Boniek: "Mourinho è il top, il resto dovrà farlo la società"
Zibì: "La Roma ha perso una grandissima occasione, la volevo a Danzica. Zalewski ha talento, ma ora deve iniziare a giocare coi grandi"
«Mi devi spiegare quello che è successo nel secondo tempo a Manchester. Sognavo e volevo la Roma nella finale di Danzica, i giallorossi hanno perso una colossale occasione». Zibì Boniek non risponde al telefono, ti anticipa. Non aspetta domande, formula risposte e parte in sesta, come quando lo faceva da calciatore, il bello di notte dell'Avvocato, il più forte calciatore polacco di tutti i tempi, oggi ancora per qualche mese presidente della federcalcio polacca, oltre che membro del comitato esecutivo dell'Uefa. Ha vestito la nostra maglia per tre stagioni. E quei colori gli sono rimasti addosso come una seconda pelle.
Eri all'Olimpico giovedì sera, ma davvero pensavi che si potesse ribaltare il risultato?
«Non posso dire sì, ma da tempo ho capito che nel calcio nulla è impossibile. Lo hanno confermato anche i novanta minuti della gara di ritorno contro l'United».
Beh, insomma...
«C'è mancato niente che il Manchester andasse nel pallone. Nei primi quindici minuti i giallorossi hanno avuto due enormi occasioni per segnare. Ci fossero riusciti chissà che sarebbe successo. E poi...».
E poi?
«Nella ripresa ne potevano fare quattro in quindici minuti. La Roma è stata sfortunatissima. Ma ha pure una grande colpa».
Quale?
«I secondi quarantacinque minuti all'Old Trafford. Se ci ripenso, mi risale il nervoso. Ma come si fa a prendere cinque gol in un tempo?».
Chi ha sbagliato?
«Tutti. Pagherei per conoscere quello che si sono detti i giocatori nell'intervallo».
Cosa si dovevano dire?
«Rientriamo in campo, ci mettiamo nella nostra metà campo e ripartiamo in contropiede».
È successo più o meno il contrario.
«Appunto. Sono stati gli inglesi a farci male con le ripartenze».
Colpa di Fonseca?
«Il tecnico portoghese lo trovo bravo, preparato, intelligente, garbato, ma in quella partita doveva intervenire per cambiare il corso delle cose. Fosse successo, a Danzica, il ventisei maggio, mi sarei goduto la Roma in finale. E magari...».
Domanda obbligatoria: giovedì sera all'Olimpico ti sei incontrato con i Friedkin?
«Eravamo vicini di poltroncina. Ci siamo conosciuti e abbiamo scambiato anche quattro chiacchiere».
Ridomanda obbligatoria: anche su un tuo eventuale futuro nella Roma?
«Ma no. Abbiamo parlato di quello che stava succedendo in campo. E loro hanno battuto forte il tasto della sfortuna. Con ragione, viste le tante occasioni da gol create dai giallorossi. De Gea, per esempio, non sa neppure lui come ha parato in due-tre occasioni. La Roma meritava di più».
Ti sarai consolato con l'esordio europeo di Zalewski.
«Bravo il ragazzino, no? Ma lasciamolo in pace, deve giocare, sbagliare, migliorare, maturare».
Qualcuno dice che, quando parte in progressione con il pallone tra i piedi, ricorda Boniek.
«Non carichiamolo di responsabilità. Intanto, ora, deve capire in quale ruolo può sfruttare al meglio le sue qualità».
In che ruolo?
«A lui piace giocare come uno dei due centrali di centrocampo. Ma può essere un dieci che sfrutta il suo talento dietro le due punte».
Che consiglio gli daresti?
«Di andare a giocare. Subito. I giovani che fanno vedere di avere un po' di talento, il prima possibile devono confrontarsi con i grandi. Pazienza se sbagliano, ma se rimangono a giocare con i coetanei perdono solo tempo».
Il ragazzo è italo-polacco. Sceglierà di giocare con quale nazionale?
«Deciderà lui. Noi lo abbiamo convocato già con l'Under venti, lo stiamo seguendo con crescente interesse e finché non sarà convocato da una delle due nazionali maggiori per una partita ufficiale, potrà continuare a pensare su quale possa essere la scelta migliore. Anche se...».
Anche se?
«Conosco il papà. Ama Roma, ama l'Italia, ma è polacco nel senso più pieno della parola. E questo mi fa pensare che il ragazzo, quando dovesse arrivare il momento, credo che finirà per scegliere la maglia della Polonia».
Da un polacco all'altro: a Roma si riparla di un possibile arrivo di Milik. Possibile?
«Non so quello che farà Milik. So, però, che chi lo prenderà farà un affare perché è un grande giocatore».
Che idea ti sei fatto di questa Roma?
«Un'idea bella, solo che ogni tanto, come a Manchester, mi fa arrabbiare. C'è una buona base».
Al resto ci penserà Mourinho.
«No, ci dovrà continuare a pensare la società».
Non ti convince l'arrivo dello Special One?
«Non è questo il punto. Prendere Mourinho è stato un colpo fantastico, con lui la Roma avrà una visibilità e un interesse globali. Il portoghese arriva da un paio di esperienze non fortunate, ma sono sicuro che vorrà tornare il numero uno. Per farlo, però, avrà bisogno che la Roma faccia anche il resto».
Intendi investimenti sul mercato?
«Non mi permetto di dare consigli. Certo è che comunque qualche giocatore nuovo dovrà arrivare. E poi si dovrà risolvere il problema degli infortuni, da qualche anno a Trigoria l'infermeria è sempre piena».
Chi ti piace della Roma attuale?
«Lorenzo Pellegrini. E non capisco chi lo critica. È un giocatore di talento, sistemato tra le linee è uno che può fare la differenza. Mi piace il calcio che pensa, è un calcio da protagonista. Mi convince, poi, lo spirito con cui gioca Mancini. Anche se tutti i difensori della Roma devono lavorare per migliorare i movimenti difensivi».
Che hai pensato quando è uscita la notizia della Superlega?
«Che erano dei pazzi. Anche perché la Superlega già c'è».
Ovvero?
«È la Champions che dal 2024 avrà anche quattro squadre in più».
Credi che gli ideatori della Superlega torneranno alla carica?
«Spero di no. Quello che hanno fatto è stato un errore colossale. Volevano dividersi in dodici-quindici i soldi, non rispettando la meritocrazia e la possibilità del sogno anche per il club più piccolo. E poi lo hanno fatto con arroganza. Se dicevano parliamone, magari tra qualche anno si poteva arrivare a un accordo che potesse soddisfare tutti. I tifosi gli hanno fatto capire che, perlomeno, stavano facendo una brutta figura».
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