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27 marzo 1983, Fiorentina-Roma 2-2: un grido lungo tre minuti e quaranta secondi

Un passo decisivo verso lo Scudetto: andiamo al “Franchi” seguiti da 15mila tifosi, mentre il Torino compie un miracolo e ribalta il derby con la Juve da 0-2 a 3-2

PUBBLICATO DA Lorenzo Latini
27 Marzo 2018 - 09:15

C'è un filo che lega Firenze a Torino, il 27 marzo 1983. È un filo giallorosso, con sfumature granata, che lega Nils Liedholm a Eugenio Bersellini, Giuseppe Dossena a Paulo Roberto Falcão, Fortunato Torrisi a Roberto Pruzzo. È l'anno in cui la Roma torna al tricolore, dopo un'attesa durata quarantuno anni. Mancano cinque giornate alla fine del campionato e i giallorossi, reduci da un deludente 0-0 casalingo contro l'Udinese, sono in vetta alla classifica con tre punti di vantaggio sulla Juventus. Nella Capitale l'atmosfera è elettrica, quello che fino a pochi mesi prima sembrava soltanto un sogno si sta tramutando sempre più, domenica dopo domenica, in qualcosa di possibile, anzi, concreto.

Al 25esimo turno c'è l'ostacolo Fiorentina, sulla cui panchina siede Giancarlo De Sisti. "Picchio" è uno dei tanti romanisti protagonisti di quel pomeriggio così romanista. Il testa a testa a distanza con la Juve va in scena a partire dalle 15.30: noi andiamo al "Franchi", i bianconeri hanno il derby con il Torino di Eugenio Bersellini. È una giornata in cui saranno i minuti a fare la differenza: una fetta del campionato si decide nell'arco di 90', ma ne bastano molti meno per indirizzare lo Scudetto verso Roma, verso la Roma. Quasi che il Destino - o il Caso, fate voi - abbia già deciso tutto.

Marea giallorossa

Sono circa quindicimila i tifosi che decidono di seguire Conti e compagni in terra toscana: il Franchi sembra tramutarsi di colpo nell'Olimpico, un'intera curva brilla di giallo e di rosso, aiutata dal sole. C'è un sole particolare, quel giorno, a Firenze: una luce che sembra in grado di illuminare ogni cosa, una luce che potrebbe persino accecare. È la stessa che accenderà l'Olimpico il 15 maggio 1983, quando all'Olimpico arriverà il Torino e noi saremo già campioni. È la stessa luce del 17 giugno 2001, quando Totti, Montella e Batistuta ci riporteranno sul tetto d'Italia. Eppure, l'inizio è da dimenticare: Massaro ci punisce e cinque minuti dopo Paolo Rossi porta in vantaggio la Juventus al Comunale. La notizia del gol bianconero arriva rapidamente a Firenze, ma non c'è nemmeno il tempo di preoccuparsi, perché Pruzzo pareggia i conti. Per due minuti scarsi la Juve ci è stata ad un solo punto di distacco: da qui al termine della stagione, non riuscirà più ad avvicinarsi così. Tutto sta per cambiare, le due gare sono appena iniziate e le emozioni da vivere quel pomeriggio ancora non se le immagina nessuno.

All'intervallo i risultati dicono 1-1 al Franchi, 1-0 per la Juve di Trapattoni a Torino. I granata non sembrano avere speranze, contro la corazzata bianconera che schiera sei titolari dell'Italia Mundial più Platini e Boniek. Tutti si aspettano che la Vecchia Signora chiuda i conti in avvio di ripresa. Cosa che in effetti succede. Quasi in contemporanea con il gol del nostro vantaggio, peraltro. Chierico, appena entrato al posto di Pruzzo, viene atterrato in area da Contratto e l'arbitro Agnolin decreta il tiro dal dischetto. Senza Di Bartolomei e con O' Rey di Crocefieschi sostituito, dagli undici metri va Herbert Prohaska: tiro centrale, Galli si tuffa alla sua destra e la Roma è in vantaggio. Il boato che esplode nel cielo di Firenze ti fa sentire a casa, e poco importa se tre minuti dopo arriva la notizia di un altro rigore, concesso a Torino, grazie al quale Platini raddoppia.

Tre minuti. È un pomeriggio, quello del 27 marzo 1983, in cui i tre minuti faranno tutta la differenza del mondo. Tre minuti e quaranta secondi, per la precisione: tanto impiega il Toro a fare carne da macello dei bianconeri. Con il "vecchio cuore granata" c'è poco da scherzare. Eccolo, il filo che lega Roma e Torino, che lega la Roma al Torino. È un legame speciale: contro di loro abbiamo vinto tre Coppe Italia, contro di loro stiamo per celebrare il terzo scudetto della nostra storia, contro di loro segnerà il suo primo gol Daniele De Rossi e l'ultimo in Serie A Francesco Totti. Come se il nostro "rosso Roma" volesse sfumare in quel granata che così tanto somiglia al colore del sangue.

Miracolo granata

Il filo che lega Roma, Torino e Firenze si consuma in tre minuti e quaranta secondi. E non può essere un caso che tutto parta da Roberto Galbiati, che fino a pochi mesi prima vestiva la maglia viola: è lui a strappare palla a Scirea al 71' e a servire il cross per Dossena. Colpo di testa del centrocampista e Zoff è battuto. La corrida adesso sta prendendo tutt'altra piega. Le radioline che a Firenze sono sintonizzate su "Tutto il calcio minuto per minuto" si passano la voce e fanno da sottofondo ai canti dei tifosi romanisti. «Ha segnato il Toro! - si sparge la voce per tutto il Franchi -. Dossena! 2-1!». Ma la notizia non fa nemmeno in tempo ad arrivare a tutti i presenti, che il Toro sferra un'altra incornata, stavolta letale. Parte tutto da Dossena, sempre lui: palla per Beruatto che crossa dalla sinistra, Bonesso anticipa Brio e pareggia i conti. È il 72'. In un minuto, la squadra di Bersellini è passata dallo 0-2 al 2-2. Il tecnico punta un dito al cielo.

Il boato dei tifosi romanisti fa tremare lo stadio di Firenze, i giocatori giallorossi e i viola per un attimo sembrano quasi dimenticarsi che sono impegnati a loro volta in una partita altrettanto importante. Ma l'attenzione, in quei tre minuti e quaranta secondi che hanno ispirato un celebre libro, è tutta focalizzata su Torino. I quindicimila di fatto trasmigrano nel capoluogo piemontese, sperimentano per la prima volta una separazione tra anima e corpo. Sono fisicamente in Toscana, ma volano a quattrocento chilometri di distanza per spingere Zaccarelli e compagni verso il miracolo.

Basta poco, altri due giri di lancette. È proprio "Zacca" a servire van de Korput: l'olandese, che deve farsi perdonare il retropassaggio suicida che ha permesso a Rossi di sbloccare la gara, mette in mezzo. Dove c'è Fortunato Torrisi, che da piccolo tifava Roma. È solo, i difensori bianconeri se lo sono dimenticati nel cuore dell'area: lui si coordina e con una mezza sforbiciata spedisce il pallone nell'angolino. È la bolgia. Un boato che va da Torino a Firenze, fino a Roma. Tanto che l'autorete di Ancelotti, che a 10' dalla fine regala il pari alla Fiorentina, passa quasi in secondo piano. Siamo a +5, lo Scudetto praticamente in tasca. Avremo modo di ringraziare il Toro. Lo faremo all'Olimpico, il 15 maggio. Quando saremo già campioni d'Italia.

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