Cogito Ergo Sud

Lupi, non volatili

L'ultima di Totti, l'ultima di De Rossi allenatore, la prima di Mancini, il primo gol di Dovbyk, la 100esima di Dybala: contano solo 3 punti

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
17 Gennaio 2025 - 06:30

Roma-Genoa è un romanzo: l’ultima partita di Totti con l’ultimo pallone calciato sulla schiena di Laxalt che aveva il numero 93, l’anno in cui esordì Francesco, come a tirare l’ultima pallonata agli anni, alla sua storia, al tempo. 
In quel Roma-Genoa segnò De Rossi che ha vinto la sua ultima partita da allenatore contro il Genoa – era il 19 maggio 2024 – e che col Genoa ha allenato per l’ultima volta lasciando la Roma – senza saperlo – in vantaggio per sempre. A Genova, ma con la Samp, lui aveva segnato l’ultimo gol con la Roma, e neanche quello sapeva sarebbe stato l’ultimo. 

Non sapeva forse quanto sarebbe diventato romanista Gianluca Mancini quando ha giocato per la prima volta contro il Genoa con la maglia che adesso indossa come va indossata, non sappiamo nemmeno noi a quanti gol arriverà Artem Dovbyk che al Genoa ha segnato il suo primo gol, mentre sappiamo che Amedeo Amadei la prima volta che andò a vedere la Roma a Testaccio vide un Roma-Genoa, arrivando da Frascati con la bicicletta con cui portava il pane. Il nostro pane quotidiano c’è l’ha dato il Divino proprio col Genoa, ma era sempre Marassi, comunque qua e là, prima o ultima di tante storie dentro una storia, questa partita ha raccontato sempre meglio di altre cos’è la Roma. 

Forse l’esultanza strappandosi quasi insieme petto e maglietta di (ancora) De Rossi dopo il 3-2 al Genoa su rigore, correndo e strillando “Daje Roma Daje”, grido di battaglia del mitologico Dante del muretto, citato una settimana fa da Ranieri in conferenza (bello) è una delle immagini più chiare e care di cosa siamo.
Ma Roma-Genoa è un romanzo che è forse meglio non leggere, oggi vale tre punti che, per dignità, per risalire la classifica, per il morale, per le oltre 61.000 persone allo stadio, per tutti i romanisti che non ci stanno, valgono 100 come le partite che gioca con noi oggi Paulo Dybala.

L’artista che abbiamo in squadra da tre stagioni dando tanto, classe, il vantaggio più doloroso della nostra storia, perle, arte, tocchi, gol, assist, ma soprattutto attaccamento, come quel pallone lanciato in campo al derby. Non credo di aver voluto bene così tanto a un giocatore come in quell’attimo. Un campione del mondo, coi piedi che illuminano come Caravaggio, la faccia bambina, che si comporta come un ragazzino “svejo” di San Lorenzo in una partitella sul marciapiede di domenica mattina con le serrande come porte. 
Ecco giocatela così, vincete, con uno, due, tre palloni, sicuramente con due palle. Scusate la semantica, ma è periodo. Il Genoa c’ha pure il Grifone come simbolo: siamo Lupi, i volatili lasciamoli agli altri.

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