La botta al volo del tedesco che vola
Voeller apre le danze con un gol straordinario. È la stagione dell’addio a Dino Viola
Una palombella lunghissima, dalla trequarti al centro dell’area di rigore. Un volo del pallone come un aquilone, a guardarlo come fanno i ragazzini del parco per poi però colpirlo con una sassata, quasi all’improvviso, col collo del piede destro e spedirlo direttamente nello spazio. O sotto al sette indifeso da un inutile portiere della Fiorentina. Col numero 9. Il 9 settembre del primo anno degli odiosi Anni 90. È il primo gol della Roma nel “nuovo” Olimpico (sigh) quello figlio (figliastro) dei Mondiali che hanno rovinato gli stadi in Italia, quello con i seggiolini celesti (super sigh) e la copertura al sole: la prima partita di Aldair con la maglia della Roma in Serie A, la prima partita di Ottavio Bianchi che non è vero che la Roma c’ha rovinato (anzi), la prima partita di Rudi Voeller Campione del Mondo. La volta prima s’era preso con la Germania il Mondiale con un rigore argentino proprio sotto quella curva, questa volta qua era giusto cominciarla quasi alla stessa maniera in quella direzione ostinata e contraria (la Nord). Il tedesco che vola che colpisce al volo il pallone che vola: paff bum, estendendosi in acrobazia, secca, perentoria, plastica. Alla “tedesca” quel gol non può valere solo un punto, solo il vantaggio della Roma contro la Fiorentina di Lazaroni, la prima senza Baggio, ma almeno la promessa di una stagione memorabile: finirà 4-0 e col primo posto nella classifica delle statistiche mondiali. Gramellini sulla Stampa il giorno dopo parla di possibile Scudetto, la Roma arriverà nona, ma un punto sopra alla Lazio e soprattutto in finale di una Coppa Uefa fantastica e più difficile di un Mondiale e persa solo per un rigore inventato a Milano (lontana, lontanissima dalla mia terra) a strafavore dell’Inter. Ma con una Coppa Italia sotto al nostro cielo di Genova, stavolta contro la Samp, dopo un rigore a palombella (cortissima) proprio di Rudi Voeller, alzata al cielo dalla Signora (per davvero e per sempre) Flora Viola sull’unico gesto romanista fatto da Ciarrapico: lasciargliela alzare. Era per l’ultima Roma di Dino Viola, morto all’inizio del primo anno di questi odiosi Anni 90 (vinceremo solo quella Coppa Italia prima del 17 giugno quando saranno già i 2000). I migliori anni della nostra vita ce li aveva appena regalati lui. Un bacio al cielo, dov’è finito quel pallone in volo. Una palombella infinita.
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