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Mourinho tutto o niente: José come non l'avete mai visto

Su Prime Video, il futuro allenatore della Roma messo a nudo nell'avventura al Tottenham. Ecco l'approccio: «I bravi ragazzi non vincono niente, voglio dei bastardi»

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
28 Maggio 2021 - 11:03

Ne hanno parlato in molti e se non lo avete visto, vi siete persi qualcosa. Ma volendo è ancora lì, disponibile in catalogo. Anzi, pare che la visione del prodotto abbia ripreso a camminare speditamente, soprattutto nelle zone in cui il tifo romanista è più caldo. La strepitosa serie All or Nothing su Prime Amazon Video ha dedicato una delle sue narrazioni al Tottenham proprio nell'anno in cui è stato esonerato Pochettino ed è arrivato José Mourinho. Non è rituale per il portoghese accettare una panchina a stagione in corso, ma forte era la voglia all'epoca di rimettersi in circolo e forse era la stessa che lo ha portato ad accettare la corte di Friedkin pochi giorni dopo il suo esonero dal Tottenham, maturato lo scorso 19 aprile. Mou fu annunciato dal presidente Daniel Levy il 20 novembre del 2019 e cercò in pochi giorni di ricostituire lo spirito di una squadra che era uscita distrutta dall'esperienza della stagione precedente, quando era riuscita ad arrivare addirittura in finale di Champions League prima di arrendersi al Liverpool. Ma dopo quella sconfitta non aveva funzionato niente, finché a novembre non si arrivò all'esonero di Pochettino, l'artefice del sogno interrotto appena pochi mesi prima.

Le telecamere di All or Nothing, il format che da diversi anni ormai racconta da dentro le vicende sportive di diverse società sportive (cominciarono con la Nfl nel 2016, raccontando la stagione degli Arizona Cardinals, quest'anno si sono dedicati al Bayern Monaco e alla Juventus, li vedremo dopo l'estate), dovevano illustrare la stagione di Pochettino, e invece finirono per accompagnare il ritorno in panchina di Mourinho nella stagione che poi culminerà con il Covid. In nove puntate hanno seguito ogni giorno i lavori della squadra londinese ma ovviamente il protagonista principale del racconto è stato proprio l'allenatore portoghese. A beneficio di chiunque non l'abbia visto, abbiamo rianalizzato ogni puntata per provare ad immaginare come Mourinho affronterà il suo lavoro sulla panchina della Roma. E vi sottoponiamo qui il racconto. Ne esce un ritratto senza filtri (se non per qualche inevitabile taglio che sarà stato deciso dalla produzione per mantenere qualche spazio) che accende una luce diversa soprattutto sullo spessore umano del protagonista che Roma attende con tanta impazienza. Seguiteci in questo racconto e provate anche voi ad immaginare come José si calerà nella realtà romana. In questa prima puntata, raccontiamo soprattutto l'approccio di Mourinho.

«Io andato? Fuck off»

Il documento comincia con la domanda più classica che si può rivolgere a Mourinho, gliela fa un giornalista in voce fuori campo: «La gente dice di lei che non sorride mai e che è spietato. Lei che ne pensa?». «Credo che la percezione sia questa. E la verità è che forse in tutto questo c'è una parte di vero (e si allarga in una bella risata, ndr), ma allo stesso tempo posso essere molto diverso quando mi sento a mio agio con le persone che conosco bene, con il mio circolo più vicino, dove sta la mia famiglia, dove stanno gli amici, dove sta il mio club». L'ordine con cui appena arrivato a Londra José sistema le sue cose nell'ufficio che il Tottenham gli ha messo a disposizione sconfina con la pignoleria: tra le cose presenti nelle scatole spicca qualche trofeo e la prima pagina della Gazzetta che celebra il triplete dell'Inter. Poi attacca un campo di calcio adesivo al muro e sistema con cura maniacale i blocchi (sei) su cui è solito annotare le formazioni. In un suggestivo montaggio, mentre Mou sistema le sue cose, le telecamere di AoN indugiano sui giocatori del Tottenham che guardano Sky Sport che annuncia il licenziamento di Pochettino e l'arrivo di Mourinho.

