Cronaca

L'intervista, Andrea Renzi: «Un onore essere stato un po’ Di Bartolomei»

L’attore debutta in “Birre e rivelazioni” nel nuovo Off Off Theatre, portò al cinema il grande Ago

PUBBLICATO DA Pier Paolo Mocci
09 Novembre 2017 - 18:20

Sono passati sedici anni da "L'uomo in più". Un grande film italiano, presentato al Festival di Venezia del 2001, ed entrato nella storia del cinema per almeno due motivi. Perché si tratta di una delle pochissime pellicole realizzate, ad alti livelli, sul tema del calcio (affiancando "Febbre a 90" in un ideale podio dove svetta solitario "Fuga per la vittoria"). Un film liberamente ispirato alla vicenda di Agostino Di Bartolomei (un canovaccio con alcuni riferimenti precisi e altrettante libertà narrative). E poi perché si tratta del film d'esordio di quello che sarebbe diventato un premio Oscar italiano, Paolo Sorrentino. «Un grande film è sempre attuale», ci racconta il protagonista di quel piccolo capolavoro, Andrea Renzi (l'altro episodio, liberamente ispirato alla vicenda di Franco Califano, consacrò invece il talento di Toni Servillo). «Si tratta senza dubbio di una delle cose più importanti della mia carriera: vengo ancora fermato per strada per quel ruolo e la cosa mi fa enorme piacere». Lo incontriamo in una bellissima giornata di sole in pieno centro a Roma, al civico 20 di Via Giulia, durante una pausa delle prove del suo spettacolo, nel nuovo Off Off Theatre. È qui che, da stasera, Andrea Renzi porterà inscena "Birre e rivelazioni", una commedia d'autore di cui vi consigliamo vivamente la visione, anzi la partecipazione, in programma fino al 19 novembre (Info: 06.89239515 – 389.4679285). «Siamo in un pub e due amici sono in vena di confessioni: si confidano molto più del previsto, aiutati anche dal tasso alcolico che cresce sempre di più», racconta l'attore feticcio di Mario Martone. «Si tratta di un "atto unico in otto birre" scritto e diretto da Tony Laudadio, con me sul palco nel ruolo del professore di mio figlio. Moralità, pregiudizio, amore, sessualità, violenza, prevaricazione. Otto temi attraverso altrettante bevute, affrontati con i toni della commedia. Si comincia con l'omessualità di mio figlio che lascia non indifferente il personaggio che interpreto. Il resto lo vedrete spero».

La "sfida" che parte stasera con "Birre e rivelazioni" è quella di raccontare con i toni leggeri della commedia argomenti particolarmente seri.

«Credo che Tony Laudadio abbia realizzato un testo fantastico. Uno spartito sul quale ogni attore vorrebbe misurarsi. Due uomini che, aiutati da qualche birra, di troppo, si svelanoe siconfrontano, buttando giù sempre più maschere e tabù».

Nel frattempo il tuo volto compare in tv nella fiction di Rai 1 "Sirene" con Luca Argentero.

«E, aggiungo, con la scrittura di Ivan Cotroneo. Uno scrittore e sceneggiatore che ha dato un enorme restyling al cinema e, soprattutto, alla tv generalista in Italia, portando fantasia, magia e leggerezza. Ma in modo intelligente e ironico, direi sognante. Pensiamo a "È arrivata la felicità" o "Tutti pazzi per amore". In questa serie-tv interpreto il direttore dell'acquario di Napoli che terrà rinchiusa la sirena al momento della cattura nel Golfo. La sirena rappresenta l'alieno che sconvolge la sicurezza di una comunità. Lui poi imparerà a conoscerla e a mettere in dubbio i propri pregiudizi e quindi subirà un evoluzione che non posso svelare. Anzi "spoilerare" come si dice oggi».

Facciamo un passo indietro di sedici anni?

«Volentieri, sono ben felice di ricordare».

Da dove partiamo?

«Dal copione, di una bellezza assoluta. Parliamo di un regista che non esisteva, era un'opera prima. Nessuno sapeva che Paolo sarebbe diventato Sorrentino. Feci quel ruolo di corsa. Onorato di aver impersonato, seppur con tante differenze, un po' la storia del grande Agostino Di Bartolomei. Un grande campione incompreso».

Quel film non era su Di Bartolomei, ma la sua presenza era evidente.

«È così che è stato. Abbiamo raccontato un uomo che, dopo il grande successo, cercava il riscatto nella sua seconda vita. Chiedeva di poter mettersi in gioco, ripartendo da zero».

Spiccava l'umanità.

«Abbiamo lavorato sulla sua solitudine. Un uomo come tanti, ma più sensibile di tanti, con le sue fragilità e il suo carattere. Ma forse lasciato maledettamente solo. Fino al tragico epilogo».

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