Interviste

AUDIO - Di Biagio: "Pellegrini deve dare di più. Ci sono stati tanti passi indietro"

Le parole dell'allenatore a Radio Romanista: "Ho a cuore il 7 e Cristante, ma non possono accontentarsi. Ranieri rimette a posto molte situazioni"

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA La Redazione
21 Novembre 2024 - 16:41

Nel corso della trasmissione "Roma All News" di Radio Romanista è intervenuto Gigi Di Biagio. L'ex calciatore della Roma e attuale allenatore dell'Under 23 dell'Arabia Saudita ha espresso il proprio parere sulla situazione in casa giallorossa: ecco le sue dichiarazioni.

Facevi quasi coppia con Roberto Mancini. Come vanno le cose?

"Sono venuto qui grazie a lui, si è trovato bene con la nazionale. Io ero in Under 23 e lui in nazionale A. Mi ha chiesto di poterlo aiutare. Mi dispiace per lui, questo esonero non ci voleva... Era secondo in classifica (nelle qualificazioni ai Mondiali, ndr), anche se le cose non stavano andando bene...".

Se fosse venuto a Roma ne sarebbe valsa la pena!

"Questo è un altro discorso. Ma al di là di questo, avevamo iniziato un percorso insieme e ora sono rimasto da solo. La federazione è comunque contenta del lavoro che stiamo facendo".

Sei imbattuto.

"Sì. Stiamo giocando soltanto amichevoli, perché tra un anno ci sarà l'Asian Cup, che equivale all'Europeo. Si terrà in Arabia Saudita, quindi siamo già qualificati. Abbiamo affrontato gli Emirati Arabi, il Bahrein... Sono molto contenti, anche se il nostro standard è sempre più elevato e bisogna crescere. Ma il lavoro è positivo".

Qual è il livello? Qui da noi è arrivato Abdulhamid, sappiamo che Mancini lo stimava. Che cosa ne pensi?

"È sbagliato pensare che qui l'intensità sia bassa. Si è alzato il livello, bisogna migliorare sotto l'aspetto tattico. Ci sono mancanze. Saud è un buon giocatore, ma bisogna capire il loro modo di vivere, la loro alimentazione, la loro religione... Un Saud che si ritrova a Roma in un contesto così fa fatica. Ci vuole tempo. E a Roma e in Italia non viene dato tempo. Il livello delle nazionali è più basso rispetto a quello europeo, certo; però ci sono Giappone, Cina, Australia, Corea... Squadre di primissimo livello non solo per quanto riguarda le nazionali A, ma anche le Under 23".

Il bacino di utenza è importante e la passione è evidente. Cambierà questa mentalità di prendere giocatori verso fine carriera?

"Si può immaginare l'Arabia Saudita come una bolla, proprio come accaduto in Cina o in altre situazioni nel mondo. Col fatto che dovrebbe esserci il Mondiale 2034 in Arabia Saudita, non si può pensare a una bolla di sapone. Perché gli investimenti continueranno, magari con più parsimonia, perché alcuni di questi sono stati esagerati. Ma la strada è stata delineata anche dal Principe e dal Ministero dello sport. Riad è in evoluzone e credo che possa diventare una città tra le più belle per strutture e organizzazione".

La loro intenzione è quella di avvicinarsi al contesto Uefa?

"Non è facile. Questo è un obiettivo, ma non è facile. Ma il potenziale delle strutture e dell'organizzazione è alto. Sono andato a vedere una partita di serie B, vicino a Gedda, e sono usciti 8 stadi nel raggio di 20 chilometri. Stadi che non ci sono, ad esempio, in Serie A. Strutture e campi meravigliosi nonostante i 40 gradi. E sono perfetti, non so come ci riescano. Dal punto di vista calcistico c'è comunque da migliorare".

Come viene vista la Roma lì? Riesci a spiegarci che cosa è successo?

"Dovreste spiegarmi voi che cosa è successo... È una situazione brutta e la Roma non può ricominciare ogni due anni. Credo che sia una cosa inammissibile. Possiamo dire ciò che vogliamo, ma c'è sempre una percezione che ci manca da dentro. È inutile tornare su De Rossi, Juric e il ritorno di Ranieri, che forse è stata la scelta più giusta. La situazione non è bella ed è molto complicata".

La Roma ha lacune e anche buoni giocatori, non da 12esimo posto. Si dice che, nonostante la situazione, il risultato vada ottenuto. Ma è veramente così?

"Quando si inizia ad entrare in un vortice complicato si fa fatica. La Roma non era da Champions League e doveva ballare tra quinto e sesto posto per cercare di subentrare tra le prime quattro. L'anno scorso in questo periodo era decima. Ora è dodicesima e spero che arrivi più in alto possibile. Però è nella stessa posizione della passata stagione. La Roma va male in Serie A da qualche anno; poi ha vinto la Conference e si è avvicinata alla vittoria dell'Europa League, ma questo andazzo in campionato non va bene. La Roma non può andare male in campionato. E va male in Serie A da tre anni. Credo che la squadra non sia da Champions, ma che abbia comunque dei giocatori importanti. Non è da secondo o terzo posto, ma neanche da dodicesimo posto".

