Il dito e la lupa
Non è reato difendere la Roma. Come quando Mancini si è avvicinato a Stieler e gli ha indicato lo stemma, ricordando Mou quando a Trigoria indicò sulla sciarpa il nostro simbolo
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La semantica l’aveva introdotta il giorno prima Svilar quando in conferenza aveva detto – in fiammingo stretto – che lui in campo “sbrocca”, il giorno dopo Ranieri da Sir (più che dell’impero britannico, di quello romano) lo ha letteralmente messo in pratica nel post partita: dallo splendido “non salutatelo” urlato ai suoi giocatori con riferimento all’arbitro, alle parole su chi quell’arbitro lo aveva mandato. Detto subito che Rosetti continua a essere l’unica cosa su cui in carriera ha avuto ragione Cassano, può essere pure che Ranieri abbia esagerato (per me no) o addirittura ammiccato alla pancia dei romanisti a cui “sta cosa” piace tanto, magari nella prima settimana in cui per la prima volta aveva sentito persino qualche critica dalla gente: fosse pure così, chissenefrega. Ha fatto bene. Non una, nemmeno due, ma almeno tre volte. La prima perché aveva ragione: per me più delle 8 ammonizioni a 2, che hanno condizionato cambi e quindi partita, è stata insopportabile quell’attesa non si sa cosa del Var e per il Var alla ricerca di un fallo perduto in area di rigore come Godot che non c’è mai stato.
La seconda perché se uno ha subito un trattamento sbagliato che va ad offendere non solo lui stesso, non solo la squadra, ma tutti i tifosi della Roma, è giusto che faccia sentire la propria voce e a quelli che ti dicono “occhio che così te la fanno pagare”, va risposto che è proprio per questo che bisogna lottare. Pure se perdi. Pure sei hai perso. La terza ragione è infatti la più importante, ed è proprio “quella cosa”: è che Ranieri ha citato Budapest, ha citato quella notte, Taylor e quella coppa proprio nella sera in cui la Roma ha giocato la sua più bella partita della stagione come sentisse che questa coppa è “quella” coppa, come se la Roma avesse insieme un dovere e una missione (di ricordare e cercare di vincerla). Ranieri è stato il primo dell’AS Roma che dal 31 maggio, che non è mai stato il nostro giorno dopo, ci ha riportato in quel garage dove era rimasto soltanto un uomo a urlare per noi.
Noi che stiamo ancora lì e per uscirne aspettiamo qualcuno che ci venga a prendere. Almeno ieri è un po’ successo,almeno ieri non dico che è come avergli rigato la macchina - perché non si fa – ma come avergli sgonfiato una gomma a Taylor sì. Non è reato difendere la Roma. Come quando Mancini si è avvicinato all’arbitro e gli ha indicato lo stemma che portiamo sul petto e ha ricordato proprio Mou quando il suo primo giorno a Trigoria indicò sulla sciarpa il nostro simbolo: gli imbecilli continuano a guardare il dito, i romanisti la Lupa.
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