Genoa-Roma 1983: oggi, 35 anni fa. Il giorno della nostra storia
Il gol di Pruzzo, il pareggio di Fiorini, il servizio d’ordine fatto dai tifosi, la fine, la gioia, la festa nello spogliatoio. E il sorriso di Ago
Dovete metterci quarantuno anni prima di questa riga, per cercare di capire questo Scudetto. Lo Scudetto 1982/83 della Roma Campione d'Italia. Quarantuno anni d'attesa. Quante vite ci sono in quarantuno anni? Quante Roma dentro? Quanti sogni? Quanto tutto?
Eppure nulla paragonabile al momento in cui poi è successo. Sì, è successo, l'abbiamo vinto. Lo Scudetto del post Mondiale 1982, lo Scudetto contro la Juve sulla carta più forte di sempre, agli inizi di questi anni Ottanta che sembrano i più belli per definizione, per antonomasia, gli anni delle maglie belle, degli stadi pieni, gli anni delle nostre canzoni. I migliori della vita di tutti i romanisti. E in questi anni, c'è questo giorno iniziato quarantuno anni e una notte prima.
Io la ricordo la notte prima di Genova. Si andava a Genova, che per noi non era città ostile. Genova per noi era un gemellaggio che già c'era da qualche anno, Genova per noi era sempre stato un altro Nord, un Nord a parte, sicuramente introverso ma non ostile. Da lì era arrivato Pruzzo, da lì Nela, lì aveva giocato Bruno Conti, in fondo da quella terra era arrivato persino Viola. Genova per noi era anche la coincidenza più felice possibile: ai rossoblù sarebbe bastato un punto per la salvezza aritmetica, esattamente quanto mancava alla Roma per il tricolore. Mai come per questa partita l'X sarebbe stata la sintesi perfetta. L'incrocio fra tutto.
Abbiamo avuto anche l'incredibile tempo per gustarcelo, questo Scudetto, persino il paradossale tempo – per chi aspetta già da quarantuno anni – di spizzarselo e mandare i pensieri più intimi ai luoghi e alle persone più care. Alle 10 dalle parti di San Lorenzo a Genova, a piazza De Ferrari già ci sono i primi tifosi della Roma con le bandiere. A mezzogiorno è previsto alle stazioni di Brignole e Porta di Principe l'arrivo dei treni da dalla Capitale. Sono tanti i romanisti che scendono. Sono tanti quelli che stanno per arrivare. La partita inizia alle 16 allo stadio Ferraris, zona Marassi, quella delle carceri. C'era solo aria di libertà quel giorno. Alle 13 arrivano "quelli di Testaccio", con un bandierone di 80 metri per 10: saranno tanti i lenzuoli con cui sarà avvolta e in cui dormirà per giorni e giorni Roma. Un'ora dopo un giornalista della «Gazzetta» segnala l'arrivo della famiglia Rossi da Fiumicino con una Ford Taunus: marito, moglie e quattro figli. Gli anni Ottanta erano anche queste famiglie, questi viaggi. C'è praticamente tutto il Commando Ultrà: c'era sempre stato, c'è sempre stato.
Dentro lo stadio le gradinate sono gonfie, le tribune (che a Genova si chiamano Distinti) ancora no: in campo i ragazzi della Sud e quelli della Fossa dei Grifoni rinnovano il gemellaggio, con un giro da porta a porta, un bandierone rossoblù tenuto da quattro mani in orizzontale, e due bandieroni romanisti a sventolare. Non manca niente. Si inizia. La radiocronaca di Tutto il Calcio minuto per minuto la fa Enrico Ameri, che in quegli anni passa anche per juventino e invece era un autentico genoano. Per il commento della Rai, che avrebbe trasmesso le prime immagini nel pomeriggio per la partita registrata (un tempo), c'è la voce di Nando Martellini. Inviato, Gian Piero Galeazzi.
Alle 15:45 la sciarpata unisce tutto lo stadio, in molte zone i tifosi sono mischiati. Manca un quarto d'ora e ci si potrebbe perdere in quel mare. In tribuna c'è Masetti, che è primo portiere, perché lui c'era quarantuno anni prima e ci dev'essere anche adesso. Ecco le 16. Vediamo che succede: nessuno pensa a sorprese, però in certi momenti l'animo umano fa vedere quanto è umano e immagina cose che non si sarebbe mai sognato prima. Ecco, forse è questo: è arrivato il momento del sogno.
