La Roma si blinda
Il campo di Sedriano vietato alla vista di tifosi, bambini e cronisti. De Rossi migliora ma non ci sarà neanche domani. Quei lupi alla ricerca di identità
La forza del lupo è il branco. La forza del branco è il lupo. È lo slogan che appare alla fine, l'ultima immagine che ci si porta dietro a vedere la Roma che lascia l'impianto di Sedriano, vicino Milano, dove ha scelto di allenarsi ieri, nel post-Inter, e oggi pomeriggio, nel pre-Samp. Lo slogan campeggia in bella vista sul retro del pullman sociale, bello, nero, lucido, con un'effigie di un lupo che ti guarda dritto negli occhi e ti entra nel cuore. L'immagine che amava dare di sé questa squadra quando giocava come nel primo tempo di San Siro ma durava una partita intera. Adesso, invece, tre mesi dopo Stamford Bridge, il lupo non trova forza nel branco e il branco non trova forza in ogni singolo lupo. Che cosa può essere successo è materia che Di Francesco sta provando a studiare con la caducità di certezze che il calcio sempre porta con sé. Intanto la Roma ha scelto di blindarsi anche qui, in questo paesotto di 11.000 anime sulla strada per Novara, a una trentina di chilometri a ovest di Milano.
Alla porta un inflessibile carabiniere regge strenuamente l'impatto con venti tifosi, un paio di genitori con bambini e cinque cronisti. Dentro è passato solo qualche fortunato che con l'AC Sedriano vanta evidentemente impareggiabili aderenze e adesso se la ride in tribuna mentre il carabiniere e un paio di poliziotti della polizia provinciale lungo l'altro muro di cinta vietano ai passanti di fermarsi a sbirciare le evoluzioni sul campo di Hector Moreno e Antonucci: «Però - fa la più gioviale degli inflessibili - se passando gettate un occhio non possiamo certo impedirvelo». E allora non resistiamo e proviamo a vedere che succede lì dentro, ma non riusciamo proprio a capire, neanche guardando questa partitella su campo ridotto, che cosa sia successo alla bella Roma nostra di qualche settimana fa.
E allora torniamo all'ingresso principale, lì dove la ventina di ragazzotti adesso si è avvicinata al pullman e attende con discrezione l'uscita dei giocatori. Quando il lavoro sul campo è finito sembrano tutti aver fretta all'improvviso, ma qualcuno ha meno fretta di altri e si dedica al rito degli autografi: Pellegrini, El Shaarawy, Schick, Di Francesco. Dzeko passa e neanche guarda sul muro di cinta dove un papà forzuto tiene appesi due bimbetti belli e biondi ognuno con la sua bella casacca ufficiale con dietro scritto Dzeko 9. Il papà ci prova: «Edin, non sono andati a scuola per venire a farsi fare una firma da te. Vieni, per favore». Edin non sente, o pensa ad altre firme, o ha semplicemente la testa altrove e i bimbetti restano lì, appesi, mentre il papà è il più deluso e dall'altra parte del gruppo uno grida «Forza Inter» e poi ancora di peggio, ripicca perché Dzeko non è venuto.
Dal campo non emergono novità, De Rossi migliora ma lavora solo in palestra e quindi non ci sarà neanche domani sera, Nainggolan rifiata come tutti quelli che hanno giocato a San Siro, e speriamo faccia bene a tutti rifiatare anche se ci vuole proprio uno sforzo di immaginazione per credere che 70 ore dopo quel secondo tempo tremebondo quel gruppo di giocatori diventino un branco di lupi pronti ad azzannare la Sampdoria. Poi il pullman lentamente se ne va, e dopo dieci minuti arriverà davanti all'albergo di Cornaredo, dove la squadra, consumato il pranzo, si è murata in attesa dell'uscita successiva, che da programma è per oggi pomeriggio. Alle 13, invece, la conferenza stampa di Di Francesco. Il capobranco.
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