Il cuore contro il palo
Dopo nemmeno 10’ sotto la Sud il legno di Rizzitelli, a poco meno di 10’ dalla fine l’1-0 di Rizzitelli che non avrà tempo per la gloria, per il raddoppio, per la storia
"Il nostro amore, il vostro cuore, alzeranno la coppa, carica ragazzi”. Questo ha letto la Roma quando è entrata in campo quella sera del 22 maggio contro l’Inter per il ritorno della finale di Coppa Uefa. C’erano da recuperare due gol. A Milano avevamo perso 2-0 per colpa di Berti e di un rigore grossolano, davanti a tanti tanti romanisti. All’Olimpico c’erano tutti per la Roma. La Sud ha srotolato quei quattro striscioni al centro della curva, mentre poco più in alto comparivano giganti le lettere Spqr usate anche in un derby. E tutto attorno colore.
Al centro anche un po’ di viola, ai lati arancio e poi giallorosso nei Distinti e in Tevere (sfumato in arancione). La scenografia in (quasi) tutto lo stadio: così (quasi) com’era successo nell’86 con la Juventus, così come sanno fare soltanto i tifosi della Roma. Al centro un po’ di viola anche perché quella coppa sarebbe dovuta essere del suo presidente. Quaggiù si va allo stadio molto presto, al pomeriggio la Sud è piena come alla sera, come il giorno dopo addirittura (quando ci sarebbe stato l’epico addio al calcio di Bruno Conti).
Appena la Roma entra in campo, vede tutto questo e sente l’alè-oo che si cantava sempre una volta, o per festeggiare o come preambolo di una grande cosa. E quella partita era una grandissima cosa. La Roma aveva giocato una Coppa Uefa da favola, aveva eliminato il Benfica, vincendo a Lisbona dove i portoghesi non perdevano da anni; poi il Valencia, il Bordeaux, con triplette e doppiette “bionde” di Voeller e Gerolin, l’Anderlecht (con un’altra tripletta del tedesco), il Broendby all’ultimo tiro possibile e a Milano con l’Inter era stata sfortunata in certi episodi. Due gol da rimontare come col Dundee, è un’impresa simile. La Roma dà veramente tutto. Ma tutto. Oltre ai colori, ai fumogeni, agli striscioni dagli spalti, si sentono i cori del Commando, ma cantati da ogni parte dello stadio.
In campo la Roma gioca il primo pallone già come fosse l’ultimo. Iniziò come doveva fare, come soleva fare, com’era in quel tempo d’amore: una fiammata e ardore. Dopo nemmeno dieci minuti sotto la Sud il palo di Rizzitelli, a poco meno di dieci minuti dalla fine l’1-0 di Rizzitelli che non avrà tempo per la gloria, per il raddoppio, per la storia. Ma in mezzo c’è stata la Roma e anche oltre. Negli ultimi dieci minuti di partita Rizzitelli con un colpo di testa su punizione da sinistra di Salsano sfiora il 2-0: colpisce il pallone quasi in lacrime, tanta era la tensione, la voglia, il tempo che stringeva, lo stadio che urlava. Prima ancora Berthold aveva avuto la palla del vantaggio in tempi migliori, nel primo tempo Di Mauro e Voeller. Nela finisce senza fiato. Nela l’unico rimasto della finale del 1984. Quella era la terza finale europea della nostra storia, tutte giocate negli scontri decisivi all’Olimpico (Birmingham ’61 e Liverpool ’84). Allo stadio, oltre alla Roma, c’era il meglio del meglio del football mondiale. Sotto la Curva a fare da raccattapalle c’era anche un ragazzino delle giovanili che all’entrata in campo delle squadre teneva i palloncini in mano per la coreografia e che a fine partita si vede andarsene triste mentre Zenga esulta davanti a lui: Francesco Totti.
In tribuna c’erano Nils Liedholm e Sven Goran Eriksson che all’intervallo in diretta Rai faranno più o meno lo stesso commento: «La Roma sta dando tutto ma l’Inter tiene bene. Non è ancora finita, ma è dura. Tutto può comunque succedere». Non era dura, era di più: quella era l’Inter di Trapattoni e dei tedeschi, di Matthaeus, Brehme e Klinsmann. Noi avevamo il Tedesco che volava e che in quella Coppa Uefa lo aveva fatto più di tutti: era e sarebbe rimasto capocannoniere con 10 gol. Avevamo vinto 8 volte. Avevamo fatto tante cose importanti ma non ci era riuscito quel gol in più che ci avrebbe dato quello che quella squadra e quello stadio avrebbero meritato. Finirà con un “grazie lo stesso” e i giocatori della Roma in lacrime sotto la Sud. Rizzitelli era inconsolabile.
“Il nostro amore” e il loro cuore non l’hanno alzata la Coppa, ma quella notte e la notte dopo Roma e la Roma hanno dato definitivamente una lezione di tifo, passione e appartenenza. Anche con l’Inter lo stadio era pieno e l’incasso da record per il calcio italiano (oltre 4 miliardi). E il giorno dopo, all’Olimpico per l’addio di Bruno Conti c’erano perfino più persone. In campo c’era la Roma campione dell’83 col suo Capitano Agostino, con Conti che diceva addio nel posto dove 24 ore prima Totti raccoglieva i palloni per la Roma e lanciava i palloncini in cielo per la Sud… Sì, il nostro amore, il vostro cuore, alzeranno la Coppa.
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