Oliveira: "Sono qui per dimostrare il mio valore e restare a lungo"
Il nuovo centrocampista giallorosso si presenta: "Sento anche la responsabilità di aiutare la Roma. Preferisco giocare da numero 8 o più arretrato davanti alla difesa"
Da ieri Sergio Oliveira è un nuovo calciatore della Roma. Arrivato dal Porto in prestito con diritto di riscatto, il centrocampista portoghese ha già sostenuto i suoi primi allenamenti a Trigoria e ora affronta la classica conferenza stampa di presentazione rispondendo alle domande dei giornalisti. Ecco le sue parole.
La Roma si aspetta di aumentare la personalità della squadra, il sapersi prendere le responsabilità. Ti senti pronto a 29 anni ad aiutare questa squadra e portare una mentalità vincente?
"Rispondo in portoghese perché l'italiano lo imparerò ma ancora non lo conosco bene. Ho 29 anni, ho già dimostrato il mio valore, ma arrivo in un'età matura, in cui sento anche la responsabilità di aiutare la Roma. Voglio dare il massimo dentro e fuori dal campo. Sulla personalità a cui ha fatto riferimento anche il mister, è normale che io faccia così perché lui è abituato a vincere e ad allenare sempre grandi calciatori. La Roma ne ha, giocatori di personalità, io mi sento uno in più che arriva in questa squadra, con il compito di aiutare, crescere insieme e raggiungere quegli obiettivi che questo gruppo merita".
La tua carriera dice anche che sei molto freddo dal dischetto. Su 18 rigori ne hai segnati 16. In questa stagione la Roma su 4 rigori battuti ne ha sbagliati 3. Ti aspetti di diventare il rigorista?
"Io sono un giocatore che batte i rigori. Ovviamente è una decisione che spetterà al mister. La Roma ha giocatori di grande qualità, a partire da Veretout e Pellegrini che sono due ottimi specialisti e poi è chiaro che ognuno possa sbagliare. Prendere la palla per calciare un rigore significa assumersi una responsabilità".
Cosa ti ha convinto a venire alla Roma? Quando uno si sposta a gennaio c'è sempre qualcosa che non ha funzionato nell'esperienza precedente. Tu hai avuto una grandissima stagione lo scorso anno e in questo hai giocato un po' meno. Pensi che questa avventura sia un nuovo inizio e non solo un episodio di sei mesi?
"Sono uno a cui piacciono le sfide. Sono molto grato al Porto e al suo allenatore per avermi portato a questi livelli facendomi crescere molto. Venivamo da un periodo di 5 anni insieme, al termine della scorsa stagione che sia a livello collettivo sia individuale credo sia stata la migliore, avevo voglia di una nuova esperienza. Non ho paura di arrivare qui a Roma con la formula del prestito perché voglio dimostrare il mio valore sia in allenamento sia nelle partite per poter restare più a lungo. Il modo migliore è quello di dimostrarlo iniziando a vincere le partite".
C'è anche l'idea di tornare in nazionale che ti ha portato alla Roma? Un parere sul Portogallo, possibile avversario dell'Italia ai play-off per il Mondiale?
"Chiaramente è un mio obiettivo tornare in nazionale, il ct lo sa. Il Portogallo deve intanto vincere la prima partita e poi probabilmente affronterà l'Italia. Però ecco, il Portogallo ha sicuramente tutte le carte in regola per giocare il prossimo Mondiale".
Una curiosità tattica. Tu hai fatto la mezzala in un centrocampo a tre ma anche da interno in una mediana a due. La Roma quest'anno sta giocando per lo più col 3-5-2 o col 4-2-3-1. Nella prima intervista col club ti sei definito un giocatore box to box, ma dov'è che pensi di esprimerti meglio?
"La mia posizione preferita, se giochiamo a tre è da numero 8, se giochiamo a due un po' più arretrato. Però posso giocare dove il mister vuole e ha bisogno e dove posso mettere le mie qualità a disposizione della squadra".
Sei un giocatore di caratura internazionale ma hai fatto un po' di fatica, con diversi prestiti in 5-6 squadre. Come ti spieghi questa esplosione così tardiva?
"Normale. Non siamo tutti Mbappé che a 20 anni è campione del Mondo. La mia è stata una crescita graduale, è vero che ci sono state delle difficoltà in questo percorso, ma credo anche di aver imparato tantissimo e oggi mi sento una persona e un calciatore completo. Non cambierei nulla del mio percorso, non sarei ciò che sono oggi".
Quest'estate hai incrociato la Roma in un'amichevole anche piuttosto burrascosa. Da allora l'hai continuata a seguire? Che traguardi pensi possa raggiungere?
"Era un'amichevole pre-stagionale che abbiamo usato per migliorare la condizione fisica e alcuni aspetti. Poi era una partita che volevamo vincere entrambi e si è rivelata essere un po' più dura del solito. Ho continuato a seguire la Roma da quel momento evidentemente anche per la presenza di José Mourinho e di Tiago Pinto e ho stretto un rapporto con Pellegrini. Credo che la Roma possa raggiungere dei grandi obiettivi ma in questo momento è importante concentrarsi di partita in partita e pensare alla gara di domenica. Dobbiamo assumerci questa responsabilità, avere questa mentalità vincente e al tempo stesso non subire le pressioni che ci vengono dall'esterno. Rispettare il lavoro dei giornalisti e le loro domande ma avere anche la capacità e la forza di saperle mettere da parte per seguire la squadra".
Perché il numero 27?
"Lo uso da sempre e mi ci sento molto a mio agio".
Sei arrivato mercoledì in una giornata molto intensa però hai già lavorato per due giorni con i tuoi compagni. Cos'è che ti ha colpito di più?
"Sicuramente la qualità della squadra, è un posto dove si lavora molto bene e le infrastrutture sono eccellenti. Sono stato accolto nel migliore dei modi da tutti, cosa per la quale ringrazio. Abbiamo iniziato a lavorare, come dicevo già seguivo la squadra e anche vedendola da fuori un calciatore riesce a capire quali sono certi movimenti da fare in campo. Abbiamo iniziato a lavorare su questo, poi col tempo aumenterà la mia familiarità, mi troverò ancora più a mio agio e le cose seguiranno il proprio corso".
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