Roma, la statistica: quando il centrocampo è come l'attacco
Dei 16 gol messi a segno, 5 sono di centrocampisti (di cui tre nuovi acquisti). La difesa guida la “classifica cannonieri” dei reparti con 6 reti. Dzeko & C. fermi a 5
Il centrocampo della Roma rispetto alla passata stagione, al momento, è migliorato. Ma come, e la crisi? Nessun negazionismo, la crisi c'è stata, probabilmente si è risolta, una verifica delle verifiche si avrà dopo la sosta. Ma intanto Di Fra guarda i numeri e può tornare a sorridere, e con lui Monchi: 5 dei 16 gol segnati dalla Roma nelle prime 8 giornate di campionato sono arrivati dai centrocampisti (contro uno solo - quello all'Hellas Verona alla quarta giornata di Nainggolan - dei 15 gol segnati nella passata stagione nelle stesse giornate). Sono quattro i giocatori in gol dalla zona centrale del campo: Pastore (due reti), Cristante, Pellegrini e Nzonzi e tre sono nuovi acquisti.
Le critiche - per carità, mica tutte incomprensibili - per tecnico e direttore sportivo, fino alla serata del 26 di settembre scorso (quando è iniziata la ripresa col 4-0 al Frosinone), si erano sprecate. La Roma aveva sbagliato il mercato, si diceva, aveva smantellato una squadra che pure aveva conquistato quasi una finale di Champions League. E lo aveva fatto proprio nel cuore di una squadra, che per antonomasia sta nel mezzo. E cioè a centrocampo. In realtà le cessioni di Nainggolan e Strootman, maturate con diverse motivazioni, avevano avuto oltre a qualcosa di simile all'avallo del tecnico una ragione anche tecnica e poi di opportunità disciplinare e finanziaria rispettivamente. E se non si può negare l'impatto nel gruppo della personalità dei due ex giallorossi, non si può ignorare che il gioco di Di Francesco necessitasse, numeri e caratteristiche alla mano, di qualcosa in più. O di diverso. E nella qualità, che talvolta può non combaciare con lo sprint agonistico, ma che è destinata prima o poi a emergere.
Di Francesco ha chiesto più qualità e più gol nel cuore del gioco. E per ora la costruzione di una squadra che si è fatta fatica a concepire nelle settimane passate sta avendo una logica. Squadra che è più o meno nella stessa condizione della stagione scorsa come numero di reti realizzate (16 della stagione in corso contro 15), alle quali sta mancando però l'apporto di un colosso come Dzeko, che tuttavia si sta riprendendo insieme alla squadra, guardando l'ultima striscia che include anche la vittoria con il Plzen in Europa. Mentre ha perso più di qualcosa a livello di gol subìti (10 di questo campionato contro i 6 dell'anno passato). Si potrebbe obiettare, allora, che il centrocampo funziona meno, anche se sono aumentate le reti del reparto, perché sono aumentate anche quelle subìte e che non per forza di cose aumentare la qualità e il numero di gol sia positivo se poi perdi nel filtro. Ma in soccorso di questi dati arriva una parola sola, per quanto fastidiosa per i tifosi della Roma: assestamento. Prevedibile e purtroppo rischioso (si è perso davvero troppo terreno). Ma evidentemente era un rischio calcolato. E quantificabile in una redistribuzione, comunque positiva, delle marcature, per una vera e propria cooperativa del gol che ha portato il reparto difensivo a guidare la classifica dei goleador, avendo realizzato ben sei gol (Florenzi, Manolas, due per Fazio e Kolarov) contro i cinque di quello offensivo (due di Dzeko ed El Shaarawy e uno di Ünder).
A Trigoria nessuno ha mai dubitato della rosa. Che non è all'altezza di quella della Juventus, ma che non è al livello di quello che ha espresso dalla seconda alla quinta giornata (passando per il Bernabeu). La strategia è stata chiara e manifesta: cambiare. Attitudine di Ramon Rodriguez Verdejo, al secolo Monchi. «Una rivoluzione era necessaria», s'è detto. Per provare in modo diverso ad arrivare allo stesso risultato, anzi possibilmente a migliorarlo. Perché in fondo la Roma in campionato ha stentato e parecchio anche nella scorsa stagione. Una crisi, seppure in un altro periodo, c'è stata anche nella squadra dell'anno scorso e si parlava già all'epoca di problemi di mentalità (anche con i giocatori che sono stati ceduti, che pure apportavano non poco dal punto di vista del carisma). Problemi di testa, personalità e determinazione del gruppo e dei singoli, ma anche di gioco, perché la squadra, e con lei anche Di Francesco in alcune occasioni, in confusione c'è andata anche da quel punto di vista. Ma è nato prima l'uovo o la gallina? Difficile rispondere se poi, come anche successo nella stagione della semifinale di Champions, la Roma ha avuto il merito di riprendersi con convinzione, la stessa che sta riscoprendo adesso, e che dovrà ritrovare dopo la sosta per dare continuità a un cammino che sembra finalmente ritrovato.
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