Le pagelle di Roma-Lazio: Svilar può riposare
Mile viene chiamato in causa più dai suoi che dagli altri, mai pervenuti dalle sue parti. Paredes e Angeliño giocano col sangue caliente. Mancio è la divinità e Llorente il suo sacerdote
Dominio assoluto. Molto più di quanto non dica il risultato. La Roma fa un solo boccone (uno davvero, ma basta e avanza) degli avversari e rimette al proprio posto la storia. E quegli altri.
IL MIGLIORE 9 MANCINI. Signori, giù il cappello davanti all’eroe che conquista l’immortalità. Dopo poco sembra sofferente, ma è un’illusione (altrui). Lascia Smalling e Huijsen a scaldarsi per tutto il primo tempo e sublima il proverbiale stoicismo, resistendo a denti stretti e grugno in bella vista. Non pago, sblocca la sfida con una sassata di testa. E fa sbroccare gli altri con l’esultanza post-match. Divinità.
IL TECNICO 8 DE ROSSI. Debutta in panchina nel derby come meglio non si potrebbe: zero rischi, vittoria mai in discussione, festa sotto la Sud. Fedele all’assunto che questa sfida si vince e basta.
S.V. SVILAR. Esordio nel derby da tramandare ai posteri: è sollecitato più dai suoi per iniziare la manovra dal basso che dagli avversari. Il primo tiro gli arriva dopo 57’ e da oltre 30 metri: lo blocca come avesse appena infilato le pantofole, fra uno sbadiglio e l’altro. Riposato.
6,5 CELIK. Le raffinate sortite di coppa alla Cafu lasciano posto a più appropriati interventi rudi alla Oddi. Nella prima parte trova i tempi giusti per inserirsi, non la mira di testa. Ma non molla un centimetro, in pieno spirito derby.
7,5 LLORENTE. Si sistema sul centro-destra, giocando sugli anticipi ma senza disdegnare la partecipazione alla manovra, anche con qualche preziosismo. Ci prova perfino in area avversaria: due volte in pochi istanti e per poco non provoca il deja vu del Paolo Negro-day.
7 ANGELIÑO. Alterna ottime chiusure a qualche disimpegno fuori misura. Quando però si affaccia nella trequarti avversaria trova sempre i tocchi giusti. E tira fuori tutta la tempra che occorre nella ripresa. Sangre caliente.
6,5 CRISTANTE. Il perfetto esempio dell’abnegazione applicata alla Roma prima che al calcio. La gara richiede sacrificio e chi se non lui può mettere gli interessi collettivi davanti ai propri. Nell’ombra ma presente. Gregario da manuale.
7 PAREDES. È suo il primo tiro dopo 2’, alto di poco. Ma da lì in poi si affaccia pochissimo sulla trequarti e si dedica più alla lotta che al governo. Abbassandosi fino all’area propria e alzando il livello dei tackle nel finale. Guerrigliero.
7,5 PELLEGRINI. Inizia dettando verticalità e testando i riflessi non proprio da pantera del portiere avversario con un missile dalla distanza respinto goffamente. A inizio ripresa sfiora l’incrocio con una punizione delle sue, poi arretra il raggio d’azione ed è preziosissimo nel mantenere il possesso e sostenere la fase difensiva. Forza e onore.
7 DYBALA. Dipinge la traiettoria magica che bacia la testa di Mancio. Vecino già ammonito lo tocca duro, ma Guida lo grazia. I tocchi sopraffini non bastano e si veste da mediano a rincorrere e tamponare. La sua umiltà è da inno alla Joya.
6 LUKAKU. Per due terzi di gara latita, fra controlli difettosi e pochi spunti. Poi offre a Elsha la palla del possibile 2-0, ma la cosa migliore la fa nel recupero, col fallo tattico che arena gli avversari. Riabilitato.
6,5 EL SHAARAWY. Corre senza soste, incuneandosi bene pur senza lasciare il segno. Potrebbe a inizio ripresa, quando il suo diagonale mancino s’infrange sul palo. Resta però un ingranaggio di pregio.
6 SPINAZZOLA. I primi due interventi non sono lucidissimi, ma rimedia e alla fine contiene bene a sinistra.
6,5 SMALLING. Ausiliare di lusso nella parte finale del match, quando contano anche i centimetri e lui in quota si conferma una garanzia.
6,5 ABRAHAM. Rientra dopo dieci mesi fra i boati della sua gente, che fa di tutto per ringraziare con generose rincorse e gran pressing. Applausi a prescindere.
6,5 BOVE. La sua presenza è tutta una voglia di mordere. Feroce.
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