa: stavolta in Porto non ci dobbiamo arrivare, dobbiamo superarlo
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(GETTY IMAGES)
Non v’azzardate a parlare di vessillo solo perché c’abbiamo a che fare col Porto. È un sedicesimo di finale di Europa League questo playoff non uno Scudetto a cui mancavano 3 partite e 41 anni. Non è ancora tempo di giochi di parole, quest’anno non lo è stato quasi mai: questa notte è la stessa con l’Eintracht, solo molto più difficile, ma in palio c’è lo stesso dovere di andare avanti in una coppa che i romanisti sentono “loro”. Nostra. Budapest sta dentro, la finale con l’Inter del ’91, l’assurdità di Vavra nella notte del Principe con lo Slavia, il secondo tempo in semifinale all’Old Trafford, i due rigori di Paredes a Leverkusen, l’autogol di Mancini. Oggi c’è Roma-Porto. Noi siamo un po’ il loro Feyenoord o loro per noi il nostro Liverpool: ci hanno eliminato tre volte su tre e almeno due volte eravamo più forti noi, l’altra c’era Falcao quindi per principio non vale come è finita. Hanno stufato, so’ pure antipatici, hanno i colori e le amicizie sbagliate, e l’ultima ce l’hanno pure mezza/trequarti rubata.
È l’ora di mandarli a casa. Prendi e Porto a casa… Ecco questo magari lo facciamo alla fine. Se c’è chi pensa che vista l’andata questa sarà una partita facile, probabilmente non sa niente di calcio, né di Roma. Certo la squadra che si sta rivedendo con Ranieri è… una squadra: undici giocatori che hanno un compito e sanno più o meno quello che devono fare in qualsiasi occasione. Il ritorno all’essenziale. Da ieri sappiamo che lo fanno anche col sorriso e che si sentono una famiglia (semantica mourinhana): bene, ne prendiamo atto e sorridiamo anche noi, ma pure quando eravate tristi dovevate giocare a pallone (e se hai quella maglietta addosso, oltre al professionista che sei, triste non dovresti esserlo mai). Comunque non v’azzardate a parlare di vessillo per un play off di una coppa che noi sentiamo nostra ma che è molto al di là da venire. Nessun porto, siamo in mare aperto, con la bussola di Ranieri per superare scogli e onde da superare per arrivare dall’altra parte che si chiama Bilbao. Sbagliato persino nominarlo, obbligatorio che i giocatori ci credano però. Non v’azzardate a parlare di vessillo, perché stavolta in Porto non ci dobbiamo arrivare: dobbiamo superarlo.
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