Il gol di Pruzzo
La Roma splendidamente in bianco non delude, trotta ma è il suo ritmo, mantiene il pallone ma è il suo gioco, e affonda. La prima azione pericolosa parte da sinistra con Nela che serve in profondità Bruno Conti: cross e Pruzzo viene anticipato in angolo. Sembra fatto apposta, tre ex genoani. È il 20', calcio d'angolo di Conti dalla nostra destra, palla respinta fuori area dove c'è il Capitano, Agostino Di Bartolomei. Un tocco per prendere il pallone, un altro per aggiustarselo e il terzo per lo spiovente leggermente spostato da sinistra verso il centro. E al centro c'è il 9, c'è l'attaccante che ha sempre fatto gol e il primo della sua vita in serie A proprio col Genoa, alla Roma. Al centro "Ecce Bomber" salta e gira di testa una traiettoria perfetta che va all'angolo alto, alla destra di Silvano Martina, uno che oggi fa il procuratore di Gigi Buffon, ma per noi rimarrà sempre il portiere del Genoa. Gol. Uno a zero.
La Roma si abbraccia il suo attaccante, fa gruppo bianco attorno a questo vantaggio che, da una parte, stra-rassicura tutti, ma dall'altra rischia di valere come un guanto di sfida, di rompere un equilibrio fra colori e sentimenti che era stato comunque perfetto. La Roma lo capisce. La Roma lo sa. I tifosi pure. Erano la stessa cosa. Per questo quasi nessuno si scompone quando Giuliano Fiorini, a due minuti dalla fine, fa l'1-1, per questo Giuliano Fiorini segna l'1-1. Adesso basta, intervallo.
Adesso basta nel senso che l'intervallo è infinito. Non si ritorna in campo per giocare la partita ma per accompagnare il Genoa alla salvezza e Roma alla gioia più grande della loro vita. Nel secondo tempo Michele Nappi supera una volta la metà campo con l'intenzione di andare oltre, Onofri – romano, genoano e romanista – lo stende. Basta. Non succede più niente perché sta per succedere tutto.
Scriverà Lino Cascioli su «Il Messaggero»: "Ecco l'ora attesa per anni, in cui i fedelissimi hanno finalmente ragione. Senza osare ancora crederlo si ritrovano in migliaia sull'ultimo prato della loro interminabile attesa".
È dal 20' del secondo tempo che i tifosi della Roma hanno cominciato a scavalcare le barriere e a entrare a bordo campo. Non in campo, a bordo campo. È diverso. Mancano quattro minuti, mancano le parole adesso. Enrico Ameri:
"… È la fine! La Roma è campione d'Italia! Sono le 17:45".
Liedholm, il "Barone", con l'immagine sempiterna di Geppo, il "Poeta della Sud", che si abbraccia il suo allenatore. Galeazzi è lì e dice: «Bono, bono, ohe!, boni… Mister la cerco di salvarla dai suoi tifosi questo non è amore è incredibile».
Sì è incredibile. Lo spogliatoio, i canti di Conti e Righetti, Nela con la sigaretta, Pato che abbraccia Ancelotti, il sorriso del Bimbo, Viola che ci accompagna fuori dalla prigionia del sogno.
Paulo Roberto Falcao ha appena fatto la doccia ma anche, e soprattutto, in questo momento ti fa capire perché la Roma ha dovuto aspettare il suo arrivo per vincere lo Scudetto:
«Questo scudetto della Roma è una cosa grandissima, per me e per tutti. È stata la migliore Roma da quando sono Italia perché prima ci sono stati dei giocatori che hanno fatto del meglio, e allora io vorrei in questo momento dedicare e dire che la vittoria è pure di quella gente che era il primo anno con me qui, tanta gente non vorrei dimenticare qualcuno però come Turone, Scarnecchia, Santarini quella gente che con noi ha costruito questa squadra. Il merito non è di questa squadra, il merito è del campionato 80/81 e 82/83 (dice così sbagliando, ma siccome il dubbio che Falcao possa sbagliare lo lasciamo, lasciamo anche il presunto errore, nda), sono due campionati giocati bene senza vincere Scudetto, abbiamo appreso in esperienza e senz'altro quei giocatori senz'altro quasi la stessa cosa di questi giocatori che hanno vinto lo Scudetto».
Così, testuale. Non correggete niente. È tutto a posto. Agostino Di Bartolomei è con l'accappatoio, sorride. Di Bartolomei sorride. Gli chiedono di tirare lo somme di questo Scudetto perché è il Capitano. E lo fa: «Le somme sono che la Roma in tre campionati è la squadra che è stata più in testa di tutti quanti, la squadra che in tre campionati ha espresso il miglior gioco, ha colto lo Scudetto forse nel suo anno migliore quando c'è stata una sintesi un po' di tutte le cose. Ovviamente c'è grande entusiasmo per una città che arriva a questo titolo dopo quarantuno anni. È anche giusto».
Ovviamente c'è anche l'uscita dallo stadio alle 19, l'arrivo all'aeroporto alle 19:30, l'arrivo a Ciampino con 30.000 tifosi alle 21:15. Paese Sera è già uscito con l'edizione straordinaria (Ore 17:45 Campioni). Ma è anche giusto finire con le parole di Agostino. È anche santo. È anche santo, quel sorriso. Dopo quarantuno anni, metteteci l'eternità alla fine.
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