Nel nome di Amedeo Amadei, vero uomo derby
Inaugurato lunedì a Trigoria il campo intitolato al mitico “Fornaretto”. Nel 1947 la storica stracittadina vinta in nove grazie a una sua rete
Nella settimana in cui la Roma si gioca, di fatto, la stagione nel derby, a Trigoria è tornato simbolicamente un simbolo della storia giallorossa, uno che spesso ha fatto la differenza (anche) nelle stracittadine. Amedeo Amadei, alias "il Fornaretto" per i romanisti, a cui è stato intitolato uno dei campi di allenamento di Trigoria: lunedì c'è stata la cerimonia del taglio del nastro, dopo che i tifosi stessi avevano deciso di intitolarlo al bomber degli Anni 40 con un sondaggio tramite l'app di Socios terminato nel marzo 2020. Presenti alla cerimonia anche Thiago Pinto ed Edin Dzeko: il bosniaco ha avuto così modo di incontrare i familiari di Amadei, con i quali aveva avuto una corrispondenza pochi mesi, quando ha scavalcato il leggendario attaccante, salendo sul podio dei migliori goleador della storia giallorossa. «È un onore - ha detto Edin - aver raggiunto un campione come lui e sono molto felice di aver partecipato a un momento storico». E il General Manager Thiago Pinto ha confessato che «sono bastati quattro mesi per capire l'importante ruolo che Amedeo ha avuto nel Club». Il portoghese ha dato il benvenuto alla famiglia del "Fornaretto" a nome della Roma. Commosso il nipote, Alessandro Pergolini, accompagnato dal proniponipote di Amadei, Edoardo. «È un onore - ha commentato Pergolini, la voce rotta dall'emozione - vedere un campo intestato a mio nonno, che ha dato la vita per la Roma, e vedere Dzeko qui mi fa ancora più piacere. Ringrazio la Società a nome della mia famiglia per aver fatto qualcosa di così importante per mio nonno».
Un successo epico
Stasera la Roma dovrà affrontare la Lazio con lo stesso spirito con cui la affrontava Amadei, tifosissimo romanista e inserito di diritto dalla Curva Sud nella splendida coreografia dei «Figli di Roma, Capitani e Bandiere» realizzata nel derby dell'11 gennaio 2015. A proposito di 11 gennaio: tanti anni prima, nel 1942, la Roma di Schaffer ottenne una vittoria poi decisiva per la conquista dello Scudetto; il primo gol lo siglò proprio il giovane Amedeo; la Lazio pareggiò con Piola, ma al 91' l'autogol di Faotto regalò il successo ai giallorossi. «Per lo sfottò cittadino è stato il massimo», ha commentato anni dopo.
Ma la gara più affascinante, stando alle sue parole, fu quella disputata il 16 novembre 1947. Alla nona giornata, la Roma allenata dall'ungherese Imre Senkey disputa un incontro eroico contro i rivali storici: allo Stadio Nazionale, davanti a 34mila spettatori circa, vince 1-0. Ma c'è da raccontare il come. Passati in vantaggio grazie a un gol proprio del "Fornaretto" dopo un quarto d'ora, i giallorossi perdono lo stesso Amadei alla mezz'ora dopo un brutto calcio rimediato alla schiena. Non ci sono ancora sostituzioni e la Roma resta in dieci. Nella ripresa è costretto a lasciare il campo anche Valle: chiudiamo la gara in nove (e con Pesaola che gioca da fermo per uno strappo), ma portiamo a casa la vittoria. Il Messaggero, all'indomani, titola: «Il grande cuore della Roma». Sì, è proprio grande. Immenso.
È lo stesso cuore che, dalle 20.45, si richiede a Pellegrini e compagni: per fare un regalo ai tifosi al termine di una stagione travagliata e negativa per quanto riguarda soprattutto il campionato. Con il cuore, la tigna e il sudore, niente è impossibile: ce lo insegna proprio quella partita di oltre settan'tanni fa, vinta con due uomini in meno.
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