Transfer Room, il Tinder del calciomercato che piaceva a Monchi
Un'app per comprare e vendere giocatori: il dirigente spagnolo l'ha usata nelle sua esperienza a Roma, Petrachi preferisce metodi più tradizionali
C'era una volta Giginho e i suoi fratelli de leche che proponevano ai club gli Aristoteles di tutto il mondo. Oggi c'è "Transfer Room", un sistema che porta il calciomercato direttamente sullo smartphone. Immaginate di essere un direttore sportivo e di avere a disposizione un social network del mercato - più simile a Tinder che a Facebook - da poter consultare in qualsiasi momento e in qualunque luogo. Per chi non conoscesse Tinder si tratta di un'app di incontri – più o meno romantici – in cui per entrare in contatto con gli altri utenti è necessario matchare i loro profili (esprimere una sorta di like). Lo stesso avviene con Transfer Room. Le società caricano le schede dei calciatori che desiderano cedere o mandare in prestito con alcuni dati come età, prezzo del cartellino, stipendio, posizione e altre caratteristiche. Se un club è interessato a quel calciatore può matchare il profilo e avviare un dialogo con un messaggio o formulando direttamente un'offerta. Il sistema prevede anche il procedimento inverso: inserendo dei filtri, un club può trovare i profili più adatti alle sue esigenze tecniche e economiche.
Un tentativo di semplificazione che va anche oltre lo schermo, visto che Transfer Room un paio di volte l'anno organizza meeting con le squadre registrate all'applicazione. Anche in quel caso il procedimento è singolare. Scordatevi gli appuntamenti segreti in alberghi o ristoranti, i dirigenti si incontrano alla luce del sole e le potenziali trattative si intavolano con il metodo dello speed date: ogni 15 minuti si passa all'incontro successivo. In questo modo, secondo gli organizzatori, è possibile accorciare distanze e tempi del mercato organizzando più appuntamenti nello stesso giorno.
TransferRoom Summit 20th November 2018 from TransferRoom on Vimeo.
L'applicazione è utilizzata da oltre 500 squadre e il costo accessibile – un abbonamento mensile varia da 165 a 2500 euro – permette a squadre come Frosinone, Levante o Brighton di stare allo stesso tavolo di Manchester City, Liverpool o Barcellona. È chiaro che questo tipo di tecnologia non potrà sostituire completamente il mercato tradizionale e che i campioni non si comprano su un'app, ma può portare a sviluppi intriganti per le squadre che lo utilizzano. I club più grandi la usano soprattutto per allargare la rete di contatti e aprire nuovi canali, quelli medio-piccoli per fare scouting a basso costo e accedere a trattative potenzialmente vantaggiose.
Questo strumento esiste da almeno due anni, ma la sua funzionalità ritorna attuale nel mercato post pandemia, quando i viaggi sono sconsigliati e gli incontri di lavoro devono essere rivisti seconde le norme del distanziamento sociale. Ma è anche un modo che hanno le squadre per provare a riprendersi il controllo delle trattative facendo a meno degli intermediari e limitando il ruolo dei procuratori, almeno negli affari secondari. Un tentativo non da poco visto il peso delle commissioni nei costi delle trattative. Secondo il rapporto Fifa pubblicato lo scorso dicembre, i club hanno speso in commissioni 589 milioni di euro con un incremento del 19% rispetto all'anno precedente. E l'Italia è il paese che più di tutti utilizza gli intermediari (40,5% dei casi). Una montagna di soldi che finisce fuori dal calcio facendo lievitare i costi e impoverendo il sistema. Questione centrale per il prossimo mercato che risulterà inevitabilmente ridimensionato dagli effetti del Covid.
Vecchi e nuovi metodi
Tra i clienti di Transfer Room c'è stata anche la Roma. L'applicazione sbarcò a Trigoria con Monchi, che è da sempre un sostenitore della tecnologia applicata alla direzione sportiva. Il dirigente spagnolo è stato anche speaker del meeting organizzato da Transfer Room a Londra nel marzo 2018 («Semplifica il processo delle trattative, fa risparmiare tempo e rende più trasparenti gli affari»). L'app non è servita per concludere grandi acquisti ma è stata utile per mettere in vetrina giocatori in esubero e giovani usciti dalla Primavera. Piuttosto i dirigenti giallorossi che l'hanno utilizzata la descrivono come un «acceleratore» di relazioni, un modo per fare rete e gettare ponti verso mercati inesplorati. Con l'addio di Monchi anche Transfer Room ha salutato Trigoria.
Il nuovo ds Gianluca Petrachi ha importato il suo metodo di lavoro legato a un'impostazione più tradizionale. E non è un caso che una delle prime decisioni prese a Roma è stata quella di sostituire il caposcout Francesco Vallone - che con Monchi era l'uomo dei dati - con il suo braccio destro Antonio Cavallo. Questo non significa che sotto la sua gestione è stato accantonato l'uso della tecnologia, ma solo che ha un ruolo meno ingombrante nelle scelte della direzione sportiva. Quindi niente più app per fare acquisti, Petrachi preferisce avere un approccio più diretto. Come il suo carattere.
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