Il 1° derby per sempre
La Lazio in ritiro a Grottaferrata, la Roma al centro città, si gioca in "casa" loro ma allo stadio ci sono solo romanisti: Roma tifa se stessa. E vince al 73’ con Volk

Dal Messaggero del 6 dicembre 1929, nell’articolo La lotta tra aquile laziali e Lupi romanisti, riporta:
“Una sola attesa domina gli ambienti della Capitale da qualche giorno a questa parte: un solo avvenimento tiene avvinto l’interessamento, domina nelle discussioni, fa vibrare d’impazienza migliaia di persone: dopo molti anni di sospensione domenica riavremmo il derby del calcio romano”.
L’attesa del derby è infuocata. Non ci sono solo le antiche rivalità tra i biancocelesti e gli ex albini, fortitudini e del Roman (e sarebbe bastato questo a rendere incandescente l’atmosfera): uno dei fattori più forti di tensione è la presenza di una folta colonia di ex. Nelle file della Lazio, infatti, hanno trovato una maglia Luigi Ziroli, Danilo Sbrana, Leopoldo Caimmi e Pietro Piselli.
Risponde a questa nutrita colonia di ex dal dente avvelenato un solo romanista che aveva vestito i colori biancocelesti. Si tratta, però, di Fulvio Bernardini, che nella prima metà degli Anni Venti era stato il vessillifero, l’idolo e il simbolo incontrastato della squadra laziale. “Fuffo” aveva vissuto la sua intera storia biancoceleste all’insegna del dilettantismo, non percependo cioè nessun compenso. Aveva poi scoperto che la sua società elargiva a molti dei suoi compagni premi in denaro “in nero”. La sua reazione di sdegno lo aveva portato alla drastica scelta di abbandonare la squadra, ma la vicenda si era trascinata amaramente, non risparmiando dapprima pressioni sulla famiglia Bernardini e, in un secondo momento, vista l’assoluta determinazione del campionissimo romano, l’imposizione di una forte penale (20.000 lire). Bernardini la pagherà alla Lazio pretendendo tuttavia l’istituzione di un jury d’onore che lo esenti dall’avere rapporti diretti con il suo vecchio Club.
Fatta questa premessa, si comprende facilmente cosa rappresentasse per il nume tutelare della Roma di Testaccio la sfida contro i vecchi compagni, con i quali rifiuterà persino di farsi fotografare all’inizio del match.
Per sfuggire alla pressione della gara, la Lazio si era rifugiata a Grottaferrata, presso Villa Cicerone. È qui che Sclavi, il portiere biancoceleste, verrà raggiunto da un inviato del «Messaggero», a cui confiderà le sue sensazioni pre-gara: «La vigilia di ogni grande incontro mi ha sempre trovato preda di una specie di nervosismo. (…) Debbo confessare che alla vigilia della grande partita che sarà giocata domenica prossima alla Rondinella questa specie di nervosismo tradizionale non è venuto». Lo stesso reporter, rientrato in città, non deve faticare molto per scovare i Lupi.
Sacerdoti ha detto ai quattro venti che tutta la città è con la Roma e non intende mandare in esilio i suoi ragazzi. Quindi i giallorossi si sono accasati a Via Gaeta 64, presso la Villa delle Rose, a quattro passi dalla Stazione Termini. Non proprio un eremo, insomma.
Venerdì 6 dicembre la squadra è appena tornata da un allenamento a Villa Umberto, quando a Ballante, per fare da pendant con l’estremo difensore avversario, viene chiesto di dire la sua: «Posso assicurare agli sportivi romani che tanto la mia modesta persona quanto quella di tutti i componenti della mia squadra daranno tutte le loro energie e tutte le loro possibilità per il conseguimento di quella vittoria che rappresenterebbe per noi il più ambito trofeo del presente campionato».
La Lazio, intanto, ha già diramato un comunicato ufficiale in cui, «data la limitata capienza delle tribune del campo della Rondinella», abolisce i biglietti d’invito. I preziosi tagliandi d’ingresso vengono quindi messi in vendita (a prezzo sensibilmente maggiorato) la mattina della domenica al Bar Lisotti e al botteghino della Rondinella. Vanno esauriti in tre ore. Alle 12:45 i cancelli dello stadio si aprono. La quasi totalità dei presenti (compreso Italo Foschi, tornato a Roma appositamente per assistere alla gara) sono lì per sostenere i giallorossi.
La superiorità romanista è chiara sin dal primo tempo quando i legni di Sclavi (che forse inizia a essere almeno un po’ nervoso) tremano sui tiri di Volk e di Benatti; per la Lazio, che pure combatte in modo aspro e tenace, c’è solo il brivido di un gol annullato al 30’, con Ziroli che si aggiusta platealmente con la mano il pallone ricevuto da Sbrana.
Poi, a poco più di un quarto d’ora dalla fine, Ferraris va via di forza a Malatesta e serve Volk. Rudy si fa incontro alla palla con le spalle alla porta: il suo autentico marchio di fabbrica. Bottaccini e Saraceni si avventano su di lui mentre il centravanti fa sfilare il pallone sulla destra, poi si volta e fulmina in rete incrociando sull’angolo opposto. È il gol che decide l’incontro. Volk è «soffocato dagli abbracci dei compagni»: il derby della Capitale ha trovato il suo padrone. Per sempre.
IL TABELLINO
Lazio: Sclavi, Saraceni II, Bottaccini, Pardini, Furlani, Caimmi, Ziroli, Spivach, Pastore, Malatesta, Sbrana. All: Piselli.
Roma: Ballante, Barzan, De Micheli, Ferraris IV, Degni, Carpi, Benatti, Dalle Vedove, Volk, Corsanini, Chini Luduena.All: Burgess.
Arbitro: Carraro di Padova.
Marcatore: 28’st Volk.
(Tratto da “Le 100 partite che hanno fatto la storia dell’AS Roma”, Newton Comptondi Massimo Izzi e Tonino Cagnucci)
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