Società, lo stadio è centrale: Friedkin chiama Raggi

Una risposta definitiva su Tor di Valle può avere un peso determinante sul costo della società giallorossa. Ma prima il sindaco deve risolvere la questione dei rifiuti

PUBBLICATO DA Piero Torri
15 Dicembre 2019 - 08:35

Tra Friedkin e Pallotta, di mezzo c'è la Raggi. Pure qui? Pure qui. Come se non bastasse tutto il resto. Eppure nella trattativa tra i due imprenditori americani con al centro il pacchetto di maggioranza della Roma, il convitato di pietra e poi mica tanto di pietra, è proprio il sindaco della nostra meravigliosa quanto bistrattata città. Perché tra i numeri che le parti stanno facendo avendo come obiettivo quello di trovare un punto d'incontro che soddisfi chi vende e chi compra, quei numeri, per una buona parte, saranno determinati proprio da Virginia vostra. Il fatto è che non tutto ma parecchio sulla valutazione della Roma ruota intorno alla questione stadio, in piedi da quasi otto anni senza ancora che si sia riusciti ad arrivare a una risposta definitiva (anzi di risposte ce ne sono state due da altrettante Conferenze dei servizi ma pare che se ne siano dimenticati). Per due ragioni non così difficili da comprendere: 1) una Roma con il sì alla costruzione dello stadio inevitabilmente avrebbe un valore quindi un costo superiore quantificabile in una cifra non inferiore ai centocinquanta milioni che non sono certo bruscolini; 2) in questi quasi otto anni di iter burocratico troppo spesso colpevolmente interrotto da puntate di oggi le comiche, Pallotta and partners hanno speso oltre ottanta milioni di euro e questi ottanta milioni Jimmy li ha messi sul piatto (a meno che non rimanga all'interno della Roma con una quota di minoranza cosa, peraltro, che non è da escludere per niente anche perché l'idea di uscire dalla questione stadio dopo essere arrivato a un passo dal sì definitivo, è un'idea che non gli piace neppure un po').

Le tempistiche

È su questi numeri che la trattativa è entrata in una fase in cui, come dice qualcuno molto vicino al deal, un giorno sembra che si stia con le penne in mano per le firme, il giorno dopo, al contrario, le penne non sono neppure presenti sul tavolo del faccia a faccia. Ed è qui che entra in gioco la dottoressa Raggi con la vicenda stadio. Vicenda che entrambe le parti, proponenti e Comune, hanno fatto sapere di essere vicinissima alla fumata bianca, «mancano soltanto le virgole», con tanto di confidenza istituzionale che sussurra come si sia ormai alla vigilia di un comunicato ufficiale del Comune, «quasi sicuramente prima di Natale». Sì, ma quando? Mistero. Legato, peraltro, all'annosa e grave questione dei rifiuti della nostra città. Ovvero: il sindaco prima di fare qualsiasi dichiarazione sullo stadio che verrà, ritiene che si debba risolvere il problema della monnezza per una questione di opportunità, non volendo correre il rischio che qualcuno possa alzare la voce dicendo che la Raggi prima ha pensato allo stadio, poi ai rifiuti. È la politica, anzi dovrebbe essere la politica, ragazzi. E allora bisogna aspettare. Poco, garantiscono sempre le voci di dentro, perché c'è la necessità di trovare una soluzione alla questione rifiuti. Una volta trovata, si spera, il primo cittadino potrà presentarsi davanti a telecamere, microfoni e taccuini per la fumata bianca a proposito dello stadio. A quel punto, sempre che ci si arrivi e consentiteci di andare con i piedi di piombo visto tutto quello che è successo a proposito dello stadio giallorosso, anche la trattativa tra i due imprenditori americani potrà tornare alla fase delle penne in mano. Del resto la due diligence sta arrivando al capolinea anche per quel che riguarda l'ultima fase, quella legale, dopo sarà soltanto una questione di cash e di percentuali di acquisto del pacchetto di maggioranza. Perché come sanno anche i bambini delle scuole elementari, acquistare il cinquantuno per cento vuol dire diventare il proprietario, quello che decide il futuro della Roma. E Friedkin non è tipo che fa decidere ad altri.

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