In sottofondo si sente il tecnico che dice che è semplicissimo andare d'accordo con lui: basta dare il 100%, «perché il 75% o il 95% non bastano». Kane appare molto dispiaciuto per Pochettino, in sala da pranzo rivela ai compagni che ha parlato col tecnico argentino che gli ha rivelato che non si aspettava proprio l'esonero. Alderweireld confessa invece che lavorare con Mourinho sarà un'esperienza unica: «Mai vista tanta attenzione mediatica, siamo sempre su Sky, siamo dappertutto su Twitter, su Instagram, sul Daily Mail». Stacco della telecamera e si vede Mourinho nel suo ufficio che distoglie lo sguardo dagli appunti alla tv quando si accorge che su Sky Uk ferve il dibattito sul suo arrivo al Tottenham. Un giornalista afferma che è ancora il vincente che è sempre stato, un altro la pensa al contrario: «Ormai è andato». Mou si avvicina alla tv e la spegne, con un commento eloquente: «Fuck off», «Vaffanculo». Il tema potrebbe tornare d'attualità alla Roma, sono in tanti che lo sostengono anche oggi.

«Siete troppo buoni»

Al primo giorno di lavoro, Mou presenta alla squadra i suoi collaboratori: «Ragazzi, questo è Nuno (Santos), allena i portieri, lui è Joao Sacramento, Carlos (Lalin) è l'esperto di fitness, Ricardo (Formosinho) analizza le partite e ci dà assistenza in campo». Poi comincia il lavoro, Mourinho cerca subito una certa empatia: chiede a Walker-Peters come deve chiamarlo: «Walker o Peters?». Lui risponde: «Both (entrambi)». E Mou: «Oh no, è troppo lungo per me». E poi si sente la sua voce, fuori campo: «Nei primi giorni devo far vedere che persona sono e che tipo di allenatore sono, devo fare in modo che credano in me e che lavorino bene con me prima possibile». In campo chiede a Rose come il gruppo chiama Winks, che si chiama Harry come Kane: «Winksy, Harry lo usiamo per chiamare Kane». Sono dettagli, ma fondamentali per stabilire subito la giusta empatia. A queste cose Mou è attentissimo. «Alcune persone amano avere solo feedback positivi - dice Mourinho - mentre io solitamente sono senza filtri, i giocatori sanno nel bene o nel male che sono schietto nel mio modo di essere». Si torna sul campo, insiste sui nomi, chiede al giovane Tanganga come si pronunci il suo. Poi spiega la sua ossessione: «Detesto pronunciare male i nomi. E odio quando storpiano il mio nome. Io non sono Osè, quella è la pronuncia argentina, io sono portoghese, quindi mi chiamo Giosè». Buono a sapersi.

Poi si rivolge a Dele Alli, così, d'istinto: «Dele, ti ho già capito. Tu sei un pigro del cazzo. Io sarò la tua spina nel fianco. E sei fortunato perché quando sono una spina nel fianco di qualcuno è un bene, è una cosa positiva». Poi si rivolge a Kane, passandogli accanto, quasi sottovoce: «Domattina dopo aver fatto colazione vieni nel mio ufficio». «Ok boss - la pronta risposta del più importante giocare degli Spurs - se vuole resto a dormire qui». «No, hai due figli, sbrigati ad andare a casa, altrimenti quando arrivi dormono già. Ci vediamo domattina». Ed ecco un altro aspetto di Mourinho: l'attenzione che dedica all'aspetto umano per entrare in empatia con i suoi giocatori. Poi Mou chiede alla squadra scherzoso mentre rientrano negli spogliatoi: «Ma non mi insulta nessuno? Prendo in giro tutti e nessuno replica? Mi sa che siete troppo buoni». Ecco un concetto che in questi mesi al Tottenham tornerà spesso. E forse è un tema che sarà affrontato anche a Trigoria.

