Okaka si racconta: «Io, Conte, Conti e Ranieri. Ho un messaggio per Schick»
Intervista all'ex attaccante della Roma, ora in forza al Watford: «Il gol di tacco al Siena al 90’? Sul momento non mi resi conto, dovetti rivederlo»
Londra e Roma non sono così distanti quando questo spazio è attraversato dai ricordi. Stefano Okaka di memorie tinte di giallorosso ne ha accumulate molte negli anni. E benché da due stagioni vesta la maglia del Watford, club del nord-ovest di Londra che ha in Elton John il primo tifoso, gli anni nella Capitale sembrano suscitare ancora emozioni. A partire dallo Scudetto vinto con la Primavera, fino a quello sfiorato con i grandi. Trampolino che lo ha portato, gli anni seguenti, a vestire anche d'azzurro.
Esattamente due anni fa hai giocato la tua ultima partita in Nazionale, con la Germania.
«Sì, mi ricordo quella gara. Perdemmo 4-1, io entrai a partita in corso e feci l'assist per il gol di El Shaarawy».
Allenatore di quel gruppo era Antonio Conte. De Rossi si è detto ‘folgorato' dall'ex ct azzurro. È proprio così bravo?
«Sì, Conte ha un talento naturale. Riesce a farti fare cose in allenamento che poi in partita vengono in automatico. Poi nei rapporti dà importanza a tutti. Riesce a formare un gruppo che combatte l'uno per l'altro».
Oltre a De Rossi, tra i tuoi compagni di Nazionale, c'era anche Davide Astori.
«Era un ragazzo molto tranquillo e socievole. Parlava di tutto. Di lui ho un bel ricordo».
Dopo la mancata qualificazione al Mondiale, si riparte cercando un nuovo ct. Tra i candidati c'è anche Claudio Ranieri, che è stato tuo allenatore nella stagione 2009/10.
«Ho bellissimi ricordi. Lui aveva fiducia in me e mi faceva giocare. Ero giovane ma credeva nelle mie qualità, mi parlava come un padre. A gennaio passai al Fulham e purtroppo la Roma non riuscì a vincere lo Scudetto. La mia ultima partita fu quella con il Siena. Andai via perché era già stato tutto deciso».
Però facesti un gol importantissimo.
«Segnai di tacco, fu un'emozione pazzesca. Poi a quell'età. In quel momento non mi resi conto della reazione dei tifosi, poi rivedendo il gol mi tornò l'adrenalina. La curva sembrò venire giù».
Il tuo ultimo allenatore nella Roma è stato Luis Enrique. Ti aspettavi che potesse vincere tutto con il Barcellona?
«Sì, era un grande allenatore. Con personalità e idee. Non tutti i tecnici riescono ad emergere in determinati ambienti. Si vedeva che aveva del talento. Alla fine ha vinto quel che meritava».
Barcellona che sarà anche il prossimo avversario della Roma in Champions League.
«Col Barcellona è una sfida complicata, ma nel calcio non si sa mai. Se ne sentono tante, ma la partita non è ancora cominciata. Il resto sono solo chiacchiere. Aspettiamo le due gare e poi vedremo».
Più difficile senza Totti, che ora è dirigente. Il ruolo giusto per Francesco?
«Totti è una leggenda. La sua presenza dà una visibilità mondiale al club. Questo è un aspetto fondamentale anche per il business».
Ti piace Eusebio Di Francesco?
«Sì, mi piace molto. Tutti ne parlano benissimo, è un tecnico bravo in campo e anche nella gestione dei giocatori. Quando ero giovane, lui lavorava come team manager nella Roma. Mi voleva molto bene, mi dava tanti consigli».
Che dritte daresti a un giovane attaccante in difficoltà come Patrick Schick?
«Ha colpi da fuoriclasse. Lo si vede da come tocca il pallone, da come si muove. È solo una questione di tempo. Lo dico tre volte: bisogna aspettarlo, aspettarlo e aspettarlo. Quando si prendono giocatori giovani, non abituati a un certo tipo di piazza, è normale che si debba avere pazienza. Questo è il percorso di un giovane. Alla fine arriveranno i risultati, ne sono sicuro».
Chi ti ha aiutato a crescere come calciatore nella Roma?
«Bruno Conti mi ha aiutato tantissimo quando ero un giovane. Ero come un figlio per lui. Lo ringrazierò per tutta la vita per come si è comportato in determinate situazioni. Veramente una persona fantastica».
Dopo i campionati in Italia e una breve parentesi al Fulham sei andato all'Anderlecht. Quella è stata la tua migliore stagione?
«È stata una delle migliori, soprattutto per i gol segnati. Però a livello di prestazioni e d'impatto sulle gare, direi la Sampdoria».
Quindi il passaggio al Watford, dove sei tutt'ora. Buon inizio, qualche infortunio e poi...
«Questa stagione ho giocato la prima partita con il Liverpool facendo gol e ricevendo il premio di migliore in campo. La gara dopo sono finito in tribuna. Cosa avrei potuto fare di più? Poi ci sono anche altri dettagli, ma questo è il succo del discorso».
Pensato a un trasferimento?
«Sì ero vicino al Galatasaray a gennaio. Ma anche la scorsa estate sono stato ad un passo dal Siviglia. Poi le società non hanno trovato un accordo».
Quali sono le principali differenze tra Premier e Serie A?
«Sicuramente il ritmo. In Inghilterra è una cosa pazzesca. Selezionano giocatori con queste caratteristiche, non c'è mai una pausa».
Sei mai stato vittima di razzismo in campo?
«No, in Inghilterra rischi 2 anni di squalifica. In Italia mi è capitato quando ero più giovane>>.
Il tuo prossimo obiettivo?
«Finire la stagione alla grande. Poi vedremo quel che succederà»
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