Cogito Ergo Sud

"Noi tifosi"

La toppa e il vestito. Il raccordo anulare e le citazioni di Coelho. La Roma che è diventata grande è una Roma fedele a se stessa, non ha bisogno di spritz

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
10 Marzo 2019 - 10:06

Il primo tempo con l'Atalanta all'Olimpico, il secondo a Bergamo, il pari col Chievo sottozero, Bologna tra Mattiello e parate alla Lorieri in 90° minuto, la Spal in casa, l'Udinese in trasferta, il Cagliari all'Immacolata invece di Roma-Colonia, il niente di Plzen, il troppo di Firenze, Frosinone, quelli... Forse per la prima volta fa meno male ricordare questo frustrante rosario stagionale perché finalmente si è fatto qualcosa. Al netto del dispiacere e dell'eleganza dovuta verso gli addii di Di Francesco e Monchi. L'errore è stato intervenire tardi. Tardissimo. Non è un'opinione: bastava guarda'. Ora gli occhi sono stati aperti, è stata messa una toppa e forse la migliore possibile, ma è una toppa. Quello che conta è il vestito che la Roma indosserà non tanto da domani (forza Roma e basta contro l'Empoli, forza Roma e basta sempre) ma quello per la prossima stagione. C'è stato uno strappo e bisogna ricucire.

Fino a due anni fa la Roma è stata sempre in crescita, due anni fa ha fatto 87 punti arrivando a 4 dalla Juve. Il trend era chiaro. L'anno scorso per la prima volta c'è stato un passo indietro in campionato, ma la straordinarietà della Champions poteva ancora iscrivere quella stagione con un segno più. Quest'anno no. Quest'anno per la prima volta si è toppato più o meno tutto e sicuramente si è invertito il trend. È questo che fa paura: sono stati fatti troppi passi indietro per riprendere il filo smarrito? Lo stesso Monchi quando è stato preso era il dirigente più "in" e "cool" del calcio europeo, lo volevano tutti e lui scelse la Roma in un secondo. Oggi la Roma è ancora quel club che s'è presa il ds più vincente che c'era? La speranza è che il piglio decisionale finalmente netto della Roma sia un'epifania, sia il riprendere in mano un discorso interrotto o balbettato da un anno e mezzo. Che questi 100 giorni siano quelli che ci separano veramente da un'esame di maturità. Un ponte verso il futuro che per almeno un quinquennio sembrava sicuramente lì, prima o poi nostro, invece adesso è un'ipotesi fra le altre. Sicuramente nella "toppa" messa adesso c'è del buono, oltre al fatto stesso di metterla.

Sono bastate due parole di Ranieri messe in croce per capirlo.  Quel «la Roma è tutto», «è nel dna», «è la mia vita», è un sentimento romanista che va posto in primo piano e non confuso con altro o sottovalutato. La Roma bujaccara, sguaiata, per forza sboccata è una Roma che non amo, la Roma dei Ferrero, delle macchiette sembra quasi fatta apposta per mostrare il fianco a chi ci detesta, non la sopporto. Ma non sopporto nemmeno quella Roma snob che deve per forza dire o persino rivendicare di voler andare fuori dal raccordo anulare. Ma vacce te fori dal raccordo anulare. È provincialismo alla rovescia negare la bellezza e la grandezza di essere Roma e di essere della Roma. È la Roma che ha paura di se stessa, che fa a gara a essere la più fica ritagliandosi abiti alla moda per definizione "milanesi" e che così alla lunga scade in un sarcasmo da social spicciolo, punto di congiunzione con quell'altra Roma caricaturale (sarcasmo che non ha niente a che vedere col cinismo distaccato quasi bonario di una città che vede tutto da millenni). Negli ultimi anni questo è stato un limite. Ci si è nascosti un po' nel tecnicismo, nel "così va fatto", ma gestire la Roma è anche fare in qualche maniera politica. Parlare al popolo (e non avere l'orticaria quando si usa questa parola per esempio).

Quindi viva una Roma che non tanto ti sappia parlare, ma che semplicemente ti parli. Sono bastate due parole giuste messe in croce ieri da Ranieri perché sono parole riconoscibili: «Noi tifosi». È allo specchio. È un'equazione. Ovvio che non basta questo, ma meglio questo di sofismi, pseudo filosofie, citazioni alla Coelho e bovarismi vari. Che ve citate? Il 75% dei beni artistici sta' da ‘sti pizzi. Roma è Roma. Roma parla con Belli e Trilussa, ha la faccia della Magnani e di Sordi, e questa è la sua dimensione internazionale, la sua poesia, i suoi oscar, i suoi brand. La Roma che è diventata grande è una Roma fedele a se stessa, non ha bisogno di spritz. Saranno pure parole abili quelle di Ranieri, pure paracule chi lo sa, ma per i romanisti sono la verità. La Roma è nel dna, il futuro sta scritto là.

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