La dimensione universale

Si passa al giorno dopo, al colloquio con Kane: «Harry è molto semplice. Credo che tu abbia un ottimo rapporto con Mauricio (Pochettino, appena esonerato, ndr)». Kane conferma. E Mou: «Bene, amo questa cosa. Mi chiedo allora come stabilire con te lo stesso ottimo rapporto che avevi con lui. Ieri ho visto come ti alleni e non ho dubbi sul fatto che sei un leader, ho questa sensazione. Il mondo guarda al calcio inglese con incredibile rispetto, ma pensano anche che le celebrità del calcio appartengano ad altri luoghi. Credo che dobbiamo costruire anche il tuo status in questa direzione. Io penso di essere il genere di allenatore che può aiutarti in questo senso. La mia è una dimensione universale, lavorando con me credo di poterti aiutare a tirare fuori questo aspetto». «Ma questo – lo interrompe Kaneè anche il mio obiettivo. Siamo stati bravi qui, anch'io personalmente, ma non è abbastanza. Io voglio essere Ronaldo e Messi». «Bene – incalza Mourinhoperché ciò che io non accetto, perché questa è la mia natura, non posso accettare l'idea di stare qui senza vincere un cazzo. Invece penso che possiamo vincere qualcosa anche grazie a te. Qui avete giocatori migliori di quelli che io avevo con il Manchester United. Credo che la squadra abbia un grosso potenziale». «Ok boss. Io ci sono». «Ok, lo apprezzo molto».

Il pigro da motivare

Poi si vede parlare con il suo vice, Sacramento: «Dicono che nello spogliatoio comandi Sissoko». Mourinho è sorpreso. Lo si vede riflettere. «Pare che Vertonghen – insiste Sacramento - sia un guerriero, è il tipo che quando è infortunato vuole sempre allenarsi, si spinge al limite». E Mou passa al tema principale: «L'impressione che ho raccolto io è che la squadra sia troppo perbene, anche nella competizione sono troppo gentili, troppo bravi ragazzi. Pare che Dier (non per caso accostato alla Roma, ndr) sia l'unico ad amare lo scontro in partita. Harry Kane invece è un leader silenzioso, il leader che da l'esempio, è il professionista che lavora duro e che tutti guardano per vedere come lavora. Poi arriva il presidente, Daniel Levy. Gli chiede un feedback sull'allenamento del giorno precedente. Mourinho: «Ho già detto a Dele molto chiaramente che non si allena bene, non è Harry Kane. Non è ancora un titolare dell'Inghilterra, ma agli Europei ci sono ancora sei mesi (ma poi saranno spostati causa Covid, ndr). Sir Alex Ferguson nel corso della mia permanenza a Manchester mi ha dato solo un consiglio: "Compra Dele Alli, un ragazzo con quella mentalità e quello stile di gioco e con l'aggressività mentale è un giocatore da United". Lui ha occhio per i giocatori, mi ha segnalato solo lui, ma non si allena bene. Dobbiamo trovare il modo di motivarlo».

«Bastardi, per vincere»

Quando li raduna per fare le scelte in vista della prima partita, Mou confessa di non essere felice: «Per me è sempre una brutta sensazione perché io dovrò scegliere gli undici che andranno in campo, i sette che vanno in panchina e qualcuno che andrà addirittura in tribuna. Quindi è chiaro ciò che penserete: "Ah, ecco, forse non gli piaccio". Allora, sappiate una cosa: «Se c'è qualcosa che non mi piace di un giocatore, di uno di voi, non ve ne accorgerete. Lo saprete da me perché ve lo dirò io». Stacco sul momento in cui fa il briefing prepartita: «Forse mi sbaglio ma io ho l'impressione che voi siete un gruppo di bravi ragazzi. Ma per 90 minuti, solo per 90 minuti, non potete essere bravi dovete essere un branco di bastardi intelligenti. Intelligenti, non stupidi. Se vinciamo il Chelsea se la fa sotto e possiamo arrivare tra le prime quattro». Stacco su Mourinho che racconta: «La carriera di uno sportivo se non vinci niente è una carriera vuota. Io detesto perdere».

