Capitani giallorossi: storie di antichi romani
L'articolo della rubrica "RomAntica" di Massimo Izzi, uscito su il Romanista del 18 settembre 2017
Romano, Capitano della Roma e Campione del Mondo. Daniele De Rossi? Attilio Ferraris IV, Bruno Conti? Francesco Totti? Fate voi, i dati combaciano e ci si può sbizzarrire a soggetto senza il timore di andare fuori tema. Però una piccola storia dei capitani romani della Roma ci sentiamo proprio di doverla scrivere. L'elenco ci porta a toccare personaggi come Agostino Di Bartolomei, Egidio Guarnacci, Fulvio Bernardini, Alberto Orlando, Franco Peccenini, Amedeo Amadei, Giancarlo De Sisti, Fabrizio Di Mauro, Stefano Desideri, Giovanni Corbyons, Paolo Jacobini, Francesco Rocca, Gianfranco Dell'Innocenti, Alberto Ginulfi, Giuseppe Giannini, Luigi Di Biagio, Alessandro Florenzi. Manca un buon portiere di riserva e questa squadra potrebbe tranquillamente lottare per la Champions League, come direbbero ad Oxford, con "la pipa in bocca".
Come è iniziata dunque la nostra storia? Se proprio volessimo prenderla alla larga, direi che occorre risalire ai tempi della Fortitudo e all'anno di grazia 1917. Le informazioni che riportiamo sono tramandate da un Bollettino che in quegli anni pionieristici veniva avventurosamente stampato dalla Società di Borgo. Si racconta che a Piazza Pia nell'ora di ricreazione gli alunni scendessero nel piazzale per giocare. Non c'era spazio per tutti e quindi si era formata una "formazione titolare". Gli esclusi mormoravano e allora il maestro decise di mettere in piedi una sfida tra "Titolari" ed "Esclusi". Tra questi ultimi c'era un bimbetto di 13 anni di nome Attilio Ferraris. Alla fine di quella "partita tremenda", a Ferraris venne chiesto di entrare nella formazione Boys della Fortitudo. Non passò che qualche settimana e il bollettino borghigiano pubblicò il seguente trafiletto: «La squadra dei Boys da qualche domenica non conosce insuccessi, e di ciò va dato merito a tutti i giocatori che si impegnano con entusiasmo per il trionfo dei colori sociali. Un vivo elogio soprattutto ad Attilio Ferraris IV che nel ruolo di centro sostegno si è rivelato il migliore tanto da meritare gli elogi dei dirigenti di squadre avversarie». Gli elogi e, aggiungiamo noi, il ruolo di capitano. Attilio lo tenne per dieci anni e al momento della nascita della Roma, nessuno, meno che meno Corbyons, mise in discussione che il capitano non avrebbe potuto che essere Attilio Ferraris IV.
Poi, il 17 maggio 1928, la notizia del ritorno di Fulvio Bernardini a Roma e nella Roma (notizia che aveva preso a gorgogliare sin dalla fondazione del Club e che si era tramutata in realtà in forza di un accordo che era stato trovato da Sacerdoti con l'Internazionale già da mesi), divenne ufficiale con una lettera indirizzata da Fulvio a Renato Sacerdoti e pubblicata dal Littoriale. La lettera diceva: «Caro Sacerdoti. La ringrazio vivamente per le buone parole a mio riguardo per l'accordo raggiunto. Vedrà che mi troverà sempre entusiasta per le migliori conquiste del calcio romano. Auguro alla nostra Società che per me sarà una nuova famiglia le migliori vittorie e le più belle affermazioni. I miei migliori saluti a lei e ai suoi colleghi di consiglio».
