DNA vincente: l’ironia del Barone e il pianto di Mourinho
Sagace e preparatissimo, Liedholm aveva la serenità che hanno solo i più forti. Così diverso dagli altri: sia da José, sia da Capello
"Un giorno a San Siro tirai fortissimo, colpii la traversa e il pallone ritornò nella nostra area". "Un giorno sbagliai un passaggio, non succedeva da due anni e tutto lo stadio fece un “oohhh” di meraviglia". "Il possesso di palla è fondamentale: se tieni il pallone per 90 minuti, sei sicuro che l’avversario non segnerà mai un gol". "Gli schemi sono belli in allenamento: senza avversari riescono tutti".
Non servono altri aiuti o indizi per identificare il protagonista di tante battute. Non solo divertenti. Piene di saggezza calcistica. Nils Erik Liedholm, vice-campione del mondo nel 1958 con la Svezia. Soprattutto scudettato nel 1983 con la Roma di Agostino Di Bartolomei. Il Capitano, con il quale scambiava i segreti dello spogliatoio, e con il quale condivideva l’amore per l’arte moderna. Ieri Nils, poi Capello, oggi Mourinho. Ma lui è stato diverso da tutti. Forse si identificano i suoi successori come “sergenti di ferro”. Liedholm aveva la serenità dei forti, proprio per questo più duro degli altri due. Già.
Sebino Nela lo è, ma lo era ancor di più quando per tutti era “Picchiasebino”, finì due volte sotto la “scure” dello svedese di ghiaccio, inattaccabile come una quercia. Conferenza stampa: "Mister, Nela si lamenta perché lui che è mancino, ma è costretto a giocare a destra". Sì, in quella Roma a sinistra giocava un certo Aldo Maldera. Ciao Aldo. E Nils: "Nela? Joca molto bene a destra, Joca molto bene a sinistra. Joca molto bene anche in tribuna…". Impossibile, per un cronista che avesse un po’ di buonsenso e un pizzico di ironia, scatenare una polemica. Sarebbe uscito sconfitto. E, un giorno, Liedholm decise di non far giocare Sebino. Quale migliore occasione per fare un po’ di “rumore” mediatico? Nils mise in un angolo, in calcio d’angolo, i presenti: "Vi spiego perché oggi Sebino non joca. Lui è troppo in forma, corre il doppio dei compagni. E questa cosa ci danneggia, perché gli altri non riescono a tenere il suo ritmo. La squadra si sbilancia…". Provate a polemizzare se potete.
Solo i racconti dell’epoca possono farci capire quanto fosse grande la sua classe in campo. Chi lo ha visto allenare, anzi chi è stato allenato, ha “tremato” al cospetto di alcune sue “esibizioni”. Parlo di Albertone Ginulfi a metà degli Anni 70 e Franco Tancredi nella Roma dello Scudetto. Liedholm li sottoponeva, a fine allenamento, a una sorta di tiro al bersaglio. Avete presente la “botta” di Agostino? Bene, quel pallone dava proprio il senso della potenza. Era un pallone “pesante”. Diverso il modo di calciare di Liedholm, a partire dal piede: sinistro e non destro. Sul campo delle Tre Fontane, si piazzava ai 25 metri. Poi un fulmine, una saetta. Il suo tiro era come uno “schioppo”: forte, teso, violento. Quando colpiva la traversa il rumore era quello di un ramo che si spezzava. Pochi sapevano calciare come Liedholm.
Ecco, passando attraverso Fabio Capello, l’uomo del tris-Scudetto, dopo il 1942, 1983 e 2001, mascella digrignata e volto sempre teso, arriviamo allo Special di oggi. Aspettavamo anche Josè Mourinho, con la grinta del vincente di sempre. Ha mostrato la grinta e la rabbia del perdente in Conference, dopo i sei gol subìti dal Bodo e una squadra definita "non da serie A". Lo abbiamo ammirato quando ha alzato la Conference. Ma soprattutto quando ha lasciato la scena ai giocatori ed è rientrato piangendo, asciugandosi le lacrime. Un uomo di sessanta anni, finalmente in grado di mostrare i suoi sentimenti. Con il pudore che è riuscito a trovare alla sua età, libero di commuoversi davanti alle tv di tutto il mondo. Grande Mou. Con gli auguri di Nils e Fabio.
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