Fin che la barca (non) va
Più che all'ultima spiaggia, la barca che Juric vuole raddrizzare sembra già in mare aperto: ma da queste parti il mare di Roma è un'altra cosa
Più che all’ultima spiaggia, come gli è stato chiesto ieri, la barca che Juric vuole raddrizzare, parole sue, sembra già persa in mare aperto: ma da queste parti il mare di Roma è un’altra cosa. Oggi accontentiamoci di cominciare a uscire dalla tempesta: questo solo c’è in palio, non di più. In questa partita che si presenta ovattata, senza fascino, quasi disperata, necessaria ma, comunque andrà, insufficiente ad acquietare ansie, o a rasserenare orizzonti. È quasi blasfemo non emozionarsi quando gioca la Roma, persino in qualche amichevole quella specie di friccicorio lo senti quando vedi le maglie rosse, oggi si sentono troppe persone che questo Roma-Torino lo vivono quasi come un fastidio, o ben che va come un dovere. Eppure, oltre il senso della Roma per la Roma, Juric si gioca una panchina che già non sembra più sua, i giocatori devono giocare per la Roma che non sembrano sentire proprio loro. A Firenze oltre che la faccia e la partita, i calciatori della Roma non hanno messo amor proprio. Che poi l’amor proprio loro coincide, o dovrebbe coincidere, col nostro: la Roma.
C’è da vedere, e da sentire, poi, lo stadio Olimpico che è sempre il totale di tutto. Vedremo se sarà vuoto o pieno, chiassoso o silenzioso, triste o (inspiegabilmente) fiducioso. Sono tempi cupi, ci si è messa pure l’ora solare, sembra tutto fatto a caso o semplicemente trascurato; siamo ai tempi in cui il Viperetta scrive le lettere a Friedkin per rappresentare i romanisti. No! C’è qualcosa di profondamente sbagliato non tanto in quello che sta succedendo, ma in quello che ha portato a tutto questo. Si è perso il senso della Roma. Certi valori, certi riferimenti che devono essere, in questo mare, stella polare.
In questa settimana brutta, dei cinque gol presi a Firenze, del dolore sportivo, della (più o meno presunta) disaffezione, di una classifica indecente eccetera è successa una cosa bella. Al Tempio di Adriano in Piazza di Pietra, martedì è stata ufficialmente presentata l’Associazione di promozione sociale e sportiva intitolata ad Agostino Di Bartolomei. L’ha presentata suo figlio Luca, con tutte le istituzioni di questa città e con la presenza di gente “nostra”, come Franco Tancredi, Odoacre Chierico, Alberto Faccini, Damiano Tommasi, tanti tifosi “normali”, artisti, romanisti. Ogni anno questa associazione regalerà dieci borse di studio ai ragazzi delle famiglie meno benestanti della città. Perché anche lo sport costa troppo in Italia, e tanti ragazzini non se lo possono permettere. Adesso sì in nome di Ago. In nome di ciò che è la Roma. Noi siamo sempre stati questi qua. Martedì Luca, e non solo lui, di suo papà ha detto che in questi anni ognuno di noi nei momenti più difficili, da romanista, si è rivolto ad Agostino o a un suo Agostino. Ecco, questo è uno di quelli.
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