Il boato che chiude 90 minuti e apre gli Anni 90
Il 24 aprile 1991 il gol di Voeller contro i danesi del Broendby ci dà la vittoria 2-1 e la finale Uefa da dedicare al Presidente
Quarantadue minuti e quarantasette secondi di Roma-Broendby. In rima. O a coppia, come un cartone animato dei Superboys e di Holly e Benji, si avventano sul pallone Rudi Voeller e Ruggiero Rizzitelli. Non si sa chi tira, non si sa chi prende il pallone, l'uno o l'altro o tutte e due insieme, come la fotografia che immortala la borraccia fra Coppi e Bartali (chi l'ha passata a chi?). Ma siccome poi al 42' e 48" lo stadio scoppia, vola e s'innamora, è il Tedesco con la mezza girata che ha rigirato la partita, la qualificazione, la semifinale, la Coppa UEFA, tutto lo stadio.
Perché in quel Roma-Broendby del 24 aprile 1991, semifinale di ritorno della Coppa UEFA per club (andata a Copenaghen, 0-0, rassicurante solo sulla carta) in quel momento c'è stato uno dei boati più grandi mai fatti in uno stadio. Forse il più grande dei nostri anni Novanta.
La Roma attaccava, la Sud cantava, la Roma segnava nel primo tempo con Rizzitelli, poi per un'autorete di Nela il pareggio. La Roma attaccava e la Sud cantava di più, ma non segnava. Giocavamo alla grande ma non segnavamo, fino a quel momento, in cui ci stavamo giocando la terza finale europea della nostra storia.
Pomeriggio e non notte di Coppa UEFA, ma che pomeriggio! Che attesa! Che partita! La cosa più bella in quei giorni di vigilia la dirà il giorno prima Stefano "Ciccio" Desideri: «È sicuramente la partita più importante della mia carriera. Ero in Curva Sud il 25 aprile 1984 per la semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni contro il Dundee. Stavolta potremmo regalare ai nostri tifosi emozioni simili».
E le hanno regalate sempre in quella stagione di coppe senza troppi campioni, ma mai così come fino a quel momento, il momento di una percussione di Pellegrini, un colpo di testa di Berthold, un tiraccio al volo di Desideri ribattuto da "Super" Peter Schmeichel proprio sui piedi di Voeller e Rizzitelli, anzi di Voeller e di ogni romanista. «Gooool. Gooooool». E aggiungeteci tutte le o che volete, non saranno mai troppe.
In quell'attimo – come scrive il giorno dopo Massimo Gramellini su «La Stampa» – «il più grande e coraggioso centravanti al mondo gonfia la rete mentre Ottavio Bianchi fugge commosso negli spogliatoi, a gustarsi solitario le emozioni di una serata indimenticabile».
E mentre sta accadendo tutto e lo stadio continua a urlare, Alicicco entra in campo ad abbracciare i suoi ragazzi, Nela ha le braccia al cielo e lo sguardo estasiato di un San Sebastiano non sofferente, ma finalista della Coppa UEFA.
Voeller s'era stirato il 14 aprile, la Roma era a pezzi, orfana di tanti e di uno in particolare. L'Olimpico si stringe attorno alla sua squadra, colorando lo stadio con fumogeni alternati gialli e rossi per tutto l'impianto fino all'ingresso in campo, ma mai ha saputo scaldare la sua squadra come con quel boato al minuto 42 e 47 secondi. Per arrivare sicuramente lassù, dove stavano un'altra volta la Roma di Dino Viola e Dino Viola stesso. Insieme.
(Tratto da "Le cento partite che hanno fatto la storia della Roma" di Tonino Cagnucci e Massimo Izzi)
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