«Tradito dal Chelsea»

È il momento della prima conferenza stampa. Il responsabile della comunicazione lo prepara circa le questioni più pressanti che dovrà affrontare con i giornalisti nella prima conferenza stampa. «Arriveranno domande sulle reali potenzialità del Tottenham, sulla scadenza di contratto per Christian Eriksen, Toby Aldereweireld e Jan Vertonghen, arriveranno domande sulla questione Chelsea, qualcuno vorrà sapere se il tuo è un tradimento ai tifosi del Chelsea vista la rivalità che c'è con il Tottenham. Mourinho, mentre mangia, sorride: «Il tradimento è avermi esonerato dopo tre titoli vinti». Il giorno dopo c'è la conferenza stampa. Gli chiedono: «Quando eri allenatore del Chelsea e ti fu chiesto quattro anni fa se avresti mai allenato il Tottenham, tu hai risposto: mai. Amo troppo i tifosi del Chelsea. Cosa è cambiato da allora?». «Mi hanno esonerato».

In ginocchio al gol

Poi c'è la gara: alla fine del primo tempo il Tottenham è in vantaggio 2-0. Al primo gol di Son, Mou, pantalone grigio, maglione blu e impermeabile blu, esulta senza freni, al secondo esulta inginocchiandosi verso la proprio panchina. Da lontano urla a Dele Alli, protagonista dell'azione del raddoppio con un gesto atletico sulla linea laterale, «Dele, è il tuo gol!». Nel secondo tempo arriva il terzo gol di Kane, Mourinho esulta con i pugni al cielo. A fine partita dice: «è la seconda volta che inizio a metà stagione. Una cosa è certa: quando succede è perché la squadra va male, ha dei problemi. Il problema con loro si risolve in una settimana o magari in un mese. Nel finale arriva prima l'1-3, poi il 2-3 per il West Ham, le telecamere indugiano su un preoccupatissimo Mourinho, ma poi arriva il fischio finale. I cronisti lo definiscono il vincitore seriale. Lui sprizza felicità da ogni poro: «Sapevo quanto fosse importante vincere la prima partita, era molto importante per i ragazzi ed era molto importante per me. Ce l'abbiamo fatta».

«Vi amo», ai finanziari

La vittoria porta il Tottenham a metà classifica, ora sono a nove punti dal quarto posto che il vero obiettivo della stagione. Aurier dice: «Quando è arrivato eravamo tutti felici, è il migliore al mondo, è un vincente: e nel calcio se non sei un vincente non sei nessuno». Durante l'allenamento Mourinho si lamenta del freddo, scherza dicendo che a Manchester fa più caldo, ma ovviamente non è vero. Poi la telecamera stacca su Mourinho che viene accompagnato direttamente dal presidente in visita presso tutti gli uffici del club, dislocati direttamente nel nuovo stadio, inaugurato da pochissimo. Gli spiegano che gli impiegati del club sono più di 600, prima di partire per il giro gli chiedono se sarà disponibile per dei selfie, lui accetta volentieri. Quando gli presentano il team finanziario si apre in un bel sorriso: «Vi amo». Quando gli presentano le risorse umane, ci scherza su: «Voi siete pericolosi». Vede lo stadio nuovo, lo ammira: «Ci sono dei club in cui arrivo in cui in precedenza non c'è stato alcun legame. Eppure mi sento subito di farne parte. Ecco, con i tifosi del Tottenham è stato subito amore». Qualcosa ci dice che è quello che potrebbe accadere a Roma.

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