Bernardini era l'emblema stesso del calcio in Italia, in un momento in cui l'astro di Meazza stava ancora raggiungendo l'apice del suo splendore. In omaggio a quello che moralmente rappresentava l'approdo in giallorosso di Fulvio, si decise di affidargli il ruolo di capitano. Ferraris che lo conosceva da una vita e che con lui aveva condiviso l'esperienza delle Olimpiadi di Amsterdam (dove a quanto sembra i "due monelli" ne combinarono più di Carlo in Francia), non fece una piega. Dopo un periodo, però i "gradi" tornarono ad Attilio e i due si divisero l'onore-onere sempre da grandi amici. Per un omaggio doveroso, va anche precisato che nel primo anno della storia romanista, nell'amichevole con il Milan del 29 dicembre 1927, come testimoniato dai registri societari stilati da Vincenzo Biancone, il "Moschino" Corbyons fu capitano (e probabilmente ricoprì la carica anche nella gara con lo Spezia del 3 giugno 1928).
Sempre in quel primo anno, il 1° gennaio 1928, nell'amichevole con Lo Sporting Club Bastia, arrivò un premio per un altro romano a 300 carati. Stiamo parlando del fumantino Giovanni Degni. Il "Sor" Giovanni (così romanista che nel suo esercizio commerciale per diversi anni espose in vetrina il cardigan sociale che la Roma gli aveva consegnato all'inizio della sua avventura) non viene citato espressamente come capitano, ma una foto lo mostra inequivocabilmente guidare i compagni nel saluto prima dell'inizio della gara, al centro del campo, ed è abbastanza evidente (purtroppo in quegli anni non c'era l'usanza della fascia al braccio), che il ruolo fosse il suo. Ultimo romano tra i capitani della fondazione è il leggendario "Bibbitone" Mattei.
Anche qui ci manca la pistola fumante, ma il 27 maggio 1928 nell'amichevole contro il Genoa, Mattei era (assente chiaramente Ferraris IV), assieme a Chini, il giocatore con più presenze in giallorosso tra quelli in campo e quello più anziano. Per questo ci piace pensare (e ne siamo abbastanza certi), che l'onore spettò a lui. Tramontata la grande dinastia dei romani, il primo a raccogliere il testimone è il "frascatano" Amadei. Con continuità Amedeo raccoglierà la responsabilità dal 1944, ma già nel 1943 indossò per la prima volta la fascia, eletto democraticamente dai suoi compagni. La prima uscita avvenne il 5 dicembre del '43 in occasione di Roma-La Disperata davanti a 7 mila spettatori. Durante l'assurda squalifica di Amadei (per un calcio non dato ad un guardalinee … bah!), il Vice Capitano, Paolo Jacobini da Vigna Pia, al Portuense, ne rilevò il fardello. Jacobini era uno di quei Jolly che venivano utilizzati in tutti i ruoli, persino (e in più occasioni), in quello di portiere.
Accadde ad esempio contro il Liguria (8 novembre 1942), quando Masetti, subita la lussazione della spalla sinistra, fu costretto ad abbandonare per raggiungere l'ospedale. "Uccio" subentrò, senza ginocchiere e senza guanti. Incredibilmente, la prima da capitano la giocò il 26 marzo 1944, contro il Trastevere, sempre sostituendo Masetti influenzato sin dal primo minuto. Blason, il portiere di riserva (c'era la guerra) era partito perraggiungere la famiglia in Friuli. Giocatori e dirigenti si guardarono tra di loro smarriti: «E adesso?». Si fece allora avanti il ragazzo del Portuense: «Gioco io – narra Il Littoriale– e si mette in porta». Nei novanta minuti solo un'autorete di Ferioli lo "bucò" e, per chiudere, ci fu una terza partita, il 7 maggio 1944, in cui Masetti, infortunato alla solita spalla, si spostò a giocare all'ala sinistra. Correva il 33' del primo tempo. La Lazio aveva a disposizione 57 minuti per sbloccare lo 0-0. Non ci riuscì. Ennio Mantella sul Littoriale scrisse: «Se la Roma non avesse un giocatore come lui, dovrebbe fabbricarlo d'urgenza. Gioca dove gli si dice: da portiere, da terzino, da centrosostegno e via di questo passo. Ieri iniziò da mezz'ala, sostituendo poi Masetti. Fa tutto con disinvoltura, sicuro di nulla temere. È il più ragazzone di tutti, ed è bravo. Da portiere notammo ieri un suo correre dietro l apalla, come dimentico del nuovo posto che occupava». Anche "Uccio", lo avrete capito, fu uno di quei capitani di cui andare fieri.
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