Stadio della Roma: 3000 giorni di attesa
Furono valutati 80 siti e emerse Tor di Valle, nel 2014 il primo progetto poi presentato a Marino. È l’opera che servirà al club e al calcio dopo il Covid-19
3000 giorni. 72000 ore. 4 milioni e 320 mila minuti. Un calcolo se volete approssimativo, ma che rende bene l'idea dell'enormità di tempo passata da quando la Roma ha mosso i primi passi per provare a regalarsi e regalarci quella casa che aspettiamo da molto, troppo, tempo. Per qualcuno magari sarà anche inutile ricordare come la città e la sua squadra sogni uno stadio di proprietà da ben prima dell'arrivo degli americani. Ma non per noi. Noi che ricordiamo benissimo come per questo si batté strenuamente il presidente Dino Viola, che arrivò vicinissimo al risultato.
Alla fine degli Anni 80 Viola si vide negata ancora una volta (la terza) l'autorizzazione per la costruzione di uno stadio alla Magliana, con un dietrofront improvviso e inspiegabile del Comune, che invece preferì ristrutturare l'Olimpico. Fu un duro colpo per il presidente e per le ambizioni della Roma, che da lì visse un periodo di crisi, di risultati e soprattutto societari, con la morte dell'ingegnere e la presidenza Ciarrapico. Oggi il clima appare diverso e le condizioni sembrano decisamente più propizie. Ma tutto questo non nasce dal nulla. Nasce ovviamente dalle visioni di Viola, ma anche e soprattutto dal lavoro instancabile di una dirigenza che in questo progetto ha sempre creduto. Da quando nel febbraio del 2012 vennero completate le relazioni relative alle analisi dei siti da parte di Cushman & Wakefield, leader nel settore immobiliare in Italia e nel mondo, società individuata dalla Roma e dal Presidente Pallotta per quella prima fase.
Otto anni fa
Cushman & Wakefield passarono al vaglio nei mesi successivi 80 possibili siti, dai quali emerse l'area di Tor di Valle solo nel dicembre dello stesso anno. Un fatto che, come vi abbiamo raccontato recentemente si deve anche alla perseveranza di quello che era il proprietario dell'ex ippodromo, Gaetano Papalia, che sottopose l'idea direttamente a Cushman & Wakefield. L'iter poi ha visto l'ingaggio dell'architetto Dan Meis e dell'ingegnere Scott Ferebee (e con loro ad oggi oltre 500 professionisti di fama mondiale sono stati coinvolti) per la progettazione dello stadio nel gennaio del 2013. E poi ancora la presentazione del primo progetto nella primavera del 2014, l'approvazione della delibera di pubblico interesse targata Ignazio Marino nel dicembre del 2014, la prima Conferenza dei Servizi quando si era già insediata Virginia Raggi a giugno del 2016.
E poi la crisi della fine del 2016, la novazione del progetto nel febbraio del 2017, con il taglio delle torri di Libeskind, l'approvazione di una seconda delibera di pubblico interesse nel giugno dello stesso e la seconda Conferenza, che ha approvato in via definitiva il progetto ormai a gennaio del 2018. Un progetto che da allora sembrava destinato finalmente ad un percorso agevolato, ma che è stato bruscamente interrotto dalle presunte (perché tali restano fino al pronunciamento di un giudice) manovre spericolate di Luca Parnasi, che nel giugno del 2018 davvero hanno rischiato di far saltare tutto. Ma anche qui la perseveranza della dirigenza giallorossa ha permesso di realizzare l'insperabile. E dopo stop, verifiche varie e a vario titolo comprensibili, tentennamenti e parziali ripensamenti, si è arrivati ad un punto di sostanziale accordo. Ormai le parti hanno finalmente completato il lavoro di preparazione dei documenti che permetteranno la costruzione del nuovo impianto del club.
Ricavi e posti di lavoro
Mancano solo dettagli di poco conto che verranno definiti alla ripresa delle attività piene della pubblica amministrazione capitolina, dopo la conclusione della prima fase di emergenza per il Coronavirus, presumibilmente il prossimo mese. Fatto questo che permetterà di chiamare al voto l'Assemblea di Roma Capitale. Un voto che verrà articolato per quel che riguarda la Convenzione (il contratto tra pubblico e privato) su quattro documenti distinti che regoleranno i lavori sull'area di Tor di Valle. I primi tre saranno tra Campidoglio e Regione Lazio sulla Ferrovia Roma-Lido, tra Campidoglio e Città Metropolitana sull'unione di via del Mare e via Ostiense, ed infine tra proponenti e Acea sull'impianto di depurazione di Roma Sud.
Questi tre testi, una volta approvati, confluiranno nel testo definitivo della Convenzione tra privati e Campidoglio. A questi si deve aggiungere la Variante al Piano Regolatore Generale, il cui testo è pronto da mesi ormai. E l'importanza del nuovo impianto oggi, davvero finalmente, sembra non essere messa in discussione da nessuno. E paradossalmente proprio in questo periodo, in cui le misure di restrizione degli appuntamenti di massa, come una partita di calcio davanti a un pubblico festante, fanno apparire sfocato (almeno) il sogno del nuovo stadio, invece l'ambizione giallorossa trova maggiore forza. Perché un impianto di proprietà rappresenta, non solo e non tanto per la Roma, ma più in generale per il calcio italiano, l'unico modo per concretizzare una ripresa altrimenti difficile. Ne è consapevole la Roma, come lo sono Pallotta e Dan Friedkin, o la sindaca Virginia Raggi. Un impianto moderno che possa garantire posti di lavoro e introiti certi, ma anche quella sicurezza (anche sanitaria) oggi sempre più indispensabile. Uno stadio per il futuro. Di Roma e della Roma.
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