La storia di Nura, ex calciatore a 22 anni: «Sognavo Trigoria»
«Qui ho imparato tantissimo, sono cresciuto e sono felice del nuovo ruolo. La vita non sempre va dritta: un giorno il dottore mi ha detto che non potevo più giocare»
Ha raccontato una bella storia di Natale Abdullahi Nura, nei giorni scorsi a Roma Tv, anche se probabilmente come finale avrebbe preferito quello di una favola, il ragazzo che viene a cercare fortuna dalla Nigeria, con un suo amico, riuscendo a diventare un calciatore professionista di alto livello. Glielo prevedevano in tanti, da quando trascinò lo Spezia Primavera per la prima volta nella storia alle finali scudetto, insieme all'amico Sadiq Umar. Laterale destro e centravanti, misero in croce la Roma di Alberto De Rossi, che però aveva un livello medio più alto: vennero eliminati, mesi dopo erano a Trigoria.
Giocò 13 partite su 14 Nura, e quella mancante era già in panchina con la prima squadra: quando l'esordio sembrava questione di una o due partite dovette fermarsi per un'aritmia cardiaca, che gli fece perdere l'idoneità agonistica. A febbraio gli fu ridata e tornò in campo, a marzo si fece male di nuovo, rompendosi il crociato posteriore. L'inizio di un calvario: per mesi Nura finì in un limbo, troppo esperto e bravo per la Primavera, troppo acerbo per la prima squadra. Pronto per la serie B, magari: passò al Perugia, giocò tre partite, dal 2 al 24 febbraio 2018, poi emersero nuovi valori anomali, un'ipertrofia del muscolo cardiaco che gli tolse nuovamente l'idoneità.
Ad aprile, più di un anno dopo, annunciò quello che era ormai tristemente chiaro da tempo: che la sua carriera finiva quel giorno, e non ci sarebbe stato ritorno. Il suo contratto era stato rinnovato fino al 2021 a settembre 2017: quattro mesi dopo, persa l'idoneità, la società giallorossa avrebbe già potuto risolverlo, lo ha fatto solamente il mese scorso, dopo avergli trovato un nuovo incarico, ambasciatore di Roma Cares e osservatore del settore giovanile, alle dipendenze di Bruno Conti. Un comportamento che è valso al club il "Premio Gesto Etico", agli Oscar dello Sport italiano, istituito dall'Asi, consegnati nel Salone d'Onore del Coni a Morgan De Sanctis, in rappresentanza del club.
Parla il terzino
«Sono cresciuto tantissimo a Trigoria - ha dichiarato al canale di casa - e sono contento di tornare qui, dove ho imparato tantissime cose. Ricordo quanto ero contento quando seppi che sarei venuto a giocare qui: Totti e la Roma sono famosissimi anche in Africa, è da allora che seguo il vostro campionato». L'8 novembre, il giorno del derby di Dzeko su rigore e Gervinho, era in panchina, ed era già la terza volta, la partita dopo, a Bologna, era fermo, e Garcia fece entrare l'amico Sadiq, (chiedendogli di fare l'esterno destro). «Ho avuto questo problema, non so come. Stavo giocando, un giorno mi dissero che dovevo fare un controllo. Io non mollo mai, ma il dottore mi disse che dovevo fermarmi. Che non potevo giocare, per questo problema. La vita è così, qualche volta va dritta, qualche volta cambia direzione. Ero giovanissimo, ho avuto questo problema, è stato difficile. Ma a me piace pensare positivo, sto bene, e sono contento del mio nuovo ruolo da osservatore».
Poteva andargli meglio, lo aveva confermato lo stesso De Sanctis, alla consegna del premio al Coni: «Ero ancora giocatore, ricordo una partitella con la Primavera: nel primo tempo vinceva 3-0, Nura fece 2 gol e l'assist per il terzo. Garcia all'intervallo lo spostò nella prima squadra e finì 3-3. Quando giocammo con Barcellona e Leverkusen in Youth League sia Rudi Voeller sia Luis Enrique si fermarono a chiedere chi fosse quel ragazzo». Uno che a 22 anni non gioca più: la Roma gli ha trovato un lavoro, ma nessuno potrà ridargli il suo sogno.
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