Questa sera la Roma affronta un Genoa che ha cambiato marcia dall’arrivo di Vieira.
“Lo stesso dicasi per la Roma. È una sfida che, se prendiamo in considerazione il periodo da quando sono arrivati i due nuovi tecnici, è d’alta classifica. È una gara pericolosa per la Roma, perché il Genoa ha un modo di stare in campo antico, molto accorto difensivamente: tutti si danno una mano per limitare i pericoli. Era un po’ anche il metodo di Gilardino: io voglio bene ad Alberto, ma i risultati contano e lui aveva avuto un paio di situazioni sfavorevoli nell’ultimo periodo. Però il modo di giocare è sempre il suo, e Vieira sta avendo risultati convincenti”.
Secondo te anche il passaggio dai tre ai quattro dietro ha inciso?
“Io dico sempre che sui tabelloni i giocatori non si muovono: tu puoi metterli come ti pare ma poi devono giocare i calciatori. Quello del Genoa è un 4-3-3 che in realtà non esiste, Miretti è una mezz’ala, Zanoli è un esterno ma per un centrocampo a 5 con una bella corsa, non sono ali. Poi è chiaro che Vieira ha iniziato così, e i risultati sono arrivati. Con il Napoli è stato un disastro nel primo tempo, anche se nel secondo tempo li hanno messi in difficoltà, ma è un 4-3-3 molto risicato: perciò non mi attengo ai numeri dei tabellini ma ai compiti che sono chiamati a svolgere in campo i giocatori. Anche se, va detto, i migliori giocatori del Genoa sono infortunati da parecchio: Messias, Malinovskyi, lo stesso Vitinha va e viene… in questi casi fai bene a cercare di limitare i danni”.
Balotelli?
“C’è un pregresso indicativo, c’era stata una lite con Vieira. Ma uno che fa questo mestiere non può andare per simpatia: io ho avuto giocatori che mi stavano proprio antipatici, ma se uno può darti una mano lo fai giocare. Balotelli ha la giocata ogni tanto, ma si vede che dal punto di vista del dinamismo non è il vero Balotelli. Tra l’altro adesso ha avuto un piccolo problema muscolare, quindi stasera non ci sarà”.
Quali sono state le motivazioni extra campo che ti hanno fatto smettere di allenare?
“Sì, molti mi chiedevano come facevo ad abbandonare un lavoro che paga tanto, ma a me piaceva tanto. Però rientravo a casa e non salutavo neanche mia moglie, finiva una partita e pensavo all’altra. Sono cose che ti condizionano anche caratterialmente: senza presunzione, ma quando ho iniziato c’era un racconto nei miei riguardi da parte dei direttori sportivi - venni preso da Marotta - che delineavano un percorso ad alti livelli per me. E invece non ce l’ho fatta: quando giocavo, oltre ad essere capitano tutti mi identificavano come giocatore di personalità: io questa personalità ce l’avevo, ma quando dovevo trasmetterla agli altri, la sentivo troppo… e per questo non ce l’ho fatta”.
Che ne pensi di Vasquez?
“Sono malato di questo giocatore. Quando è arrivato non si sapeva che ruolo faceva, giocava da terzo a sinistra. Adesso gioca a quattro e fa bene lo stesso, ma prima aveva la possibilità di sganciarsi e usare il suo piede che non è niente male. Devo dire che inizialmente c’era stato qualche problema, ma si è scoperto il suo valore adesso. Tra l’altro in coppia con Bani, che è genoano e per me è un idolo, perché non è Beckenbauer ma ci mette anima e personalità. Vasquez è una delle sorprese di questa squadra, se il Genoa prende pochi gol da un bel po’ è merito di tutta la squadra ma anche suo”.
Tutti i guai della stagione della Roma sono nati dal pareggio di De Winter in Genoa-Roma: chi in questa squadra potrebbe avere una grande carriera?
“Frendrup. Si potrebbe parlare delle cessioni di gente come Gudmundsson e Retegui, gente che dà un gran contributo. Frendrup non ha grande classe, ma a cena in un Genoa club gli ho detto che se fa 4 gol e 4 assist all’anno, va al Real Madrid, col mio dispiacere perché lo vorrei sempre a Genova. È una mezz’ala vera, vecchio stampo: se migliora un po’ nei numeri secondo me andrà in una grande squadra”.