Interviste

Prof. Mariani: "Totti si fidava di me, io non avevo pressione durante l'operazione"

A Radio Romanista il chirurgo che operò lo storico Capitano: "Un ritorno in campo? Il suo fisico è ancora integro dopo i due infortuni"

L'infortunio alla caviglia di Francesco Totti in Roma-Empoli del 19 febbraio 2006

L'infortunio alla caviglia di Francesco Totti in Roma-Empoli del 19 febbraio 2006 (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA La Redazione
26 Ottobre 2024 - 09:30

Questa mattina durante la trasmissione "Unico" su Radio Romanista è intervenuto il Professor Pier Paolo Mariani,  il chirurgo che operò Francesco Totti sia dopo l'infortunio alla caviglia in Roma-Empoli del febbraio 2006, sia al ginocchio destro due anni dopo. 

Queste le parole del dottore: 

Io mi ricordo uno striscione simpatico che è apparso all’Olimpico nelle domeniche successive: “Professor Mariani siamo nelle tue mani” e quella domenica di febbraio effettivamente c’era un popolo col fiato sospeso. C'era chi diceva 'Salta sicuramente il Mondiale' o addirittura 'Ha finito la sua carriera'. Lei ne ha operato tantissimi di sportivi, ma quella domenica sentiva che c’era una responsabilità maggiore perché aveva il numero 10 della Roma tra le mani?

"Il chirurgo è un essere umano mentalmente distorto. In quel momento in sala operatoria non si pensa a nulla, quindi onestamente non si sente la pressione. Se io l'avessi sentita sarebbe stato un guaio e se la sentissi anche oggi quando opero sarebbe dannoso, perché il chirurgo deve mantenere la lucidità senza preoccuparsi del resto".

Qual era l’umore del giocatore in quei giorni. Lei ha dovuto fare un lavoro anche a livello psicologico su di lui, visto il momento delicato?

"Francesco si fidava di me, già ci conoscevamo. Si fidava del suo entourage, quindi quando noi gli abbiamo detto 'Guarda che ce la puoi fare', lui si è fidato e ci ha creduto. Non c’è di meglio per un ortopedico dello sport che operare un paziente che la prima cosa che chiede è 'Quando posso ritornare a giocare?', perché quello significa che la mente del giocatore è già focalizzata sulla fase del recupero".

Lei è a conoscenza dell'aneddoto che racconta che Spalletti si intrufolava di notte a Villa Stuart nella camera di Totti con una lavagnetta illustrandogli la Roma che sarebbe stata costruita negli anni seguenti per tenerlo concentrato?

"No non lo sapevo. Io mi ricordo che vennero Lippi e Berlusconi quindi ci furono parecchie visite, però no la notte non stavo lì, quindi questo aneddoto non lo sapevo".

La decisione di non togliere le viti alla caviglia fu rischiosa, perché in caso di un altro infortunio non si sarebbe potuta fare una risonanza. 

"Era sicuramente un rischio. Lui non voleva essere sottoposto all'intervento e tutto sommato ha pagato questa sua scelta".

Cosa ricorda invece dell’infortunio al ginocchio destro di due anni dopo? 

"Quello me lo ricordo bene. Mi arrivò la telefonata, presi il primo tempo e mi precipitai a Roma perché ero a Bologna per un congresso. Anche lì fu un intervento tranquillo e ben eseguito". 

Recentemente Totti ha dichiarato che qualcuno gli ha consigliato di tornare a giocare in Serie A e lui ha detto che pensandoci bene potrebbe tornare. Sarà stata sicuramente una battuta, ma lei pensa davvero che ci siano atleti che a quell'età potrebbero fare una cosa del genere a questo livello e in questo contesto? 

"Non sono un preparatore o un allenatore, non saprei rispondere. Il fisico è integro nonostante i due infortuni. La preparazione non so fino a dove lo possa portare e non saprei dire il suo impiego, ma certamente Francesco ama giocare a calcio. Il padel è un sostituto: è come bere un’aranciata al posto di un bicchiere di Barolo".

La Roma ha avuto negli ultimi anni tanti infortuni in rosa, è una coincidenza o c’è una correlazione?

"Certamente è un discorso di ruolo, c’è chi è più predisposto di altri. Però la Roma ha avuto fasi, con la stessa equipe, di anni buoni e anni cattivi e così via. Credo sia solo una coincidenza e che non si possa dare la colpa a nulla. Il gioco del calcio è diventato sempre più veloce e di contatto, aumenta il numero delle partite e quindi il numero dei rischi. Non credo si possano dare colpe alla preparazione".

In particolare i terzini si infortunano più facilmente.

"Il terzino deve difendere, ostacolare l'attaccante a più non posso. Questo comporta l'essere più predisposto. Per il centravanti è meno frequente invece, mentre è più frequente per le ali. Basta un cambio di direzione molto spesso, senza contatto e un appoggio non perfetto al suolo. I meccanismi sono tre: ricadute da salti, un cambio di direzione o uno stop in corsa che mettono a rischio il crociato".

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