Come si spiega una squadra che fa due finali e poi in campionato è 'abbonata' al sesto o settimo posto?

"La verità è che, per esempio, Mourinho in questo contesto era un maestro. Era bravo nelle partite secche e nel gestire alcune situazioni. Poi nelle trentotto partite di campionato non basta aspettare l'avversario; leggo la situazione in questa maniera. La Roma è un po' mancata in questo. In trentotto partite i valori vengono fuori; se si becca l'annata storta, poi, i valori possono non uscire fuori. In generale su trentotto gare si vedono gioco, mentalità, anche il timbro dell'allenatore. Se in questi anni è sempre arrivata in posizioni non alte ha un problema di fondo a livello di organizzazione calcistica".

Sono cambiati svariati allenatori e dirigenti. C'è qualcosa che non quadra, evidentemente. Forse è stata rivoluzionata troppo?

"Con Mourinho si è data continuità. Al di là di questo, la risposta l'ho data prima: nel calcio italiano, in generale, succedono le stesse cose. Si dice che a Roma non si vince per l'ambiente, ma a Napoli e Milano è dura ugualmente. Non c'è pazienza per aspettare alcune situazioni. E c'è un ambiente pesante anche nei confronti di alcuni giocatori. Pellegrini e Cristante sono ragazzi che ho cresciuto. So chi sono e quanto tengono alla Roma. Devono dare di più, ci mancherebbe. Ma hanno valori importanti e mi dispiace. Lo dico perché giocare in casa ed essere besagliati dal 1' al 90' è complicato".

Ti è capitato?

"È accaduto durante il mio primo anno a Roma, per i tascorsi alla Lazio, ma ne sono uscito bene e mi hanno voluto bene. Bisogna reagire e dare tutto per la maglia. Molte volte non si comprendono alcune situazioni. Posso dire che tenevo molto più io alla maglia rispetto ad altri che paventavano di essere tifosi. Ma questo da fuori non si percepisce. Ho sofferto molto, ma ne sono uscito bene".

E lo hai fatto con le tue forze.

"Sì. Non ti può aiutare nessuno. Devi provare le giocate, rischiare, lottare. A volte si dice: 'Bisogna giocare semplice...'. Invece no. Bisogna provare  a fare le cose diffficili. Ricordo un Roma-Inter con un mio gol all'ultima giornata su rigore, che ci ha regalato l'accesso in Coppa Uefa. Era complicato. Ma da lì è nato un rapporto meraviglioso con i tifosi".

È scattato un meccanismo: da troppo tempo si naviga in brutte posizioni in classifica e alcuni giocatori sono identificati con questo periodo. Ed è difficile.

"Chiaro. Su Lorenzo (Pellegrini, ndr) posso dire che è come mio figlio ma deve dare di più. Non ci si può accontentare, per me è forte. Ma negli ultimi quattro anni avrà 45-50 gol e 30-35 assist. Quando lo ha fatto e veniva applaudito, si diceva che lo facesse perché se ne era andato un altro allenatore. Ma non è così. Bisogna criticare, ma anche saper aiutare alcuni ragazzi, perché non è assolutamente facile".

Hai detto che Ranieri, forse, è la scelta migliore. Serve serenità? Ci hai mai lavorato?

"Non ho mai lavorato con lui, ma è come se lo avessi fatto. L'ho affrontato tante volte. È una persona piacevole, che conosciamo tutti; la sua forza è quella della semplicità. Rimette a posto tante situazioni, cercherà di rimettere i giocatori nel loro ruolo. Oggi il tifoso deve identificarsi in qualcuno. Si è parlato di De Rossi, Totti: Claudio è uno di questi simboli. Ma non basta per quello che succederà nei prossimi anni. Anche se diventerà dirigente. Ci sono stati tanti passi indietro, con scelte che potevano essere migliori. Soulé, Dybala e Baldanzi insieme sono una follia. Ed è stato folle prendere un allenatore che gioca un altro tipo di calcio rispetto alle caratteristiche dei suoi calciatori".

Soulé, Dybala e Baldanzi... Pensi che sia stato un errore prenderli insieme?

"Non esiste. È una follia. Sicuramente il caso Dybala ha spiazzato tutti; va bene prendere Baldanzi con Dybala, poi però Soulé è stato preso e Dybala è rimasto... Può giocare solo uno di loro tre. Paulo è il numero uno tra i nomi che ho fatto, ma sono molto simili per caratteristiche. Come fa un allenatore a metterli insieme in campo? Parlare da fuori, però, è facile. Mancano dei pezzettini che non sapremo mai".

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